Troppi, e spesso mal diagnosticati, i casi di bambini con ADHD, ovvero Disturbo da Deficit di Attenzione. È quanto sostiene un recente studio pubblicato dal Journal of Child Psychology and Psychiatry, che prende in esame diciassette dossier e coinvolge oltre quattordici milioni di bambini tra Stati Uniti, Spagna, Canada, Finlandia, Germania, Paesi Bassi, Islanda, Israele, Norvegia, Svezia, Taiwan e Australia.

Secondo i ricercatori sarebbero numerosi i bambini in età scolare che, essendo più giovani di alcuni mesi rispetto ai compagni di classe e non avendo ancora raggiunto la stessa maturità comportamentale, vengono erroneamente “etichettati” dagli insegnanti come iperattivi in maniera patologica. Come riportato nello studio, non ci sono marcatori biologici o test fisici per confermare un caso di ADHD, la diagnosi si basa soprattutto sui report degli insegnanti che talvolta, rilevando irrequietezza, eccessiva esuberanza o turbamento emotivo, scambiano un comportamento “inadeguato” con un disturbo neuro-psichico permanente.

È importante precisare che l’ADHD è un disturbo evolutivo dell’autocontrollo caratterizzato da difficoltà di attenzione e concentrazione, di controllo degli impulsi e del livello di attività. È un problema sostanzialmente legato all’incapacità del bambino di regolare il proprio comportamento in funzione del trascorrere del tempo, degli obiettivi da raggiungere e delle richieste dell’ambiente. Non si tratta di una normale fase della crescita né del risultato dell’inefficienza educativa dei genitori.

Se dunque può succedere che un comportamento troppo agitato possa non essere riconosciuto come un reale disturbo psichico, può valere anche il contrario: secondo i ricercatori indubbiamente molti bambini presentano problematiche e hanno bisogno di aiuto, ma spesso le cause potrebbero essere ricondotte a traumi, ansie, discordie familiari, scorretto regime alimentare, sonno insufficiente, bullismo scolastico o eventuali abusi. Lo studio evidenzia inoltre come siano dannose e irreversibili le conseguenze di un’erronea diagnosi della sindrome di iperattività in quanto i casi ritenuti tali vengono poi sottoposti a trattamenti farmacologici potenzialmente dannosi, oltre che inutili e, nel contempo, i problemi effettivi non vengono identificati restando così irrisolti.

La ricerca è stata condotta da ricercatori della Curtin University e dell'Università di Adelaide, entrambi in Australia, in collaborazione con ricercatori internazionali tra cui la dott.ssa Joanna Moncrieff dell’University College London, il professor Sami Timimi del Lincolnshire Partnership NHS Foundation Trust, il dott. Jonathan Leo della Lincoln Memorial University negli Stati Uniti e Patrick Landman MD dalla Francia. L'autore principale, il dott. Martin Whitely, ricercatore presso la Curtin University, afferma: "La nostra ricerca mostra che l'effetto dell'ADHD tardivo si manifesta in entrambi i paesi con un'alta prescrizione, come gli Stati Uniti, il Canada e l'Islanda, e nei paesi in cui l'ADHD è molto meno comune, come la Finlandia e la Svezia". Secondo il professor Jon Jureidini dell'Università di Adelaide i risultati dimostrerebbero l'importanza di insegnanti, medici e genitori di offrire ai bambini più piccoli il tempo giusto per poter maturare.

Per quanto riguarda l’Italia, gli ultimi dati disponibili dell’Istisan sono aggiornati ad aprile 2016 e contano 3.696 pazienti, di cui 3.271 maschi (88,5%) e 425 femmine (11,5%). L’età media della popolazione è di 10,7 anni, l’età mediana è di 10 anni (range 8/13 anni). Tutti i bambini con sospetto ADHD vengono inviati a un centro di riferimento accreditato dalle autorità sanitarie regionali in base ai criteri forniti dall’Istituto Superiore di Sanità con la finalità di garantire una presa in carico globale del soggetto affetto da ADHD. La diagnosi si basa sui criteri del “Manuale di diagnostica e statistica dei disordini mentali”.

I bambini e gli adolescenti ai quali viene diagnosticato il disturbo vengono elencati in un registro e, se ritenuti idonei alla somministrazione della terapia farmacologica, vengono arruolati. Ovviamente, durante l’iter, si tiene conto delle informazioni sulla storia del paziente, sulla storia familiare e viene fatta un’approfondita valutazione di tipo diagnostico. L’intervento prevede l’integrazione di diverse figure professionali e strutture assistenziali: pediatri di libera scelta, neuropsichiatri dell’infanzia, insegnanti, psicologi. Le strutture coinvolte sono: la scuola, i servizi territoriali di neuropsichiatria infantile, i centri di riferimento per l’ADHD, strutture specialistiche di secondo livello accreditate a predisporre piani terapeutici multimodali che hanno come priorità l’intervento sul nucleo familiare.