In molti Paesi del mondo il dibattito sul diritto della donna a regolare in autonomia la propria fertilità è oggetto di conflitti.

  • Conflitto di potere uomo-donna e uomini-donne
  • Conflitto singole-società
  • Conflitto credenze religiose-conoscenza scientifica
  • Conflitto fra creazionismo e evoluzionismo.

Il diritto della donna a regolare la propria fertilità sembra essere soggetto a regole lineari, causa-effetto, dettate dalle modalità meccanicistiche, riduzioniste e semplificatrici cui sono soggetti gli appartenenti alla specie umana che vivono in questo periodo storico.

Questo è uno dei tanti problemi cruciali, apparentemente insolubili, che affliggono questo tempo: energia, ambiente, cambiamenti climatici, sicurezza alimentare e sicurezza finanziaria sono elencati da Capra e Luisi1 come problemi che non possono essere studiati separatamente, perchè sono problemi sistemici, tutti connessi e interdipendenti.

Secondo questi Autori:

Tutti questi problemi vanno considerati sfaccettature di un’unica crisi, una crisi di percezione, che deriva dal fatto che nella nostra società moderna la maggioranza delle persone e delle istituzioni sociali condividono dei concetti che fanno parte di una visione del mondo obsoleta, una percezione della realtà ormai inadeguata al nostro mondo globalmente interconnesso.

A questi problemi cruciali sono associati altri, altrettanto importanti, che riguardano settori della vita delle comunità e dei singoli:

  • il permanere di vaste sacche di ignoranza e superstizione, coltivate e propagate dalle reti sociali, fenomeno contro cui l’attuale educazione alla scienza e la scuola, privi della potenza dei nuovi mezzi di comunicazione, sembrano poter ben poco
  • le disuguaglianze economiche e sociali, in tema di diritti, istruzione e salute
  • i grandi gap tecnologici e la supremazia della tecnologia e del mercato sull’etica
  • la tendenza alla semplificazione della politica, ridotta a contrapposizioni sterili, a volte solo di facciata, solo spettacolo fra poteri ed interessi personali ai fini del mantenimento dello status quo, e non orientata a progetti per la vita sul pianeta ed il benessere dei suoi abitanti.

Il dibattito su questi ed altri temi spesso si riduce a sterile conflitto fra opinioni, lotte di potere, rottura di relazioni, odio, fino agli estremi dell’intolleranza e della violenza privata (in famiglia) o pubblica e guerre fra nazioni in conflitto. Ma si sa, il conflitto fa business.

Le guerre per lo più sono promosse attivamente dai produttori e trafficanti d’armi, come un qualsiasi materiale di consumo al solo scopo di profitto e mettono molto di più in pericolo la vita sulla Terra che la contraccezione o l’aborto, argomenti usati spesso come distraenti.

Non c’è proporzione di obiettivi fra chi si preoccupa della vita dell’umanità e della biodiversità in continuo pericolo per una guerra nucleare, per i cambiamenti climatici, per il consumo delle risorse non più rinnovabili del pianeta, per quella dei profughi che annegano nel Mediterraneo dopo essere scappati dalle condizioni invivibili che l’Occidente ha creato, per i suoi interessi, nelle loro terre d’origine e chi si preoccupa per la vita degli embrioni umani.

Il tema del potere autonomo delle donne a regolare la propria fertilità non si allontana da questo quadro di conflitti plurimi e apparentemente insanabili. Mara Selvini Palazzoli nota, in un suo famoso saggio del 19802, che “La persistenza del conflitto è funzionale al mantenimento dello status quo”.

Chi prova perciò a ragionare in un modo diverso e cercar di superare i conflitti sui quali si fonda l’esercizio dei poteri che ci circondano, gioca un ruolo di cambiamento reale, secondo Watzlawick e coll.3, un “Cambiamento 2”, e si espone al rischio reale di essere accusato ingiustamente di eresia, blasfemia, apostasia, inconsistenza scientifica, approssimazione, dilettantismo.

