Da cosa dipende la salute?

Ognuno di noi desidera vivere bene e a lungo e a questo obiettivo, di cui la salute è uno dei principali requisiti, dedichiamo buona parte della vita. Senza salute, infatti, non si può vivere né bene, né a lungo e quando siamo malati le cose terrene (il denaro, il potere, la fama) perdono di valore. Non sorprende quindi che per preservare la salute e sconfiggere la sofferenza si dedichino così tante energie. Ma siamo sicuri che siano ben spese e che le scelte vadano sempre nella giusta direzione?

In genere, la gente, è portata a pensare che di salute e malattia se ne devono occupare i medici o più in generale i professionisti della salute. Sono loro, infatti, che conoscono il funzionamento del corpo, sanno leggere i test diagnostici, capire quando tutto procede bene e cosa bisogna fare quando siamo malati. Alla medicina e ai suoi professionisti abbiamo conferito l’autorità di stabilire il confine tra salute e malattia e abbiamo dato loro la delega per curare il nostro corpo e la nostra mente, come se tutti i disturbi e tutte le malattie avessero una causa biologica e fossero trattabili per mezzo di farmaci e di procedure mediche e chirurgiche.

Certamente la medicina ha conseguito straordinari successi e le cure ci aiutano a mantenerci in buona salute tanto che l’accesso a servizi sanitari di buona qualità è unanimemente riconosciuto come uno tra i più importanti diritti della persona. I servizi sanitari, tuttavia, spiegano meno di un terzo delle variazioni dello stato di salute delle persone. Il restante 75% è associato a fattori genetici, stili di vita e soprattutto a circostanze di tipo ambientale e sociale 1 (fig. 1).

Per migliorare la salute, quindi, bisogna affrontare i grandi cambiamenti climatici, rispettare l’ambiente e la biodiversità, rivedere il modo di costruire le case e le città, i modelli di produzione agricola e il modo di alimentarci. Occorre ripensare i modelli attraverso i quali sono disegnate e gestite le organizzazioni e i servizi sanitari, limitare il consumismo sanitario, contenere gli sprechi e favorire la fiducia in se stessi. È davvero singolare che coloro ai quali è stato affidato il compito di tutelare la nostra salute prestino così poca attenzione a questi fattori.

Perché sottoporsi a uno screening?

L’eccessiva fiducia riposta nella medicina ha trasmesso nell’opinione pubblica l’idea che per salvaguardare la salute sia sufficiente eseguire qualche esame con finalità preventive. Si dice, infatti, che prevenire è meglio che curare e che per tutelare la nostra salute è bene sottoporsi a visite ed esami periodici in modo da individuare precocemente eventuali malattie di cui non abbiamo sentore, per curarle prima che sia troppo tardi. È esperienza comune, infatti, osservare che quando le malattie sono curate in fase iniziale richiedono trattamenti meno invasivi e guariscono più facilmente. Del resto basta guardarsi intorno per convincersi. Chi non ha un parente o un amico persuaso di essere stato miracolosamente salvato da un cancro che l’avrebbe portato dritto, dritto al cimitero se il tumore, grazie allo screening, non fosse stato scoperto per tempo? E chi mai potrebbe dargli torto considerato che egli stesso è la prova vivente di ciò che afferma?

Nessuno potrà mai dimostrare il contrario ma le opinioni, per quanto rispettabili, devono essere validate dalle prove. Se ci limitassimo a interpretare i fatti in base all’osservazione diretta, continueremmo a sostenere che la terra è piatta e che il sole le gira intorno, perché questo è quello che osserviamo al risveglio ogni mattina ed è quello che milioni di persone hanno pensato per millenni. Che cosa si potrebbe celare dunque dietro agli screening? Quali benefici e quali rischi si associano a questa pratica tanto semplice e unanimemente apprezzata?

Trappole cognitive

L’unico modo attendibile per dimostrare l’efficacia di uno screening, cioè la sua capacità di migliorare la prognosi di una malattia e di prolungare la sopravvivenza, è quello di realizzare adeguati studi di tipo sperimentale o osservazionale, come, del resto facciamo (o si dovrebbe fare) per ogni altro intervento sanitario. In pratica, detto in poche parole, bisogna seguire per un certo periodo di tempo due gruppi di persone che hanno le medesime caratteristiche, per verificare se, a parità di altre condizioni, i soggetti che si sottopongono allo screening stanno meglio e vivono più a lungo degli altri.

