Gli strumenti principali della medicina digitale, oltre alla tecnologia delle cartelle elettroniche, dei servizi online (consultazione di referti diagnostici o specialistici) e degli strumenti utilizzati per l’interazione con i pazienti (e-mail, sms, whatsapp, social network) sono i wearable device o dispositivi indossabili (DI), costituiti da uno o più biosensori, inseriti su capi di abbigliamento quali orologi (smartwatch), magliette, scarpe, pantaloni, cinture, fasce (smart-clothing), occhiali (smartglasses), che possono rilevare e misurare diversi parametri biologici (frequenza cardiaca, respiratoria, saturazione di ossigeno, temperatura corporea, pressione arteriosa, glucosio, sudore, respiro, onde cerebrali) e fornire informazioni sullo stile di vita (attività fisica, sonno, alimentazione, calorie consumate).

La tecnologia indossabile consente di effettuare test diagnostici e di monitorare le funzioni corporee individuali nel contesto di cura, anche in remoto (Point-of-Care Testing), risultando una potenziale grande risorsa, soprattutto per i paesi a reddito medio-basso, tenendo presente che nel 2020 l’80% della popolazione adulta avrà uno smartphone e la connettività a banda larga. Tali possibilità sono peraltro in fase ancora molto precoce, anche se biosensori sempre più innovativi sono in corso di sviluppo e regolamentazione per l’utilizzo clinico.

I DI sono una categoria ad alto potenziale di crescita, il cui mercato è in continua espansione. Negli Stati Uniti solo il 2-4% delle persone ne possiede uno, ma si stima che nell’anno in corso vengano acquistate 115 milioni di unità con un ricavato complessivo di 50 miliardi di dollari 1. In Italia, secondo un’indagine di mercato della IDC (International Data Corporation), entro quest’anno verranno consegnati quasi 3 milioni di dispositivi, con una crescita media annua nel periodo 2013-2018 pari al 67% e un ricavo che supererà i 450 milioni di euro 2. La crescita di questi dispositivi è alimentata da vari fattori, ad esempio i costi sempre più contenuti e i miglioramenti della tecnologia, che hanno permesso di miniaturizzare le componenti elettroniche, rendendo i dispositivi leggeri e di dimensioni ridotte tanto da poter essere indossati o integrati nell’abbigliamento, diventando, in certi casi, veri e propri status symbol.

Gli ambiti di applicazione

Il monitoraggio continuo di parametri biomedici sarebbe in grado, secondo le intenzioni di chi li propone, di educare i pazienti, e in generale i cittadini, ad assumere comportamenti salutari e modificare il proprio stile di vita, in un’ottica non solo di promozione e prevenzione della salute, ma anche, per quanto riguarda i malati, di attività diagnostica, di gestione dei trattamenti e riabilitazione.

La “sensorizzazione” (sensing) fa ormai parte della vita quotidiana di molte persone, soprattutto peraltro di quelle che in realtà ne hanno meno bisogno: giovani, mediamente benestanti, tecnologicamente competenti e già fortemente orientati ad utilizzare la tecnologia. Gli obiettivi degli utilizzatori “sani” sono diversi: dalla semplice registrazione dei dati da parte di soggetti che già adottano uno stile di vita salutare e vogliono semplicemente quantificare i loro progressi (numero di passi giornalieri, velocità di marcia massima, media e istantanea, tempo settimanale dedicato ad attività fisica moderata, fitness cardiorespiratorio), a chi si prefigge invece di utilizzarli per migliorare la propria salute, il benessere psicologico ed emozionale, la propria socialità e capacità relazionale, la produttività e le performance professionali. Esemplare lo sviluppo di una rete globale di appassionati, nell’ambito di un ampio movimento culturale chiamato quantified self, il cui slogan è “la conoscenza di sé attraverso i numeri”.

Applicazioni pratiche dell’utilizzo delle nuove tecnologie esistono anche in ambito più strettamente clinico, ad esempio nella gestione di malattie cardiovascolari, dall’ipertensione allo scompenso cardiaco alla cardiopatia ischemica. Sensori indossabili, non posti sui classici bracciali, basati sulla fotopletismografia e sulla tecnologia radar, possono ad esempio misurare continuativamente e in maniera non invasiva la pressione arteriosa (PA), valutandone le variazioni in funzione delle attività del paziente, giorno per giorno, minuto per minuto, oltre alle classiche traiettorie circadiane notte-giorno. I dati pressori possono essere aggregati e visualizzati su smartphone, in maniera istantanea, per ottenere un feed-back diretto per l’utilizzatore. Nel prossimo futuro, è previsto l’utilizzo di assistenti vocali che, attraverso l’apprendimento automatico del machine learning, analizzano i trend del singolo individuo, insieme ad altre covariate come sonno, attività fisica, peso, alimentazione, comorbilità, terapie in atto, e attivano approcci terapeutici graduati, personalizzati, rivolti al paziente o al curante. Esistono però ancora molte incertezze, relative ad esempio all’accuratezza dei dati ottenibili, ai criteri di trattamento e all’effettivo valore in termini di miglioramento dei risultati clinici rispetto alla terapia tradizionale.

