"C'è qualcuno là fuori?" è una domanda ovvia, che sorge spontaneamente nella mente di chiunque contemplando il cielo notturno a occhio nudo.

Alla luce delle più recenti scoperte e con l'aiuto dei moderni strumenti di osservazione, in grado di estendere la portata dell'occhio umano a un punto in cui a volte sembra possibile anche arrivare a intravedere le origini dell'universo, la domanda diventa ancora più motivata.

O, almeno, questo è ciò che sembra possibile alla nostra mente razionale. Ma più le nostre conoscenze aumentano e si approfondiscono e più sembra allontanarsi la possibilità di riuscire finalmente a comprendere il senso compiuto di tanta immensità, così incommensurabile da non poter essere racchiusa in nessuna formula matematica, là dove cioè gli stessi concetti di infinitamente piccolo e infinitamente grande potrebbero non aver più senso.

Una situazione complessa, che può diventare ancora più complessa se si considera la possibilità di diverse dimensioni, o piani di esistenza, che coesistono con ‘il nostro’, piani che potrebbero ospitare ciascuno molti mondi e civiltà, siano essi simili o diversi dai nostri.

Le domande primarie dell'umanità: chi siamo, da dove veniamo e dove andiamo - non solo da un punto di vista scientifico - continuano però a rimanere senza risposta, insieme ai dubbi, ai vuoti, all'assenza di una spiegazione logica in questo vuoto cosmico di risposte possibili. Ma, rimanendo al sicuro nell'ambito delle umane capacità e in quella dimensione ‘visibile’ in cui possiamo misurare i nostri passi, dobbiamo ammettere che la sensazione di non essere soli nell'universo in generale, e nel nostro periferico sistema solare della nostra altrettanto periferica galassia nello specifico, sembra crescere sempre più forte.

E anche se fino ad oggi è stato praticamente impossibile avere la prova di non essere soli, non c'è dubbio che tale sensazione sia andata rafforzandosi assieme alla nostra capacità di trasmettere a distanza prima simboli elementari e progredendo poi verso processi di trasmissione/ricezione sempre più raffinati.

Nel secolo passato abbiamo assistito a fenomeni, eventi, scoperte che hanno notevolmente intensificato questo sentimento e, insieme ad esso, è nata la paura di ciò che il futuro potrebbe avere in serbo per noi.

Speculando su questo, spesso pensiamo banalmente agli alieni e agli UFO (o UAP, Unidentified Aerial Phenomena - fenomeni aerei non identificati). Ma questo non è l'unico enigma a cui l'uomo di oggi vuole cercare di dare una risposta completa. È piuttosto la necessità di cercare metaforicamente di ‘guardare nel cortile di qualcun altro, cioè affacciarsi in una dimensione che non è quella che conosciamo e padroneggiamo.

E questo perché tali singolari fenomeni, analizzati oggi con un nuovo approccio, ci costringono spesso ad affrontare domande quasi a livello esistenziale, ai limiti della nostra comprensione, domande che puntano a un inimmaginabile, almeno per ora, altrove.

Un ‘altrove’ che, essendo sconosciuto, suscita sospetti ma soprattutto timore per la sola possibilità di dover affrontare qualcosa o qualcuno che non ha alcun riferimento alla nostra dimensione familiare.

L'unico elemento che sembra abbastanza sicuro, però, è che questo ‘qualcosa’ o ‘qualcuno’ non sarebbero entità terrestri, cioè si tratterebbe di entità non appartenenti alla civiltà umana sviluppatasi su questo pianeta.

Questo è il punto nodale in cui scienziati e menti umane si misurano con una sostanza sconosciuta, che sembra essere stata resa specificamente inspiegabile, se non a prezzo della negazione.

Una buona occasione per riflettere su questa e altre domande simili è stato il VII Congresso Internazionale di Ufologia Città di Roma, organizzato dal Centro Ufologico Nazionale a fine ottobre 2018, intitolato Dalla Guerra dei Mondi di Orson Welles agli UFO del Pentagono.