Le nostre osservazioni ci portano invece a sopravvalutare l’efficacia dello screening per almeno due ragioni. Innanzitutto perché lo screening tende a individuare più facilmente i casi di malattia che durano più a lungo e che in genere hanno una prognosi migliore di quelli più aggressivi e a crescita veloce, che proprio per questo motivo tendono a sfuggire allo screening e a manifestarsi spontaneamente (fig. 2). In secondo luogo perché la sopravvivenza misurata dalla data della diagnosi, indipendentemente dall’efficacia dello screening, è comunque più lunga rispetto ai casi che vengono diagnosticati quando si manifestano i primi sintomi (fig. 3).

Oltre a queste due trappole cognitive, l’istintiva inclinazione verso gli screening è motivata dall’idea che tutte le malattie (specie quelle più temibili), senza interventi terapeutici siano destinate a evolvere da una fase iniziale, caratterizzata da minime alterazioni biologiche, fino a uno stadio conclamato di malessere, contraddistinto da un corteo di sintomi più o meno gravi e specifici.

In realtà, i fenomeni biologici sono meno lineari e prevedibili di quanto immaginiamo. Come si può vedere nella figura 4, lo stesso tipo di malattia, infatti, può assumere caratteristiche del tutto diverse. In alcuni casi può insorgere improvvisamente e crescere in modo tumultuoso e incontrollabile (A). In altri può avere un’evoluzione più graduale e suscettibile di trattamento (B). In altri casi ancora può crescere lentamente senza mai raggiungere la fase sintomatica (C). Alcune malattie (D), infine, possono regredire e guarire in modo spontaneo grazie alle difese naturali messe in atto dall’organismo (vis sanatrix naturae).

Purtroppo le attuali conoscenze non sono in grado di prevedere l’evoluzione di ogni singolo caso e quindi, indipendentemente dallo stadio di sviluppo in cui le alterazioni sono rilevate, siamo costretti a trattarle come se tutte fossero destinate a progredire. D’altra parte sarebbe incomprensibile, di fronte a una formale diagnosi di cancro, decidere di non sottoporsi alle cure del caso.

La sovradiagnosi

Da queste brevi osservazioni è facile rendersi conto che quanto più la patologia è scoperta precocemente, tanto maggiore sarà il numero di pazienti da curare, dato che dovranno essere trattate anche tutte le alterazioni che senza lo screening non si sarebbero mai manifestate.

Negli ultimi anni, questo fenomeno, che prende il nome di sovradiagnosi, è stato molto studiato 2 e sono state messe in evidenza le gravi conseguenze fisiche (dolore, disabilità, effetti collaterali dei farmaci e delle radiazioni), psicologiche (stati ansiosi, disturbi emotivi), sociali (compromissione delle relazioni familiari e sociali) ed economiche (costi diretti e indiretti associati alle cure) che provoca sulle persone sane 3. Nella Corea del Sud, per esempio, dopo l’introduzione dello screening, i tumori della tiroide sono aumentati di oltre il 600%, tanto che oggi la Corea ha la più alta incidenza di tumori della tiroide del mondo, senza ottenere alcun miglioramento della mortalità 4 (fig. 5). Lo stesso fenomeno è stato registrato in uno dei più grandi studi condotti sullo screening dei tumori della prostata, dove la proporzione di uomini con diagnosi di cancro è risultata significativamente più elevata nel gruppo sottoposto allo screening (4,3%), rispetto a quello di controllo (3,6%), senza registrare alcuna differenza di mortalità 5.

In entrambi i casi, dunque, lo screening si comporta come un vero e proprio induttore di tumori e di questo fatto i medici dovrebbero essere consapevoli e i cittadini correttamente informati. Esempi simili sono molto diffusi in ogni ambito della medicina: i check-up (test di laboratorio e di imaging eseguiti su persone sane), per esempio, non offrono alcun vantaggio per la salute, ma espongono inutilmente le persone ai danni associati alla sovradiagnosi 6.

Il mercato e i media

Nonostante molti studi scientifici abbiano ben evidenziato i pericoli associati alla sovradiagnosi, il mercato non pare avvedersene. Basta dare un’occhiata a Google per rendersi conto del business straordinario che si alimenta con questo tipo di prestazioni. Check-up, screening e percorsi di prevenzione personalizzati, composti da analisi di laboratorio di ogni tipo, esami strumentali e visite specialistiche, sono proposti con inviti allettanti, promesse irrealistiche e sconti speciali ad un pubblico di consumatori in costante ascesa. Perfino un intervento devastante come lo screening ecografico della tiroide è impunemente pubblicizzato come intervento salva-vita senza che al riguardo si sollevi una sola voce indignata.

