La possibilità di poter prevenire una malattia incurabile come quella di Alzheimer è una delle grandi scommesse della comunità scientifica contemporanea. L’evidenza clinica suggerisce da anni che l’esercizio fisico e soprattutto le abitudini dietetiche possano ridurre il rischio di circa la metà o più. L’International Conference on Nutrition and the Brain, svoltasi a Washington il 19-20 luglio 2013, ha suggerito sei principi dietetici da seguire per ridurre il rischio di demenza di Alzheimer.

Le Linee Guida proposte sono state le seguenti:

  1. verdura e legumi, frutta e cereali integrali devono rappresentare i cibi fondamentali della dieta;
  2. inserire almeno 30 grammi al giorno di frutta secca o semi oleaginosi;
  3. inserire una fonte affidabile di vitamina B12;
  4. evitare cibi e/o integratori particolarmente ricchi di ferro e rame;
  5. evitare l’uso di pentole, antiacidi e altri prodotti che possano introdurre alluminio nella dieta;
  6. riduzione al minimo dell’assunzione di grassi saturi e trans.

Per quanto riguarda questo ultimo punto è necessario specificare che i grassi saturi sono detti anche grassi “cattivi” perché si associano al colesterolo, anche se il nostro organismo in parte ne ha bisogno. Sono di origine animale e si presentano soprattutto in forma solida (come, per esempio, nel burro) e sono, quindi, presenti in carni, insaccati, latte e derivati, panna, strutto e molluschi. Ma attenzione, anche alcuni oli vegetali come l’olio di palma e l’olio di cocco contengono grassi saturi (oltre che acidi grassi trans, che hanno un effetto simile ai grassi saturi). Un elevato consumo di questi grassi è collegato sia a una minore efficienza cognitiva, che all’aumento del rischio di contrarre disfunzioni neurologiche e altre patologie come quelle cardiovascolari.

I grassi cosiddetti “buoni” sono invece quelli insaturi, detti anche grassi essenziali, perché si assumono solo con l’alimentazione e l’organismo non è in grado di sintetizzarli. Essi sono una componente importantissima delle membrane esterne dei neuroni. La loro adeguata assunzione nel tempo garantisce l’integrità delle membrane cerebrali e permette di migliorare l’attività dei neurotrasmettitori. Sono stati anche collegati a un minore rischio di contrarre diverse patologie cerebrali che emergono durante la vecchiaia.

In sintesi, gli acidi grassi “buoni” sono:

  • i polinsaturi omega 3 contenuti soprattutto nei pesci, come salmone, sgombro, merluzzo, sardine, tonno: importantissimo per il cervello è soprattutto il DHA (acido docosaesaenoico) un componente della catena degli omega 3 che, costituisce circa il 30 % della guaina di rivestimento neuronale;
  • i polinsaturi omega 6 presenti nelle noci, nei cereali e in alcuni tipi di oli vegetali in particolare nei monosemi come mais, girasole e arachidi;
  • i monoinsaturi contenuti in grandi quantità nell’olio extravergine di oliva.

È lampante come la dieta mediterranea, di cui l’olio d’oliva è indiscusso protagonista, rispecchi pienamente tutte queste caratteristiche e non è casuale che gli studi sulle diete stile mediterraneo hanno mostrato che esse siano associate con un ridotto rischio di sviluppare problemi cognitivi di qualunque tipo in confronto con altri tipi di dieta.

Nello specifico l’azione benefica dell’olio di oliva si esplicherebbe non solo come ottimo alimento preventivo, ma anche come potenziale cura per questa patologia. All’interno dell’olio di oliva è contenuto, infatti, un fenolo chiamato “oleuropeina aglicone” dalle spiccate proprietà antiossidanti e neuro protettive. È recentissima e ha, giustamente, suscitato grande clamore una ricerca portata avanti da alcuni studiosi dell’Università di Firenze effettuata sui topi che ha permesso di riscontrare come nutrendo con oleuropeina aglicone gli animali, questi dimostravano rispetto ad altri non alimentati della stessa sostanza assenza di deficit cognitivi e condizioni protettive nei riguardi del possibile rischio del morbo d’Alzheimer.

È molto probabile che in un futuro non lontanissimo questo alimento che ha accompagnato la nostra cultura per secoli possa diventare esso stesso o comunque ispirare la cura di una delle più gravi e terribili malattie dell’era moderna.