Un momento importante, soprattutto per via dell'evento che di recente ha destato un grande interesse: la rivelazione che il Pentagono ha avuto (e continua ad avere) un programma segreto di studio degli UFO, nonostante abbia ufficialmente negato per decenni ogni interesse per il fenomeno. Per questo programma di ricerca, denominato AATIP, è stato speso denaro pubblico per un ammontare di circa 22 milioni di dollari nel periodo che va dal 2007 al 2012.

Responsabile di questo scalpore è la To the Stars Academy of Arts and Science, una neonata società d’interesse pubblico statunitense che intende portare avanti una azione a tutto campo mirata alla ricerca teorica e applicativa sulle “frontiere esterne della scienza”, fra le quali in particolar modo il fenomeno UAP, in modo totalmente aperto e svincolato da logiche (e pastoie) governative.

Fondata nel 2017 da un interessante quanto insolito trio statunitense composto dal noto ricercatore ufologico ed ex rockstar Tom DeLonge, dal senior intelligence manager Jim Semivan e dallo scienziato Dr. Harold Puthoff, la Academy ha riunito un buon numero di personaggi d’alto profilo provenienti dai settori del governo, della difesa, dell'intelligence, della ricerca e dell'industria degli Stati Uniti.

Luis Elizondo, senior manager della Defense Intelligence Agency, è entrato anch’egli a far parte della Academy dopo aver rassegnato le dimissioni dal suo ruolo di Direttore del progetto AATIP nel 2017.

A dicembre di quello stesso anno, Elizondo ha raccontato la storia del progetto segreto di ricerca sugli UFO a tre giornalisti del New York Times che hanno realizzato un articolo di risonanza mondiale.

L'Academy ha anche creato ulteriore scalpore rilasciando tre documenti video, ufficialmente declassificati dal Pentagono in cui si vedono sconosciuti oggetti di forma tondeggiante che manifestano straordinarie performance di volo.

Commentandoli, Luis Elizondo ha osservato con disarmante semplicità: "Posso dirvi con certezza solo quello che non sono: non sono terrestri, perché non appartengono all’inventario di alcuna potenza terrestre”. Abbiamo avuto modo di incontrare Luis Elizondo, che ha partecipato insieme a Tom DeLonge al congresso romano del CUN, e gli abbiamo posto alcune domande. Ecco cosa ci ha detto.

Cosa le viene in mente pensando all’eterna domanda dell’uomo: “C’è qualcuno là fuori”?

Forse dovremmo riformulare la domanda: "C'è qualcun ALTRO là fuori"? Basta guardare questa minuscola e oscura roccia che chiamiamo Terra che gira intorno al nostro Sole per vedere che la vita esiste nel nostro universo, è diversificata ed è abbondante.

La domanda difficile è: "La vita esiste anche altrove"? E se così fosse, noi (come organismi organici) saremmo in grado di riconoscere un’altra forma di vita se questa non si dovesse perfettamente adattare alla nostra definizione di essere vivente? Per rispondere a questa domanda, possiamo semplicemente prendere come esempio i normali virus… Un virus ha ben poco in comune con tutto ciò che definiamo "vita" in quanto manca di DNA, non si basa su nessuna delle fonti di energia, né si riproduce in alcun modo normalmente associato alle forme di vita qui sulla Terra. Tuttavia, un virus possiede altre qualità che sono certamente analoghe a quelle di altri esseri viventi; per esempio, si replica, elude il pericolo, e usa persino il camuffamento come mezzo di sopravvivenza.

Credo che la questione degli UAP sia una di quelle questioni complesse, che potrebbero ragionevolmente portare un individuo alla conclusione che la "vita", come la conosciamo noi, può effettivamente esistere in altri luoghi del cosmo. Detto questo, potrebbe anche essere che gli UAP non provengano nemmeno dallo spazio esterno, ma dallo spazio interno o da uno spazio multidimensionale che dobbiamo ancora comprendere.

