A due chilometri dalle coste di Monopoli, in provincia di Bari, è stata scoperta la prima barriera corallina del Mar Mediterraneo. La scoperta è stata pubblicata la prima settimana di marzo sulla rivista scientifica Scientific Reports: a scoprire la barriera corallina italiana, dopo ricerche e studi durate tre anni, è stato un gruppo di ricercatori del dipartimento di Biologia dell’Università di Bari, che, in collaborazione con i colleghi dell’Università del Salento e dell’Università di Tor Vergata, hanno adesso comunicato la scoperta all’ufficio Parchi e Tutela della Biodiversità della Regione che prenderà i giusti provvedimenti per continuarne le analisi e per la tutela di questo particolare ecosistema.

Caratteristiche

La barriera corallina ritrovata in Puglia è lunga 2,5 chilometri e arriva a quasi 55 metri di profondità, superando molte barriere caraibiche o dell’Oceano Indiano. La barriera corallina pugliese sembra avere caratteristiche uniche: infatti, mentre nelle barriere alle Maldive così come in Australia, i processi di simbiosi delle madrepore sono facilitati dalla luce, in questa italiana domina la penombra che non impedisce a quegli animaletti marini che costituiscono i corallini bianchi di formare imponenti strutture di carbonato di calcio, senza alghe. Per questo i colori che si vedono nelle fotografie sono più tenui. Il termine scientifico per definirle è mesofotiche, che significa che ricevono poca luce. Non era mai stata scoperta prima appunto perché si trova molto in profondità: solo oggi grazie alle tecnologie avanzate utilizzate dai sub professionisti (ad esempio, i robot filoguidati e dotati di telecamera) è stata individuata nel mare davanti a Bari.

Dove si trova

Si trova a due chilometri di distanza da Monopoli (Bari) e i ricercatori ipotizzano che, date le caratteristiche simili a quelle equatoriali, possa estendersi da un lato fino a Bari e dall’altro sino a Otranto. Quella pugliese è la prima barriera corallina trovata nel mar Mediterraneo, ma non si può escludere che ce ne siano altre che, come questa, non sono mai state scoperte prima perché a profondità elevate.

Subito misure di protezione

Saranno necessarie altre ricerche per capire la reale estensione della barriera e implementare misure di protezione ambientale per preservare la barriera. La sua presenza potrebbe attirare turisti interessati alle immersioni subacquee, almeno nei tratti meno profondi: questo modificherebbe la attrattività turistica della zona di Monopoli. La giunta della Regione Puglia e le Capitanerie di Porto hanno già annunciato di voler avviare l’iter per l’istituzione di una nuova area marina protetta al fine di affrontare con tempestività la salvaguardia di questo caso unico nel Mediterraneo.

Cos'è la barriera corallina

Si tratta di formazioni di rocce calcaree che prendono forma sulle coste (solitamente degli oceani tropicali). Per millenni si accumulano gusci di coralli, alghe e polipi (non polpi), che arrivano a formare delle vere e proprie barriere costiere. Le barriere coralline, che si trovano solitamente in acque marine calde e poco profonde, sono grandi strutture accumulate le une sulle altre da successive generazioni di coralli: quando muoiono, infatti, si lasciano dietro le formazioni calcaree dei loro scheletri. Per “barriera corallina” si intende l’insieme di tutti gli esseri viventi – pesci compresi – che vivono nell’habitat creato dai coralli e noto per una grande biodiversità, favorita dall’accumulo di risorse nutritive. I gruppi di animali che vengono chiamati coralli sono in realtà colonie di centinaia di antozoi, invertebrati lunghi pochi millimetri che vengono anche chiamati polipi.

Dove sono le barriere coralline più belle

La barriera corallina più famosa del mondo è la Grande Barriera Corallina dell’Australia. Per millenni si sono accumulati gusci di coralli, alghe e polipi fino a formare delle vere e proprie barriere costiere così vaste da rendere difficile anche l’accesso via mare in alcune zone dell’Australia e della Nuova Caledonia. Si trova nel Queensland e si estende per 2300 km; ospita 1500 specie di pesci, 400 di molluschi e altrettante di coralli. Non lontano c’è anche la barriera corallina della Nuova Caledonia. Al suo interno, tra le varie specie marine, ci sono squali, pesci balestra, tartarughe verdi e dugonghi: sono tutti animali a rischio di estinzione. Queste due formazioni sono parte del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco.

Lo sbiancamento della Grande Barriera Australiana

È formata da 2.900 barriere più piccole e 911 barriere principali: i ricercatori stanno monitorando le barriere individuali e sembra che il 93% – ovvero 843 barriere – hanno già subìto danni e mostrino sbiancamento. Il problema diventa pericoloso per le oltre 1.500 specie di pesci, per 6 specie di tartarughe marine (sono 7 in totale nel mondo le specie di tartarughe non estinte) per le 30 specie di delfini e di balene. La società australiana National Coral Bleaching Taskforce ha pubblicato recentemente una mappa preoccupante che mostra una parte molto consistente della barriera seriamente danneggiata. National Geographic ha lanciato un allarme mondiale: la perdita di colore della barriera avrà effetti su tutto l’ecosistema, soprattutto per quanto riguarda la simbiosi tra i polipi del corallo. Lo sbiancamento è dovuto al surriscaldamento dell’acqua causato dai mutamenti climatici. Le alte temperature causano danni anche alle alghe simbiotiche dei coralli – ovvero alla loro fonte di sostentamento primaria – che diventano tossiche, obbligando così i coralli a espellerle. Buttando fuori l’alga, il corallo diventa bianco e, in pratica, è come se morisse di fame.