L'orso bruno, mammifero appartenente alla famiglia Ursidae è diffuso in un vastissimo areale che comprende gran parte dell’Asia, l’Europa e il Nordamerica. Raggiunge, nelle sottospecie Kodiak e Horribilis, meglio noto come Grizzly, i 700 kg di peso e, dopo l’orso polare, è il carnivoro terrestre di maggiori dimensioni esistente al mondo.

Si nutre principalmente di vegetali e di frutta ma non disdegna assolutamente cibi più ricchi di proteine e di grassi animali come il pesce e la carne. Gli adulti possono infatti uccidere facilmente anche prede di grosse dimensioni come ovini selvatici e di allevamento, ungulati come cervi, vacche e perfino bufali.

Note a tutti sono le sue doti di abile pescatore e la sua grande e versatile intelligenza. Possono essere estremamente aggressivi e sfrontati arrivando anche da soli a sottrarre la preda a branchi di lupi o a grandi felini contando unicamente sulla propria forza, avendo dimensioni tali da non temere alcun predatore.

Possiamo quindi affermare che, almeno in Europa, l’orso si trova all’apice della catena alimentare e non ha nemici naturali se non ovviamente il super predatore per eccellenza: l’uomo.

In Europa, infatti, l’orso ha sempre conteso all’uomo la selvaggina e ha sempre saccheggiato e distrutto coltivazioni, melari e ucciso animali d’allevamento perciò è stato sempre attivamente cacciato e, insieme al lupo, sterminato senza pietà.

In particolare in Italia, alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso era praticamente estinto sopravvivendone pochissimi esemplari, due o tre, nelle Dolomiti del Brenta e pochi di più nell’Italia centrale con la sottospecie, per alcuni specialisti considerata specie a sé, dell’orso marsicano, un numero tale di individui da non consentire la ripresa naturale e, quindi, la sopravvivenza della specie.

Ma l’uomo è un animale bizzarro caratterizzato da un ethos schizofrenico che lo ha sempre spinto ad annientare i propri mortali nemici salvo poi mitizzarli provando per essi, dopo averli sterminati, una insopprimibile nostalgia che lo portava a idolatrare orsi delle caverne, leoni e squali elevandoli al rango di Dei.

In tempi più laici e recenti, l’amore nostalgico per i propri perduti nemici ancestrali e soprattutto il rimpianto per lo scenario primigenio in cui il dramma si svolse: la natura selvaggia, ha spinto l’Homo Sapiens a cercare di ricrearla con la goffaggine e la patetica superficialità che lo contraddistingue.

In Italia, negli anni Settanta con “l’operazione San Francesco” e negli anni Novanta con il progetto “life Ursus”, il lupo e l’orso vennero salvati dalla estinzione.

In particolare, per ciò che riguarda l’orso vennero importati dalla Slovenia 10 orsi geneticamente compatibili con gli esemplari del Trentino che consentirono un ripopolamento rapido e una diffusione del simpatico plantigrado fino a ricongiungere le popolazioni italiana e slovena.

Ora per i nostri boschi si aggirano, oltre a centinaia di lupi, anche un centinaio di bestioni che possono raggiungere i due metri e mezzo di altezza, i 400 kg di peso armati di unghie alla Freddy Kruger e denti affilati in grado di abbattere cervi e bovini adulti figuriamoci un umano.

Solo che al contrario del più discreto lupo, l’orso ha sbugiardato i proclami degli etologi da salotto con il loro mantra “non attacca l’uomo, ne ha una atavica paura”; infatti, con Daniza prima e ora con questo straordinario, funambolico M49 a cui, devo dire, va tutta la mia simpatia, la invadenza e potenziale pericolosità di questa specie è sotto gli occhi di tutti.

Nel 2014 il primo caso eclatante: Daniele Maturi, un cercatore di funghi di Pinzolo, vicino a Madonna di Campiglio in Trentino, si aggirava nei boschi che conosceva come le proprie tasche quando si imbatté in una grande orsa con due cuccioli. Ingenuamente il Maturi si nasconde dietro un albero per osservare la scena, sottovalutando il pericolo e infatti mamma orsa, la celebre Daniza, uno dei primi 10 esemplari sloveni, lo attacca ferendolo per fortuna non in modo grave. In quel caso scoppiò un finimondo con feroci polemiche tra ambientalisti e animalisti con atteggiamento iperprotettivo e con coloro che nei boschi ci vivono e ci lavorano che avrebbero voluto abbatterla.

