È dalle epoche più remote che l’uomo cerca di comprendere l’origine dei fenomeni atmosferici. Poter prevedere l’arrivo della grandine sui campi, la piena di un fiume o un periodo di siccità poteva essere di vitale importanza per i nostri avi contadini e pescatori. Dobbiamo addirittura ad Aristotele il primo trattato sulla meteorologia, scienza millenaria che oggi, nel nostro mondo ipertecnologico, sembra oramai alla portata di tutti, attraverso pc e smartphone, ogni volta che vogliamo, in ogni minuto della giornata. Eppure quanti di noi sono davvero in grado di decifrarne il linguaggio? Di sicuro un grande aiuto in questo senso arriva da Paolo Sottocorona, meteorologo e divulgatore scientifico, che da oltre trent’anni spiega in televisione, passando da Unomattina a Geo & Geo fino a La 7, che tempo farà con una passione e una forza comunicativa veramente rare, facendo registrare ascolti da record. Qui ci racconta qualcosa di più sul suo lavoro e sul perché è importante dare il giusto peso ai grandi cambiamenti climatici in atto.

Come è nata la scelta di diventare meteorologo?

Per merito di mio padre, che era nell’Aeronautica. Io mi ero iscritto alla facoltà di Ingegneria perché avevo un grande amore per la matematica e la fisica scoperto grazie a una brava insegnante, ai tempi del liceo classico. Quando mi chiamarono per il servizio militare, mio padre mi consigliò di farlo come ufficiale di prima nomina del servizio meteorologico dell’Aeronautica, perché in questo modo avrei avuto tempo anche per continuare a studiare e a dare gli esami all’università. La meteorologia però iniziò a piacermi molto e così decisi di farne il mio mestiere.

E il primo incarico in televisione?

È arrivato assolutamente per caso! Tra le mie passioni c’è quella per la vela. Sono istruttore velico e ai miei allievi cerco di comunicare lo stesso mio entusiasmo. Li spingo a guardare, ad ascoltare, a non tralasciare nessuna delle bellissime sensazioni che si provano andando per mare, anche semplicemente quella del vento che soffia. Negli anni Ottanta, ad uno dei miei corsi partecipava il figlio di un caporedattore Rai che, sapendo che stavano cercando per il meteo di Unomattina qualcuno con buone doti comunicative, pensò di proporre il mio nome. Fu un incontro fortunato, una di quelle coincidenze che cambiano il destino. La vita è così! Da lì è partito tutto, tante collaborazioni. E ora sono a La 7 da oltre quindici anni.

A proposito di doti comunicative, lei ha un modo veramente affabile, molto personale nel parlare al pubblico in televisione. E soprattutto sa rendere tutto quello che dice, anche il concetto più complicato, immediatamente comprensibile. Le arriveranno molte testimonianze di affetto e di stima in questo senso.

Devo dire di sì. Mi sento piuttosto gratificato. E tra i commenti più belli che mi sono arrivati c’è quello di una signora che mi ha detto: “Lei ci parla di cose difficili come se noi potessimo capirle, dandoci fiducia!”. Ecco, queste parole hanno colto in pieno il senso che io attribuisco al mio lavoro. Non penso ci si debba limitare a dire solo: domani pioverà o sarà sereno, bisogna trovare il modo di spiegare il perché, spiegare da cosa lo si deduce. E le persone mi seguono, mi fanno sentire il loro calore. Mi gratifica molto quando per strada incontro persone che mi dicono che ormai sono come uno di casa, un loro amico.

E scattano foto di cieli, nuvole e arcobaleni da inviarle e che lei poi mostra in televisione. Dà molta importanza alle immagini, quindi, e non solo a quelle strettamente tecniche, come le carte geografiche e meteorologiche.

È vero. Tutto è cominciato da quando, alcuni anni fa, segnalai al pubblico un sito inglese che raccoglie solo foto di nuvole, in tutte le loro manifestazioni. Penso questo sito abbia un archivio di circa sei o settemila foto. La cosa divertente è che io attualmente, grazie ai telespettatori, posseggo un archivio ancora più grande, composto di circa diecimila scatti. Con l’uso dei cellulari, infatti, tutto è diventato semplicissimo. Mi inviano le foto praticamente in tempo reale.

Ha interesse per il cielo, attraverso la meteorologia, per il mare, come istruttore velico, e per la terra, a cui si dedica nel tempo libero. Non a caso l’hanno definita un meteorosofo, ossia un meteorologo filosofo. E, come tale, sicuramente ha a cuore le sorti del pianeta. Ma è ottimista a riguardo?

Sì e no, purtroppo! Non so se si può invertire la rotta ma penso si possano almeno arginare gli effetti dei fenomeni estremi ai quali siamo costretti ad assistere. Per prima cosa con la prevenzione, smettendo di lavorare solo e sempre nell’emergenza.

Secondo lei si parla abbastanza del problema? Le persone sono abbastanza informate riguardo i rischi reali che corriamo?

Sì, oggi per fortuna se ne parla sempre di più. Ed è proprio così che “si traccia la strada”, parlandone molto. Bisogna essere realisti: non sarà facile trovare una soluzione definitiva, i problemi sono tanti e complessi. Quello che si può e si deve fare è cercare di rallentare gli effetti negativi del nostro modo di vivere, dell’attuale civiltà industriale in attesa di trovare delle soluzioni realmente definitive per ridurre il livello di CO2. Abbiamo il dovere morale di agire seriamente, di fare ognuno la propria parte, anche piccola per allontanare la catastrofe e dare speranza alle generazioni future.