Documenti di consenso hanno evidenziato il potenziale dei DI nel riconoscimento e nel monitoraggio della più comune aritmia, la fibrillazione atriale (FA) 3, anche se l’accuratezza del segnale, buona nel rilevamento dell’aritmia, non è sempre adeguata nel monitoraggio della frequenza cardiaca (FC). Risultati promettenti sono stati ottenuti soprattutto mediante l’utilizzo di sensori dotati sia di tecnologia fotopletismografica sia ECG. Diversi lavori hanno valutato le tecnologie emergenti per il monitoraggio a lungo termine dell’EEG in pazienti epilettici, in vari contesti, con risultati incoraggianti, soprattutto per un possibile utilizzo in ambito domiciliare 4.

La rilevazione EEG è stata utilizzata anche per quantificare, attraverso specifici algoritmi, la sensazione di dolore, ottenendo informazioni utili, ad esempio, per oggettivare la durata di azione degli analgesici. Sono in corso studi per paragonare tali informazioni con quelle delle comuni scale soggettive 5. I DI possono consentire diagnosi predittive, evidenziando sintomi precoci, ad esempio nel morbo di Parkinson 6,7, anche per mezzo di strumenti di analisi vocale. Tuttavia, al momento, non sono evidenziati con esattezza i benefici clinici. Nel Parkinson sono stati studiati anche disturbi motori in fase avanzata, come le alterazioni della deambulazione, il freezing, i disturbi dell’equilibrio, soprattutto in situazioni in genere difficilmente esplorabili, ad esempio durante la notte. Ciò potrebbe essere utile per valutare in maniera più accurata l’efficacia della terapia.

Per quanto riguarda la gestione del diabete, lo sviluppo di dispositivi indossabili è ancora in fase di sviluppo, anche se le prospettive sono affascinanti, soprattutto per quanto riguarda i metodi non invasivi enzimatici, ad esempio lenti a contatto per le lacrime e patch cutanei per il sudore 8. La medicina digitale si propone di fornire strumenti che potrebbero contribuire alla mancanza di risposte agli enormi bisogni inevasi dei pazienti affetti da disturbi mentali 9. Nell’ambito dello studio del sonno esistono studi di confronto tra dispositivi indossabili e monitoraggio gold standard, rappresentato dalla polisonnografia. Gli apparecchi testati hanno ottenuto risultati affidabili sul tempo totale di sonno, inferiori sulla qualità 10.

Molti studi, peraltro su piccoli numeri e per breve durata di osservazione, hanno valutato l’attività motoria, con oscillometri alla caviglia, dei pazienti depressi. In sintesi, è risultato, molto prevedibilmente, che il ridotto tono dell’umore si associa a minore attività fisica, sia nella depressione maggiore sia nei disturbi bipolari, sia nella schizofrenia. Strumenti di analisi vocale, in corso di sviluppo sempre più avanzato, sarebbero in grado di diagnosticare la severità della depressione maggiore analogamente a metodi tradizionali 11.

Altri studi hanno valutato la relazione bidirezionale tra malattie neuropsichiatriche e cardiovascolari, ad esempio analizzando la variabilità della frequenza cardiaca, indicatore di disfunzione del sistema nervoso autonomico. È risultato che lo stress aumenta la frequenza cardiaca e ne riduce la variabilità. Le disfunzioni autonomiche sono inoltre associate alla gravità dei sintomi nei disturbi bipolari, nella schizofrenia in fase acuta e nel disturbo post-traumatico da stress 12. Uno dei vantaggi della gestione digitale dei disturbi mentali sarebbe quello di annullare il distacco con persone che vivono in zone rurali, disagiate e in paesi a basso reddito, soggetti in genere “non raggiungibili” dai comuni servizi sanitari.

