Le barriere coralline sono uno degli ambienti più biodiversi del pianeta, uno degli habitat più incredibilmente variegati di forme e colori, nonché, ai nostri occhi, uno dei luoghi più belli e maestosi che abbiamo la fortuna di osservare.

Con un’età stimata intorno ai 500 milioni di anni, sono luoghi antichissimi che hanno subito nel corso del tempo periodi di proliferazione associati a periodi di estinzione, e che oggi mantengono, tuttavia, caratteristiche ancestrali, come rilevato da numerosi fossili scoperti nel corso degli ultimi decenni di studio. I reef oggi presenti in diverse parti del globo si sono formati in conseguenza a cambiamenti del livello marino associati a periodi glaciali e interglaciali e, a seconda del luogo in cui si trovano, presentano caratteristiche differenti gli uni dagli altri. L’innalzamento dei mari e degli oceani ebbe dirette conseguenze sullo sviluppo dei coralli, che passarono da una crescita quasi verticale, indispensabile per contrastare l’aumento dell’altezza dell’acqua, a una più orizzontale, che favorì l’espansione delle barriere. Nella Grande Barriera Corallina Australiana le stime variano da poco più di un metro sino a 14 ogni 1000 anni, mentre ai Caraibi, nello stesso intervallo di tempo, lo sviluppo stimato è compreso tra 0,3 e 12 metri.

Attualmente, i reef corallini sono presenti in una zona del mondo limitata alle aree tropicali comprese tra i due tropici e l’equatore, dove la temperatura media dell’acqua non scende sotto i 20 °C, a profondità comprese tra gli 0 e i 30 metri e a latitudini che non oltrepassano i 30°N e 30°S. La salinità, inoltre, deve aggirarsi intorno al 35‰, la torbidità deve essere quasi nulla e l’idrodinamismo scarso. È chiaro dunque come le condizioni ambientali siano estremamente precise affinché una barriera corallina prosperi e si mantenga stabile nel corso del tempo.

Esistono tre tipologie di reef: quelli a frangenti, tipici del Mar Rosso, Golfo Persico, Africa orientale e Caraibi, i quali appaiono come una cintura di coralli paralleli alla costa, con un reef interno, piatto, che può emergere a tratti, e un reef esterno diretto verso il largo. Le condizioni ambientali risultano essere più favorevoli per la crescita dei coralli nel lato rivolto verso il mare aperto, mentre all’interno, la scarsa profondità provoca aumenti di temperatura e salinità, oltre a ostacolare il flusso di correnti in grado di asportare il sedimento dannoso per i coralli. La seconda tipologia di reef è quella delle barriere di piattaforma, le quali decorrono anch’esse parallele alla costa ma il cui sviluppo è nettamente superiore a quello delle barriere di frangenti. Classico esempio è dato dalla Grande Barriera Corallina Australiana, ma si possono trovare barriere di questo tipo anche in Papua Nuova Guinea, Nuova Caledonia, isole Fiji, al largo delle coste del Belize e Bahamas. Le barriere di piattaforma originano dal margine della piattaforma continentale e proliferano in ogni direzione assumendo l’aspetto di piattaforme sia estese e allungate sia ovali, con andamento piuttosto parallelo le une rispetto alle altre. Possono venire a crearsi inoltre lagune e canali più o meno estesi, generalmente tra la terraferma e un’isola, che raggiungono decine di metri di profondità e centinaia di metri di larghezza.

Infine, esistono gli atolli, formazioni coralline che delimitano una laguna circolare centrale. La loro definizione risale al naturalista Charles Darwin e ancora oggi la sua teoria pare essere quella maggiormente accettata. Secondo lo scienziato, all’origine di un atollo vi è stata una serie di barriere di frangenti, sorte su bassi fondali rocciosi circostanti un’isola vulcanica emersa. Il successivo abbassamento del livello dei mari, in seguito a fenomeni di subsidenza, avrebbe permesso ai coralli di irrobustirsi e aumentare in spessore sino alla completa sommersione dell’isola circondante una laguna. Accanto alla teoria di Darwin, va citata quella di Penck e Daly, della fine del ventesimo secolo, secondo i quali la causa principale della formazione dei coralli non sarebbe da attribuire tanto allo sprofondamento delle isole quanto alle variazioni del livello dei mari. Gli atolli sono presenti per lo più nell’Indopacifico ma qualche raro esempio è sito anche in Mar Rosso e ai Caraibi.