Chi basa il proprio supposto effimero potere sul conflitto però vive di conflitto e non può pensare di veder sminuito il proprio ruolo sociale, accademico, religioso, politico con il semplice accantonamento della propria principale fonte di potere.

Accantonare insieme i conflitti confondenti è però un’operazione vincente per far chiarezza su temi solo apparentemente irresolubili. Il diritto della donna all’autonomia nelle scelte sulla propria fertilità è la premessa per garantire il rispetto della persona umana e prevenire sopraffazione, violenza, guerra.

La visione sistemica della vita: una domanda generale

Gran parte degli argomenti di chi si oppone all’autodeterminazione della donna nel regolare la propria fertilità ha a che vedere con la difesa della vita.

Un argomento nobile che condivido totalmente, da medico obbligato al rispetto del Codice di Deontologia Medica. La vita è la meraviglia dell’Universo e va promossa e aiutata a svilupparsi. La vita va amata. Amare la vita è la premessa di questo intervento.

Che cos’è la vita?

Inviterei i lettori a definire, tutti, la vita come fenomeno evidente in voi stessi e fuori di voi, con una riflessione, un soggetto, un predicato, un complemento oggetto e qualche ulteriore frase di maggiore specificazione.

La vita è...

Nel corso della nostra storia recente documentata (circa 6000 anni nel Mediterraneo, circa 12.000 in oriente) gli esseri umani, da soli o in comunità hanno sempre riflettuto su questa domanda, e l’evoluzione del nostro pensiero ne è stata promossa, nutrita. La storia dell’Homo, sia Sapiens che di Neanderthal si estende per almeno 200.000 anni, storia di cui ignoriamo 185 mila anni. Le nostre conoscenze sono quindi troppo limitate per spendersi in giudizi affrettati. La ricerca scientifica, quella spirituale, quella filosofica partono tutte da questa domanda.

Cos’è la vita.

Spesso queste ricerche non dialogano, pretendendo di possedere un’unica propria risposta, un’unica ragione, con reciproche e incompatibili espressioni arroganti di effimera quanto granitica certezza. I conflitti derivanti non aiutano certo la specie umana nella ricerca della risposta.

Nel corso degli ultimi 50 anni si è però sviluppato un dialogo sempre più fitto fra scienziati, teologi, persone dedite a pratiche spirituali di derivazione orientale, artisti, dialogo sopravvenuto in seguito alle riflessioni degli scienziati più eminenti del secolo scorso, come Einstein, Russell, Oppenheimer, Heisemberg, emerse dopo le scoperte rivoluzionarie della fisica nucleare ed ai conseguenti gravissimi pericoli, alla fondazione della cibernetica e delle teorie contemporanee dell’informazione, agli studi sulla percezione, sulla cognizione e sulla coscienza che oggi si raggruppano sotto il vasto ombrello delle neuroscienze, alle aperture irrevocabili e tutt’ora molto contestate dalla tradizione cattolica, dal Concilio Vaticano II in su, verso il dialogo interreligioso a scopi di pace ed alla diffusione della spiritualità orientale e delle sue pratiche nel mondo occidentale, in cambio delle nuove conoscenze della scienza e della tecnologia, che hanno aperto vari e vasti spazi di comprensione reciproca, dialogo ed evoluzione comune. Globalizzazione è anche questo, non solo i suoi effetti negativi, a tratti devastanti, a tutti evidenti.

Bateson e la Teoria di Santiago

La seconda rivoluzione industriale, ha dato il via allo sviluppo di cui molti godiamo adesso, ma anche ai gravissimi cambiamenti climatici di questi tempi.