IoT (Internet of Things)

L’integrazione tra le tecnologie di connessione tra smartphone e biosensori e la disponibilità delle cosiddette home utility sta trasformando anche il “dove” la cura sarà fornita negli anni a venire, soprattutto per i pazienti affetti da malattie croniche, trasportabili con difficoltà dalla propria casa all’ospedale. Il cosiddetto Internet delle cose (IoT) ha l’obiettivo di realizzare la smart medical home, caratterizzata dallo sviluppo di sensori a livello del pavimento e indossabili, telecamere, apparecchi a infrarossi, che possono valutare il rischio o la caduta stessa e, in generale, la validità della deambulazione con segnali di allerta per care givers o centri di riferimento collegati in remoto. Nella smart home PA, FC, peso corporeo, urine e feci potranno essere analizzate quando il paziente si siede sul water.

Sono inoltre disponibili sensori, posti tra il materasso e le lenzuola, in grado di registrare automaticamente i dati relativi al sonno e inviarli mediante una connessione blue tooth a un’app su smartphone o tablet. Il sensore riconosce quando il paziente si sdraia e avvia automaticamente il monitoraggio, raccogliendo e analizzando la durata e l’efficacia del sonno, la FC, la respirazione, il movimento, il russamento, la temperatura e l’umidità della stanza. Algoritmi di machine learning sono in grado di identificare e analizzare l’introduzione di cibo e combinare tali informazioni con la variazione di peso monitorata passivamente, a livello di pavimento o toilet, per realizzare piani dietetici individualizzati, tenendo conto anche del consumo calorico. L’accuratezza dell’introduzione alimentare è peraltro difficile da assicurare per il comune utente, ad esempio può essere difficile identificare e quantificare le singole componenti di cibi complessi. Lo stesso utilizzo di grandi database per trovare l’esatta descrizione dei cibi può essere impegnativa, tanto da scoraggiare una descrizione accurata 13.

La FDA ha approvato il primo farmaco “digitale”, una pillola di un antipsicotico, l’aripiprazolo, chiamata Abilify MyCite, contenente un sensore che, al contatto con i succhi gastrici, genera un segnale elettrico trasmesso ad un cerotto, posto sull’addome del paziente, che riceve il segnale e lo trasmette allo smartphone, in grado di registrare l’effettiva assunzione del farmaco 14. Sensori di riconoscimento facciale, video, specchi-video, in grado di analizzare la deglutizione stessa del farmaco sono in via di sviluppo. Dispositivi in grado di tracciare l’aria respirata con gli inalatori, per i pazienti affetti da asma e BPCO, sono già disponibili 15.

Wearable… but… how much “able”?

L’utilizzo della tecnologia indossabile, nonostante le tante offerte del mercato e la riduzione progressiva dei costi, rimane limitato. I lavori scientifici si sono focalizzati soprattutto sulla fattibilità del sensing, nessun trial su grandi numeri ha evidenziato un impatto positivo su esiti clinici con l’utilizzo del monitoraggio passivo. Le possibilità tecnologiche sono ancora in fase di sviluppo, vi sono molte perplessità per quanto riguarda affidabilità e validità, sicurezza e privacy. Sono ancora da risolvere in maniera completa i possibili “artefatti di registrazione”, la mancanza di standardizzazione e calibrazione dei dispositivi, la stima non ottimale, ad esempio, dell’attività fisica e del consumo energetico.

Gli studi sull’utilizzo dei DI in generale coinvolgono piccoli numeri, sono di breve durata, spesso condotti dagli stessi sviluppatori o da strutture con interessi finanziari diretti e non da ricercatori indipendenti, sono non raramente fondati sui risultati di soggetti che descrivono le loro esperienze, non riprodotti in setting del mondo reale, non sono disponibili dati sui possibili effetti negativi. Mancano studi contro placebo, tanto che si ritiene che una parte delle risposte positive dipendano da un “effetto placebo digitale”, dato anche lo stretto rapporto tra le persone e i loro smartphone. Non sono disponibili analisi definitive sul rapporto costo/efficacia nella pratica, sulla effettiva capacità/volontà delle persone di prendere direttamente in carico la propria salute. Esistono difficoltà di acquisizione dei dati da parte delle persone anziane o comunque sono evidenziati disagi tali da non rendere percorribile un monitoraggio intensivo.

