Si può praticare ovunque ma, in particolare nelle oasi e aree tutelate del Vercellese, l’osservazione organizzata di volatili trova una delle sue migliori espressioni. Strumenti indispensabili per dedicarsi al gradevole diversivo, da praticare sia all’aperto sia all’interno di apposite postazioni, sono, secondo la preferenza, un binocolo, un cannocchiale o un teleobiettivo, un libro illustrato per facilitare il riconoscimento delle diverse specie e un taccuino per le varie annotazioni.

I primi a farsi notare saranno gli aironi, che si propongono in un numero decisamente considerevole di esemplari. Tra questi, il cenerino, così soprannominato per via del caratteristico piumaggio grigio macchiettato di nero delle ali che possono raggiungere anche i due metri di apertura; il bianco maggiore, più elegante e se possibile anche più appariscente del primo; il rosso solitamente schivo, riservato e di passaggio in risaia solo nei mesi caldi al contrario del guardabuoi, da qualche anno, ospite fisso nella zona come la garzetta, dal volo lento e regolare.

S’impone, poi, con le sue splendide evoluzioni, il cavaliere d’Italia, fortunatamente non più a rischio di estinzione, grande camminatore nonostante le lunghe zampe ne rendano l’andatura apparentemente incerta e insicura, con la bella livrea di color nero nella parte superiore e bianco splendente in quella inferiore, capace di cercare cibo anche di notte, dato che riesce a vedere anche al buio.

Poi in formazione mista, si possono osservare l’esile gambecchio e la più robusta avocetta; la pavoncella, riconoscibile per i caratteristici fischi e i frenetici volteggi che improvvisa, se disturbata, intorno al nido; il germano reale, esperto nel nidificare praticamente ovunque, perfino tra ortiche, rovi e cespugli; la gallinella, goffa sulla terraferma ma abile nuotatrice, fornita di un inconsueto ornamento rosso alla base del becco; la folaga che si invola correndo velocissima sulla superficie dell’acqua; il cormorano nero, abilissimo pescatore, esperto nell’inseguire le sue prede in apnea mettendo il becco ricurvo in acqua e inconfondibile per la posa ad ali semiaperte che usa per asciugarsi le piume al sole.

Tra i rapaci, le osservazioni più frequenti riguardano il nibbio, spietato predatore avvistabile in zona in primavera quando arriva per costruirsi il nido; la poiana, specie stanziale non particolarmente amante delle zone acquitrinose ma con buon gioco in queste distese senza ostacoli visivi; il falco di palude che sfruttando le correnti ascensionali e tenendo la coda a ventaglio, con il tipico volteggio a scivolata, riesce a osservare stabilmente il suolo in cerca di prede.

Da pochi anni nelle risaie, è comparso anche il blasonato ibis, profusamente raffigurato, con il becco affilato e le ali orlate di nero e trasparenti come la seta, nei papiri e in altre rappresentazioni artistiche dell’antico Egitto, che lo venerava come icona della divinità Thot. E al taglio del riso a rallegrare la festa, arrivano, tra gli altri, anche il veloce martin pescatore, la cinciallegra, la beccaccia, l’astuto gallo forcello, la capinera, il merlo acquaiolo e il picchio nero. E tutti insieme formano, indubbiamente, una bella combriccola.