Nel secolo scorso abbiamo avuto il trionfo della scienza e della tecnologia, la Belle Epoque, le scoperte della fisica del nucleo, il volo, il jazz, due guerre mondiali con milioni di morti, gli antibiotici, la cura del diabete e della Tubercolosi, le vaccinazioni con la scomparsa del vaiolo e della poliomielite, del colera e delle altre pestilenze che mietevano innumerevoli vite, ma non della malaria e della stessa TBC - sostituite dalle malattie da sviluppo, obesità, cancro, diabete, malattie cardiovascolari, un aumento della vita media e della popolazione, passata da 2 a 7, 8 miliardi di persone… un diverso ruolo delle donne non più segregate in famiglia in ruoli subalterni, ma soggetti liberi, portatrici di diritti, lavoratrici, anche sfruttate ma capaci di autonomia economica, che la contraccezione libera dal ruolo subalterno, sessuale.

Nel mondo occidentale, di conseguenza, la natalità si riduce, permanendo molto alta nei paesi a basso reddito. I maschi bianchi si riducono a favore dei neri e, abituati alla supremazia economica e tecnologica, qui e là reagiscono male…

Subito dopo il disastro della Seconda guerra mondiale c’è stata una serie di eventi che hanno cambiato la storia della cultura occidentale, fra i quali, nel nostro specifico, le conferenze interdisciplinari Macy, tenute a New York ogni anno per una quindicina d’anni, che hanno impostato la cibernetica e ci hanno fatto entrare nell’era informatica, il Concilio Vaticano II che ha aperto la chiesa cattolica al dialogo con le altre religioni ed alla scienza e il colpo di Stato in Cile, che ha dato l’avvio, manu militari, al processo mondiale di asservimento delle popolazioni alle angherie del mercato, che ne accompagnano i (modesti?) benefici. Forse per reazione all’orrore di quel golpe, proprio nell’Università di quel Paese in lutto, si è sviluppata la Teoria di Santiago, ad opera di Humberto Maturana e Francisco Varela. Questa teoria, assieme alle ricerche di Gregory Bateson, antropologo presente nelle Conferenze Macy, ci ha staccato da una visione meccanica, riduzionista dei fenomeni della vita ad una visione sistemica della vita, dallo studio solo degli “oggetti” della vita a quello degli “oggetti” e delle loro relazioni. Questo pensiero, all’origine delle teorie dell’informazione che ci hanno cambiato (in meglio e in peggio) la vita con computer, tablet, telefoni cellulari, sta cambiando molte altre cose, in primis la definizione stessa di “vita”.

La visione sistemica della vita

La Teoria di Santiago, le ricerche avviate da Bateson, l’avvento di Papa Francesco con la sua continua proposta di rispettare il messaggio misericordioso dei vangeli e con l’enciclica Laudato Si’, per la “cura del creato”, con gli interventi del Dalai Lama sono le fonti principali di questo nuovo modo di considerare la Vita sulla Terra, rinforzato dal movimento globale di giovani e anziani contro le cause che determinano i cambiamenti climatici attivato da Greta Thunberg e i suoi amici.

L’insieme di questi elementi ci consente di poter affermare, con molte evidenze in supporto che, a livello biologico la vita è:

  • Passaggio continuo di materia ed energia attraverso un supporto strutturale e un modello organizzativo che ne caratterizza e auto-mantiene l’individualità;
  • Non localizzazione della vita in nessuna parte specifica dell’essere vivente, ma localizzazione della vita nella rete di interazioni chimiche e fisiche che avvengono di continuo nel suo confine e nel collegamento strutturale con il contesto di appartenenza;
  • Capacità dell’essere vivente di relazionarsi di continuo con il suo contesto inducendo in sé stesso modificazioni che gli consentono di cambiare in rapporto alle proprie esigenze di sopravvivenza, generando cioè delle proprietà emergenti, dei cambiamenti che gli permettono di adattarsi alle condizioni ambientali che cambiano di continuo. La vita è di per sé una proprietà emergente, una proprietà che non è presente nelle parti e si genera quando le parti stanno assieme.