Alcuni studi hanno utilizzato una complessa integrazione degli strumenti di telemedicina ma non hanno portato a risultati significativi. Il trial Whole System Demonstrator ha fornito, in termini di rapporto costo/efficacia, risultati praticamente nulli 16. Una review dell’Health Innovation Network, commissionata dal Servizio sanitario inglese e peraltro limitata da una serie di problematiche metodologiche, non ha rilevato prove di efficacia nella gestione delle comuni malattie croniche attraverso video consultazioni, mentre il tele monitoraggio ha fornito buoni risultati nel controllo di diabete, ipertensione, cardiopatie e BPCO. Gli sms hanno dimostrato effetti benefici nel monitoraggio del diabete, nella cessazione del fumo a breve termine e nell’aderenza a terapie complesse, come le antiretrovirali. Le app hanno avuto risultati non conclusivi 17.

Sicurezza e privacy

I dati, teoricamente di proprietà degli utilizzatori dei dispositivi, in realtà sono registrati e depositati dalle industrie produttrici. In generale inoltre la sicurezza dei dati e l’anonimato non sono garantiti. Le “tracce digitali” di un soggetto, ad esempio i comportamenti, i parametri biologici e la posizione, rilevate mediante complessi algoritmi, ma soprattutto le eventuali informazioni su ambiti delicati, a rischio stigma, come quelli dei disturbi mentali, target vulnerabili, dati sensibili, sono facilmente intercettabili e manipolabili, per discriminare, prevedere o influenzare le scelte delle persone o per richiedere maggiori premi assicurativi.

In Europa le app “mediche” realizzate per la finalità di diagnosi, cura e prevenzione sono equiparate a veri e propri dispositivi medici e come tali sottoposti a specifica regolamentazione. Sono peraltro presenti criticità in merito alla certificazione di qualità, alla privacy e ad aspetti bioetici. Per una sintesi sulle problematiche relative alla privacy delle applicazioni che utilizzano dati sanitari, si rimanda al comunicato realizzato dall’Information Commissioner’s Office (ICO) del Regno Unito in qualità di autorità leader dell’indagine Sweep 2017, uno studio di carattere internazionale condotto da 24 Autorità per la protezione dei dati personali di tutto il mondo, tra cui il Garante italiano, che ha accertato il bisogno di maggiore apertura, onestà e trasparenza nel modo in cui le imprese descrivono le modalità di trattamento dei dati nelle loro informative privacy online e ha concluso che “c’è un significativo margine di miglioramento per quanto attiene i dettagli specifici che devono essere indicati nelle comunicazioni in materia di privacy. Per quanto riguarda specificamente l’Internet delle cose” il Garante italiano ha avviato una consultazione per definire regole e tutele.

Riflessioni e conclusioni

Le nuove tecnologie generano orizzonti inediti del possibile, infinite possibilità che, in apparenza solo ipotizzabili, possono diventare reali in tempi brevi. I dispositivi prima o poi diventeranno affidabili, probabilmente in forme che al momento non sono nemmeno pensabili. Del resto, nello scontro tra interessi e valori, i primi sono destinati a prevalere. Il futuro peraltro non è completamente determinato. È possibile intervenire nel suo sviluppo, per cercare di reintrodurre nella cultura della medicina un confronto di pensieri, metodi, obiettivi, necessario per entrare nel merito dei percorsi, della gestione della progettualità, della difesa dei cittadini/pazienti.

Il MMG deve comunque prepararsi alla possibilità di gestire la relazione con pazienti che sempre più spesso gli sottoporranno dati ottenuti con i DI, con il rischio di essere travolto da una enorme massa di informazioni e da nuove responsabilità, in un contesto di maggiore incertezza e confusione. Gli assistiti, ad esempio, potranno confidare eccessivamente nell’auto-monitoraggio e nelle diagnosi “fai da te”, in realtà poco attendibili e comunque non desumibili semplicemente dall’analisi dei dati.

In conclusione, quindi, la nostra identità, ancora fondamentalmente analogica, si trova catapultata in un mondo sempre più digitale, dall'inglese digit ( che significa cifra, riferita in questo caso al codice binario), che a sua volta deriva dal latino digitus, "dito" (con le dita infatti si contano i numeri). Nonostante l’etimologia, il concetto di medicina digitale è diventato ambiguo nell’uso pratico: il tocco umano versus la sua antitesi, il contatto versus il monitoraggio, con il rischio sempre maggiore di perdita della relazione medico-paziente 19.

