Il problema dei cambiamenti climatici è uno dei più attuali ma anche uno dei più controversi. Varie ricerche continuano a portare conclusioni basate su dati che a volte sono stati raccolti nel corso di molti anni, un fattore fondamentale per capire quali siano le tendenze reali. Recenti ricerche sull'Antartide pubblicate sulla rivista Nature evidenziano una situazione difficile. Una speranza potrebbe arrivare dall'apprendimento automatico.

Il primo articolo pubblicato sulla rivista Nature descrive l'analisi di dati raccolti nel corso di decenni da vari satelliti che mostrano i cambiamenti in atto nei ghiacci dell'Antartide. La crosta del ghiaccio si sta assottigliando e sta crescendo il contributo dell'acqua liquida proveniente da quelle aree all'innalzamento dei livelli dei mari.

I satelliti stanno fornendo dati sempre più precisi perché ogni nuova generazione è dotata di strumenti più sofisticati per fornire informazioni più ampie. Nel 2014, l'ESA ha cominciato a lanciare i satelliti della serie Sentinel, che hanno lo scopo di monitorare lo stato del pianeta in vari modi. La NASA sta lanciando vari satelliti con diversi scopo di monitoraggio tra cui il recente Gravity Recovery and Climate Experiment Follow-On (GRACE-FO). Anche l'Antartide continuerà a essere tenuta d'occhio.

Il secondo articolo pubblicato sulla rivista Nature descrive l'influenza delle onde dell'oceano portate da tempeste sull'erosione dei ghiacci antartici. Anche in questo caso sono state usate immagini satellitare ma sono state combinate con dati relativi alle onde oceaniche e a modelli informatici per analizzare vari episodi di disintegrazione di ghiacci tra il 1995 e il 2009.

È importante capire quanta parte della calotta polare antartica stia andando a contribuire all'innalzamento dei livelli dei mari. L'analisi dei dati relativi alla disintegrazione di grosse quantità di ghiacci mostra che gli eventi più importanti sono avvenuti quando il ghiaccio che copriva la superficie del mare era ridotto in modo significativo o addirittura assente e quando le onde dell'oceano erano larghe.

Il terzo articolo pubblicato sulla rivista Nature ricostruisce l'evoluzione delle masse di ghiacci dell'Antartide occidentale dopo la fine dell'ultima Era Glaciale. 10.000 anni fa la ritirata dei ghiacci venne fermata dopo che la crosta terrestre si sollevò, facendo avanzare nuovamente i ghiacci verso l'oceano. Quel meccanismo però è lento, troppo lento per poter prevenire l'innalzamento del livello dei mari in una situazione come quella odierna, con cambiamenti climatici più rapidi rispetto alla fine dell'ultima Era Glaciale.

I ricercatori hanno compiuto simulazioni al computer confrontandole con dati raccolti da vari strumenti radar e studi su sedimenti recuperati grazie a perforazioni del ghiaccio che hanno permesso di raggiungere le rocce che li contenevano. I dati relativi alla fine dell'Era Glaciale e quelli raccolti sulla situazione attuale mostrano che il meccanismo naturale di ripristino dei ghiacci sarà ampiamente insufficiente per impedire che l'innalzamento dei livelli dei mari colpisca le città sulle coste.

Queste sono solo tre ricerche pubblicate recentemente su Nature che mostrano la complessità dei processi in atto su un singolo continente. Gli strumenti per tenere l'Antartide sotto controllo sono migliorati col tempo ma rimane un luogo molto più facile da controllare via satellite che con spedizioni sul posto, soprattutto a lungo termine. Queste e tutte le altre ricerche che riguardano i cambiamenti climatici e le loro conseguenze ecologiche ma anche sugli esseri umani sono fondamentali per cercare di capire cosa succederà nel futuro. Si tratta di un altro problema e le soluzioni possono arrivare anche dai progressi tecnologici.

Un articolo pubblicato sulla rivista Geophysical Research Letters offre una speranza almeno di prevedere almeno alcuni cambiamenti climatici grazie alla tecnologia informatica conosciuta come apprendimento automatico. La possibilità di usare supercomputer per analizzare in breve tempo enormi quantità di dati e di addestrare un sistema a riconoscere certi schemi per offrire previsioni potrebbe permettere di predire certi movimenti di banchi di nubi e di conseguenza anche cambiamenti relativi all'umidità.

Questo tipo di applicazione dell'apprendimento automatico chiamato Cloud Brain (CBRAIN) potrebbe offrire nuove possibilità di costruire modelli costantemente aggiornati in grado di prevedere l'evoluzione del clima a livello locale o globale. I risultati preliminari indicano che CBRAIN è 10 volte più veloce di altri software usati finora in questo campo. Ci sono ancora molti margini di sviluppo ma è il tipo di soluzione che serve per offrire previsioni precise che permettano di valutare meglio possibili contromisure.