Secondo Maturana e Varela l’essere vivente reagisce con l’ambiente in modo “cognitivo”, in quanto l’organismo da una parte riconosce e “crea” il proprio ambiente e a sua volta l’ambiente consente la realizzazione dell’organismo.

Secondo la Teoria di Santiago, più volte confermata con osservazioni empiriche e sperimentali, gli esseri viventi sono quindi tali perché dotati di autopoiesi e di cognizione. Un essere vivente è autopoietico perché è capace di sostenere se stesso grazie a una rete di reazioni che ne rigenerano di continuo le componenti all’interno di un confine autogenerato, come una membrana cellulare o lo strato di cute di un animale. Il prodotto di un sistema autopoietico è quindi la propria auto-organizzazione. Questo succede sia all’interno della più piccola cellula batterica che in un organismo intero e nei suoi organi: seguendo quest’evidenza è lecito affermare che la vita è “un sistema di sistemi autopoietici interconnessi”.

Questo sistema vivente, grande o piccolo, interagisce di continuo e dipende dall’ambiente circostante, scambiandosi di continuo informazioni che ne improntano la condotta, attraverso il proprio confine, la membrana cellulare o gli organi di senso a seconda delle dimensioni.

Maturana e Varela a questo proposito hanno identificato tre concetti: accoppiamento strutturale, cognizione e determinismo strutturale, concetti che ci possono aiutare a pensare meglio, ad esempio, proprio all’interazione fra la donna e il suo embrione, interazione che è il focus di questi pensieri.

Secondo la teoria dell’autopoiesi, infatti, un sistema vivente si accoppia strutturalmente, attraverso cioè interazioni ricorrenti, con il proprio ambiente, e ciascuna interazione innesca cambiamenti strutturali nel sistema: ad esempio il sistema nervoso di un organismo modifica la propria connettività a ogni percezione sensoriale.

Leggere questo mio contributo vi ha già cambiato le connessioni neuronali. Sappiatelo. Ma scrivere questo pezzo le ha già cambiate pure a me. Siamo pari. Se vi piace, interessa o appassiona, ora, avendone consapevolezza, potete scegliere se continuare o no.

Il mio obiettivo, lo ricordo, affrontando questo argomento complesso e delicato, è cercare, per la necessità di trattarlo sempre con rispetto, una via d’uscita positiva, evolutiva e pacifica ai conflitti che nascono (di regola, in base al nostro paradigma dominante, riduzionista, creazionista) quando si tratta di affermare l’autonomia della donna in età fertile (qui da noi, Italia, circa 30 dei suoi 84 anni di vita complessiva attesa) nella gestione della propria capacità riproduttiva e il suo diritto ad utilizzare, qualora non sia il caso di riprodursi per condizioni personali, sociali o ambientali, gli strumenti contraccettivi che sono oggi disponibili o, come ultima ratio, in caso di una gravidanza impossibile da portare avanti, l’IVG.

L’idea di “accoppiamento strutturale” ha cambiato radicalmente il nostro modo di pensare a come gli esseri viventi e i sistemi non viventi si comportano quando interagiscono con i propri ambienti. “Prova a prendere a calci un sasso. Su per giù sai che cosa succede. Prova adesso a prendere a calci un cane… sai prevedere quello che succederà?” è l’esempio classico….”

Determinismo strutturale non significa infatti “prevedibilità”, ma può voler dire che “i cambiamenti strutturali dello sviluppo di un essere vivente, in un dato ambiente, avvengono sempre con una “deriva” strutturale congruente con la deriva strutturale dell’ambiente”.
Legando l’idea di accoppiamento strutturale con quella di deriva strutturale si arriva al meccanismo di base dell’evoluzione.

L’adattamento, la compatibilità di un organismo con il suo ambiente è un termine correlato con l’accoppiamento strutturale … interagendo con il proprio ambiente, un organismo vivente andrà incontro a una sequenza di cambiamenti strutturali e con il passare del tempo, formerà un proprio percorso individuale di accoppiamento strutturale.