Naturalmente, l'ipotesi più semplice è che gli UAP provengano proprio da qui, cioè dalla Terra, nel senso che siano il prodotto d’una tecnologia supersegreta sviluppata da una qualche potenza terrestre.

In definitiva, il fatto è che non abbiamo ancora abbastanza dati per formulare un'ipotesi ragionevole e per questo dobbiamo continuare a cercare dati e (non aver paura di) affrontare le domande difficili.

Abbiamo recentemente assistito a eventi inauditi, quali l’ammissione dopo decenni di diniego ufficiale che il Pentagono studia gli UAP, e il rilascio di documenti video ufficiali che riprendono fenomeni UAP. Che cosa è cambiato, quali sono le ragioni di questa epocale evoluzione nell’atteggiamento del complesso militare statunitense?

Per essere preciso e corretto, debbo dire che non posso rispondere a nome del governo degli Stati Uniti sulle ragioni di questo improvviso cambio d’atteggiamento nei confronti della questione UAP, ma posso ipotizzare che ci possano essere diverse ragioni per questo.

Può darsi che, mentre le generazioni più giovani procedono nella lenta e costante ascesa verso posizioni di leadership e la vecchia generazione si fa da parte, nuove prospettive nella lotta globale per la sopravvivenza permettano a giovani menti di elaborare concetti che non vanno a intaccare credenze filosofiche consolidate o specifiche agende politiche.

Dopo tutto, i governi sono composti da individui che sono a loro volta influenzati dalle norme culturali del tempo e dalla tecnologia. I progressi nelle comunicazioni hanno portato gli esseri umani più vicini che mai, ora possiamo letteralmente comunicare alla velocità della luce! Improvvisamente, la nostra visione del mondo si armonizza con quella di altri in tutto il pianeta e possiamo facilmente scambiare e condividere nuove idee e possibilità.

Oppure, il motivo di questo improvviso cambiamento di comportamento potrebbe essere dovuto alla maggiore responsabilità di mantenere segreti come questo per così tanti anni. Nell'era delle telecamere dei telefoni cellulari, del monitoraggio video mondiale e della sorveglianza, lo sforzo di mantenere il segreto sugli UAP sta diventando sempre più difficile, e francamente a questo punto insostenibile. Continuare a mantenere ancora a lungo il segreto sugli UAP può effettivamente arrivare ad essere contrario a quello che era lo scopo originario della segretezza. Ad esempio, 40 anni fa un governo potrebbe aver scelto di tenere segreta ai suoi cittadini la questione degli UAP per minimizzare il rischio di apparire incompetente e incapace di proteggere e difendere il suo popolo da una minaccia che non riusciva nemmeno a comprendere. Tuttavia, nel 2018 sta diventando sempre più chiaro che gli UAP esistono e, continuando a mantenere il segreto su di essi i governi corrono il rischio di commettere un peccato ancora più grande verso i loro cittadini, apparendo disonesti e inaffidabili. Come tale, forse è ora nell'interesse dei governi riconoscere semplicemente l'esistenza del fenomeno.

Naturalmente, un'altra possibilità è che i governi, sovraccaricati da altre priorità, considerino a questo punto la divulgazione come una sorta di sollievo, che consenta loro di liberarsi delle attività relative allo studio degli UAP trasferendole al settore privato e ai partner industriali, come, ad esempio, il settore aerospaziale, e al mondo accademico.

I documenti resi disponibili e noti alla comunità internazionale descrivono oggetti e comportamenti che non trovano spiegazione con le attuali conoscenze dell’umanità. Perché allora renderli noti?