Che dire allora dei risoluti appelli al primato della scienza che ci giungono in modo così perentorio, quando storture di tale dimensioni passano sotto silenzio? Perché, un mercato così aggressivo e ingannevole non suscita alcuna reazione di sdegno e non si fa nulla per arginare un fenomeno che alimenta gli sprechi e produce effetti così deleteri per la salute? Perché il mercato, nell’assoluta indifferenza dei medici, dei politici, dei media, continua indisturbato a vendere i suoi miracolosi prodotti approfittando della credulità di persone, vittime ignare di una truffa indecente?

Il dilemma del medico

In un contesto culturale che esalta la tecnologia e promuove i consumi, di fronte al dilemma se prescrivere o non prescrivere un certo esame il medico è portato a scegliere la prima opzione (fig. 6). In questo caso infatti, il paziente è sempre soddisfatto: nel caso il test sia negativo perché è contento di star bene e nel caso sia positivo perché non avendo alcuna consapevolezza dei problemi associati alla sovradiagnosi, accetterà volentieri anche le sofferenze dovute al trattamento. Allorché viceversa il medico non prescrive lo screening: se il paziente sta bene non ringrazierà certo il medico per avergli risparmiato gli eventuali effetti dannosi della sovradiagnosi di cui egli non ha il minimo sentore, ma se il paziente dovesse ammalarsi (e qualcuno certamente si ammalerà) potrebbe accusare il medico di negligenza per non avergli prescritto il test in tempo utile.

Insomma, la questione è molto delicata, anche perché le istituzioni, i media e la propaganda infondono nella gente la paura di trascurare qualcosa d’importante per la salute e la illudono che fare di più sia sempre meglio e che la tecnologia potrà risolvere qualsiasi problema.

Conclusioni

La salute non è una questione che riguarda solo la medicina, per preservare la salute bisogna occuparsi della vita in tutte le sue componenti: fisiche, mentali, spirituali, sociali, ambientali. Nell’ambito della medicina predittiva le cose da fare sono davvero poche, ma per evitare di suddividere le persone in favorevoli e contrarie (come è successo per le vaccinazioni), mi astengo dal proporre un elenco delle cose da fare o non fare, anche perché le conoscenze sono destinate a cambiare nel corso del tempo. A questo fine ci sono ottime fonti di aggiornamento, come per esempio l’US Preventive Services Task Force.

Comunque, anche nei pochi casi dove sia stata dimostrata l’efficacia, non esiste la decisione giusta in assoluto, ma solo l’opzione adeguata alle caratteristiche del singolo individuo. In questo senso i medici possono agire su due distinti livelli:
• sul piano culturale: per promuove il dibattito scientifico e informare gli amministratori e il pubblico sulle opportunità, le criticità, i pericoli e gli abusi associati al mito della diagnosi precoce che pervade la cultura sanitaria e illude le persone di poter tutelare la salute tramite gli screening.
• sul piano individuale: per assistere i pazienti nelle scelte che riguardano la salute, fornendo loro le migliori informazioni disponibili, aiutandoli a soppesare i benefici e i rischi associati agli screening e a resistere alle lusinghe di un mercato.

Bibliografia
1 Donkin A et al: Global action on the social determinants of health. BMJ Glob Health 2017;3:e000603. doi:10.1136/ bmjgh-2017-000603.
2 Welch G, Schwartz L, Woloshin S: Sovradiagnosi. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2013.
3 Korenstein D, Chimonas S: Development of a Conceptual Map of Negative Consequences for Patients of Overuse of Medical Tests and Treatments. JAMA Intern Med. 2018;178(10):1401-1407.
4 Park s et al: Association between screening and the thyroid cancer “epidemic” in South Korea: evidence from a nationwide study. BMJ 2016;355:i5745.
5 Martin RM, Donovan JL, Turner EL, et al; CAP Trial Group. Effect of a low-intensity PSA-based screening intervention on prostate cancer mortality: the CAP randomized clinical trial [published March 6, 2017]. JAMA. doi:10.1001/jama.2018.0154
6 Krogsbøll L T et al: General health checks in adults for reducing morbidity and mortality from disease: Cochrane systematic review and meta-analysis. BMJ 2012; 345: e7191.