Pur non rappresentando i principali organismi dei reef, i pesci di barriera sono numerosi ed estremamente diversificati. Se ne trovano di tutte le forme e i colori, di onnivori, carnivori ed erbivori, di piccole e di grosse dimensioni. Tra le principali famiglie che si possono incontrare sulle barriere, semplicemente osservando il reef facendo snorkeling, vi sono: Chetodontidi (pesci farfalla), Pomacanthidi (pesci angelo), Acanthuridi (pesci chirurgo), Pomacentridi (pesci pagliaccio), Lutianidi, Serranidi (cernie), Scaridi (donzelle e pesci pappagallo), Balistidi (pesci balestra), Gobidi e Blennidi, Diodontidi (pesci istrice) e Tetraodontidi (pesci palla). Tra i pesci pelagici che comunque sono osservabili nei pressi della barriera vi sono i Carangidi, gli Sphyrenidi (barracuda) e gli Scombridi. Impossibile citarli tutti, essendo migliaia le specie, importante è ricordarne l’incredibile biodiversità.

Immergendosi in una barriera del Mar Rosso, sarà possibile incontrare alcune tra le specie più comuni: tra i pesci farfalla, il Chaetodon lineolatus, dal colore bianco striato di nero, le pinne caudale, dorsale e anale gialle, il muso allungato bianco con l’occhio attraversato da una striscia nera; l’Heniochus diphreutes, talvolta confondibile con l’idolo moresco per l’allungamento della pinna dorsale, con due bande nere che gli attraversano i fianchi e il resto del corpo bianco, la pinna caudale e la seconda dorsale gialle. E ancora il Chaetodon paucifasciatus e il Chaetodon austriacus (diffusi unicamente nel Mar Rosso e nel golfo di Aden, e nell’Africa orientale) e il Chaetodon larvatus, anch’esso del Mar Rosso che pare attualmente aver attraversato il Canale di Suez e aver migrato nel Mar Mediterraneo come specie lessepsiana (citazione di Salameh et al. 2011).

Molto diffusi i pesci pappagallo quali lo Scarus sordidus, il Cetoscarus bicolor e lo Scarus ferrugineus; tra i pesci angelo, il Pomacanthus imperator, il cui adulto differisce totalmente dal giovane, tanto da scambiarli per specie differenti dai non esperti. Notevoli per la loro forma e il loro aspetto i pesci leone, Pterois volitans, spesso presenti in gruppi numerosi, così come l’azzannatore striato Lutjanus kasmira e il Lutjanus ehrenbergii, che si muovono in banchi, insieme ai pesci sergente Abudefduf sexfasciatus e Abudefduf saxatilis, e ai pesci soldato Myripristis murdjan, dal colore rosso vivo e gli occhi particolarmente grandi. Assai presenti le murene come la Gymnothorax javanicus, che può superare i due metri di lunghezza, o la più piccola Siderea grisea.

Nei pressi dei reef è possibile imbattersi in gruppi di squali grigi di scogliera, Carcharhinus amblyrhynchos, nonché banchi di carangidi che sorvegliano gli spostamenti dei pesci più piccoli. Anche lo squalo pinna bianca, Triaenodon obesus, può essere un incontro emozionante, così come quello con il pesce coccodrillo Papilloculiceps longiceps dall’aspetto del tutto simile al rettile che gli dà il nome.

Essi rappresentano solo pochi esempi di pesci del reef ma l’elenco proseguirebbe all’infinito. Questo ci dovrebbe far riflettere sull’importanza delle barriere coralline, dalla ricchezza insuperabile e dalla biodiversità preziosa, mondi unici e incredibili che devono essere conservati e mantenuti affinché le generazioni future possano goderne e l’equilibrio naturale possa essere mantenuto.