La verità è un imperativo fondamentale per qualsiasi società civile ed è, in ultima analisi, nell'interesse dell'umanità intera. Sia la scienza che la religione perseguono la verità, anche se da prospettive diverse (il come da un lato e il perché dall’altro), perché la verità è l'unica cosa che è costante nel nostro universo. Per questo motivo, inseguiamo innatamente la verità su cose importanti come Dio, l'amore e la fisica. Inoltre, sviluppiamo mezzi per identificare ed esprimere la verità come la religione, il matrimonio e la matematica. La verità, che sia buona o cattiva è un elemento essenziale per la nostra sopravvivenza e ci aiuta a trovare soluzioni a cose come il cancro, la fame e persino i conflitti.

La verità sugli UAP non dovrebbe essere temuta; dopo tutto, la verità e la conoscenza conducono spesso a nuove opportunità. Come per ogni nuova rivelazione, la verità sulle UAP è semplicemente una migliore comprensione della realtà a cui già apparteniamo. In definitiva, è la verità sugli UAP che può aiutarci a comprendere meglio la verità su noi stessi.

Lei ha sottolineato come l’unica cosa sicura di questi fenomeni è che non sono d’origine terrestre. Parlando a livello personale, ritiene di essere nella posizione di poter azzardare qualche ipotesi in merito alla loro possibile origine?

Per rispetto nei confronti delle molte ipotesi che sono ora in discussione, sarebbe ingiusto da parte mia fornirvi un'opinione tra le tante, tante possibilità. Ancora una volta, il fatto che gli UAP siano un segreto abilmente custodito da una nazione straniera, per quanto improbabile, è una possibilità che non può essere del tutto esclusa. Per questo motivo tutte le opzioni devono rimanere sul tavolo fino a quando non riusciremo ad avere una migliore comprensione dei dati.

Parlando, invece, a livello della TTSA, le vorrei chiedere se sono in corso studi specificamente tesi ad accertare l’origine di questi fenomeni, come, ad esempio, ricerche sull’esistenza di dimensioni parallele alla nostra.

Sì, si stanno esplorando molte possibilità nell’ambito di una prospettiva scientifica per cercare di restringere il ventaglio di possibilità allo scopo di arrivare a capire cosa sono gli UAP, come funzionano e magari quale è la loro origine.

Oltreché sicuramente dotata di strumenti di conoscenza molto più efficaci, ritiene che l’umanità di oggi sia più consapevole e preparata, rispetto a quella che visse ottanta anni fa le forti emozioni dell’annuncio di Orson Welles sullo sbarco alieno?

In alcuni casi sì, in altri no. Oggi siamo più interconnessi che mai. Come nel caso del cambiamento climatico globale, atti che compio qui da questa parte del pianeta, possono avere un effetto drammatico sull’altra. Per questo motivo, credo che abbiamo un interesse reciproco su questioni che ci riguardano a livello globale, tra cui sicuramente gli UAP. Al contrario, si continuano a perseguire egoistici vantaggi con la scusa dell’autoconservazione.

Per questo sussiste ancora un intrinseco interesse da parte di una certa prospettiva politica a mantenere segreta la tecnologia avanzata, nella speranza che ci fornisca un vantaggio strategico rispetto a un potenziale avversario. Come tale, alcuni preferirebbero che la questione degli UAP rimanesse confinata nel dominio dei ‘programmi oscuri’ e della disinformazione.

Lasciando un attimo il presente e guardando a un domani che potrebbe essere molto vicino, cosa consiglierebbe di fare e con quale disposizione d’animo consiglierebbe di porsi di fronte alla possibilità di un ‘futuro extraterrestre’?

Suggerisco di continuare ad avere il coraggio di affrontare le domande difficili, di rimuovere lo stigma (nei confronti del fenomeno UAP) e di coinvolgere i nostri leader nazionali, e magari anche organismi multinazionali come le Nazioni Unite e altri, che potrebbero contribuire allo sforzo di indagare su quello che forse è il più grande enigma che l'umanità deve affrontare da quando ha lasciato la caverna per cercare di raggiungere la luce.

(Un ringraziamento per la collaborazione a Paolo Guizzardi Deputy ICT Manager presso l’Ambasciata d’Italia a Berlino)