In collaborazione con Valentina Collecchia

Glossario
ICT (Information and Communication Technologies): tecnologie riguardanti i sistemi integrati di telecomunicazione (linee di comunicazione cablate e senza fili), i computer, le tecnologie audio-video e relativi software, che permettono agli utenti di creare, immagazzinare e scambiare informazioni.
Algoritmo: sequenza di istruzioni da svolgere per ottenere la soluzione di un determinato problema.
Machine learning o apprendimento automatico: sottocampo dell’intelligenza artificiale, studio di algoritmi che migliorano con l’esperienza, “insegnano alle macchine come imparare”.
Cloud computing: serie di tecnologie che permettono di elaborare, archiviare e memorizzare dati grazie all’utilizzo di risorse hardware e software distribuite nella rete. Internet delle cose (Health Internet of Things): rete di oggetti connessi a Internet in grado di raccogliere, registrare, analizzare e condividere dati di natura sanitaria utilizzando sensori e altre tecnologie.
Applicazioni (app) per la salute: software applicativi progettati per dispositivi mobili (smartphone, tablet e smartwatch).
Mobile Health: pratica medica e di salute pubblica supportata da dispositivi mobili, dispositivi per il monitoraggio dei pazienti, dispositivi di assistenza personale e altri strumenti wireless.
Point-of-Care Testing: esami medici sul (o in prossimità del) posto di cura del paziente.
Digital divide: divario esistente tra chi ha accesso effettivo alla Rete e chi ne è escluso, in modo parziale o totale.

Bibliografia e sitografia
1 Statista 2017 Wearable device sales revenue worldwide from 2016 to 2022 (in billion U.S. dollars.
2 Medical Wearable Devices.
3 Kotecha D, Breithardt G, Camm AJ, et al. Integrating new approaches to atrial fibrillationmanagement: the 6th AFNET/EHRA Consensus Conference. Europace 2018;20:395–407.
4 Talboom JS et al. Big data collision: the internet of things, wearable devices and genomic in the study of neurological traits and disease. Human Molecular genetics 2018; vol. 27, no. R1 R35-R39.
5 Byrom B et al. Brain monitoring devices in neuro science clinical research: the potential of remote monitoring using sensors, wearables and mobile devices. Clinical Pharmacology & Therapeutics 2018; 104; 59-71.
6 Arora S, Venkataraman V, Donohue S, Biglan KM, Dorsey ER, Little MA. High accuracy discrimination of Parkinson’s disease participants from healthy controls using smartphones. In: 2014 IEEE International Conference on Acoustics, Speech and Signal Processing (ICASSP). Florence, Italy: IEEE; 2014. p. 3641–3644.
7Rovini E, Maremmani C, Cavallo F. Automated Systems Based on Wearable Sensors for the Management of Parkinson's Disease at Home: A Systematic Review. Telemed J E Health. 2018 Jul 3. doi: 10.1089/tmj.2018.0035. [Epub ahead of print].
8 Lee H et al. Enzyme-based glucose sensor: from invasive to wearable device. Adv. Healthcare Mater 2018; 7, 1701150.
9 Tognoni G. Psicofarmacologia-psichiatria. IsF n.4 2017, pag. 12.
10 Mantua J et al. Reliability of sleep measures from four personal health monitoring devices compared to research-based actigraphy and polysomnography. Sensors (Basel) 2016; 16: 646.
11 Cannizzaro M et al. Voice acoustical measurements of the severity of major depression. Brain Cogn 2004; 56: 30-35.
12 Reinertsen E and Clifford GD. A review of physiological and behavioral monitoring with digital sensors for neuropsychiatric illnesses. Physiol. Meas. 2018; 39: 05TR01 (38 pp).
13 Lobstein T. Can wearable technology help patients tackle obesity? BMJ Opinion 2016.
14 Rosenbaum L. Swallowing a spy – The potential uses of digital adherence monitoring. N Engl J Med 2018; 378(2): 101–103.
15 Kvedar JC et al. *Why real-world results are so challenging for digital health
. N Engl J Med Catalyst 2017 (July).
16 Henderson C et al. Cost effectiveness of telehealth for patients with long term conditions (Whole Systems Demonstrator telehealth questionnaire study): nested economic evaluation in a pragmatic, cluster randomised controlled trial. BMJ 2013; 359: 11035.doi:10.1136/bmj.f1035.pmid: 23520339.
17 Health Innovation Network. Tecnology-Enabled Care Services (TECS) evidence base review 2017.
18 de Montjoye YA, Hidalgo Ca, Verleysen M, Blondel VD. Unique in the Crowd: The privacy bounds of human mobility. Scientific Reports. 2013; 3:1–5.
19 Collecchia G. La medicina digitale: l’impero dei sensori. Informazione sui Farmaci 2018; 3: 21-28.