Si è cercato quindi di mediare tra le opposte fazioni pensando di catturare Daniza per metterla poi in uno specialissimo recinto alla Jurassik Park appositamente creato sulle montagne attorno a Trento. Purtroppo, nel tentativo di anestetizzarla per la cattura la orsa reagì male alla dose di anestetico e morì.

Nel giugno 2015 l’incidente più grave: un uomo che faceva jogging con il suo cane in un pascolo alle pendici del monte Bondone, due passi da Trento, è stato deliberatamente inseguito ed aggredito da un orso che lo ridusse talmente male da richiedere il trasporto in ospedale in eliambulanza. Le ferite furono così gravi da causare a Vladimir Molinari la perdita dell’uso del braccio destro e conseguentemente la perdita del lavoro. La regione gli offerse un indennizzo di 50 mila euro!! Che generosità!!

L’ultimo degli attacchi all’uomo e forse anche il più discusso è avvenuto sempre in trentino nel 2017: Angelo Metlicovez, un settantenne di Cadine è stato aggredito mentre passeggiava con il suo cane lungo la valle dei laghi di Lamarr presso Trento. L’uomo si è salvato gettandosi in un burrone da cui è stato estratto a fatica e trasportato in eliambulanza in ospedale.

Eppure, negli opuscoli diffusi dalla Provincia autonoma di Trento, nel suo sito ufficiale e nei cartelli didattici disseminati nel territorio si legge sempre: “l’orso è un animale solitario, ha abitudini prevalentemente notturne, è schivo e diffidente, estremamente difficile da incontrare. Non è aggressivo e non attacca, se non provocato”. Ma mi domando: cosa si intende con “se non provocato”? Non credo, come ha invece sostenuto il responsabile della fauna selvatica del territorio in questione dopo un interrogatorio svolto in forma di compassionevole e partecipato colloquio con l’aggredito appena ricoverato, che il Metlicovez avesse lui aggredito l’orso a bastonate!

Purtroppo, come avverrà prima o poi anche per il lupo, un grande predatore carnivoro si metterà a fare il suo mestiere.

La supposta paura che questi animali avrebbero dell’uomo si riferisce a diverse generazioni fa, come sostiene Luigi Boitani il maggior esperto di fauna selvatica oggi in Italia, quando la feroce caccia di cui erano fatti oggetto insegnava loro a temere quel terribile piccolo bipede che uccide da lontano.

Ma questo non avviene più nel nostro paese da mezzo secolo! Anzi lupi e orsi hanno imparato che dove c’è l’uomo c’è spesso cibo e comunque vantaggi di vario tipo e questi sono animali estremamente intelligenti ed adattabili.

La loro rapida diffusione, in particolare del lupo, sta lentamente ma inesorabilmente ridimensionando la popolazione di ungulati selvatici che erano stati introdotti in gran numero a scopo venatorio ristabilendo quell’equilibrio naturale nell’ambito del quale anche noi umani, con buona pace dei sindaci delle comunità montane e degli animalisti da salotto, possiamo divenire prede.

Cosa si deve fare, dunque, per non rinnegare una politica ambientale che, naturalista quale sono, ho sempre peraltro appoggiato e condiviso?

Bisogna ripartire da zero: e cioè, educando chi si avvicina a una Natura ridivenuta selvaggia, e quindi pericolosa! Fare, ad esempio, come accade nei parchi naturali degli Stati Uniti dove l’uomo convive da sempre con i grandi predatori, lupi, coguari e orsi.

Bisogna soprattutto creare in Italia nuove figure professionali o potenziare quelle già esistenti al fine di dotare il territorio di operatori all’altezza della situazione, come lo sono i rangers dei parchi di Yellowstone o di Yosemite solo per citare i più famosi, dove gli orsi sono migliaia e milioni i turisti.

Ma in ogni caso non si potrà pretendere di ottenere una condizione di “rischio zero”, perché qualche aggressione a uomini o animali ci sarà sempre e le autorità delle zone interessate, pur facendo di tutto per evitarlo, dovranno per forza accettarlo. Come accade, appunto, negli Stati Uniti, i turisti, attratti dalla possibilità di incontri ravvicinati, aumenteranno e gli animalisti a oltranza dovranno accettare che in alcuni casi qualche esemplare particolarmente aggressivo o “problematico” venga abbattuto: nell’interesse stesso di tutte la specie, la nostra e la loro.