Se registriamo i precedenti cambiamenti strutturali e dunque le precedenti interazioni, possiamo affermare che tutti gli esseri viventi hanno una storia e la struttura vivente è sempre una registrazione di sviluppi precedenti. Nell’embrione animale ed in quello umano queste affermazioni sono ancor più evidenti in chiave evolutiva.

Il comportamento dei sistemi viventi è quindi determinato dalla sua struttura, si dice che è determinato strutturalmente. Ma è innescato anche da forze esterne, come succede ora con il vostro sistema nervoso che sta leggendo quest’articolo e cerca di seguirlo con attenzione più o meno determinata dal vostro stesso contesto.

Per concludere questo excursus teorico sul vivente ci manca il concetto di Cognizione.

Il lavoro di Bateson, Maturana e Varela, quelli dei loro predecessori e quello successivo anche di Capra e Luisi hanno il pregio di mettere finalmente fine alla dicotomia cartesiana fra corpo (res cogitans) e mente (res extensa), mettendo in discussione ogni tipo di dicotomia conseguente e costringendoci a cercare una modalità di comprensione della realtà non semplicisticamente dicotomica ma gradualistica, sistemica, comprendendone ed accettandone la complessità senza volerla dominare, delle semplificazioni arbitrarie, che è infatti una proposta irricevibile, sbagliata. La complessità va studiata, compresa e rispettata, non va gestita né dominata. Per definizione la complessità non si può dominare. Bisogna conviverci, al massimo le si può arrecare qualche disturbo consapevole per indirizzarla verso strade migliori.

Secondo la visione sistemica della vita, corpo e mente fanno parte dello stesso processo, corpo-mente e, in particolare, la “mente” non è più un oggetto da studiare separatamente dal corpo, ma è un processo. Del pari anche la vita e la morte fanno parte di un processo circolare vita-morte, in cui gli esseri viventi, morendo, garantiscono la sopravvivenza di altri organismi, e così via… Da questi ragionamenti è nato il concetto di “economia circolare”, in cui i residui di produzione industriale o agricola non sono “immondizia”, ma risorsa per altri comparti produttivi….

Liberarsi dalla dicotomia cartesiana sta facendo del bene quindi a tutto il nostro pensiero, alla. nostra vita, e ci consente di farlo evolvere fuori dalle gabbie meccanicistiche che hanno funzionato, anche bene per certi versi, per 300 anni.

Il concetto di “mente” è strettamente collegato inoltre a quello di cognizione, il processo della conoscenza.

l processo di conoscenza viene considerato, dagli autori della teoria di Santiago, il vero e proprio processo vitale: l’attività mentale è l’attività organizzativa dei sistemi viventi a tutti i livelli della vita. Le interazioni di un organismo vivente – vegetale, animale o umano – con il suo ambiente sono interazioni cognitive. Vita e cognizione sono collegate inseparabilmente. Si vive perché si conosce, si apprende. Si apprende, si conosce perché si vive.

Nel lungo corso dell’evoluzione la complessità delle specie è aumentata come di pari passo hanno fatto i processi cognitivi. La cognizione quindi è una nozione stratificata, la cui finezza aumenta con la crescente specializzazione dell’apparato sensoriale dell’organismo vivente, dai flagelli dei microbi all’occhio del gatto e al nostro cervello.

L’interazione dei diversi esseri viventi con il loro ambiente, anche se presenta pattern comuni di organizzazione, è mediata in ogni momento da particolari organi di senso, che sono il prodotto della loro filogenesi.

Si nota che questa è una espansione radicale del concetto di cognizione e di quello di mente…la cognizione così coinvolge l’intero processo vitale, includendo percezione, emozione e comportamento e non richiede necessariamente un cervello o un sistema nervoso.

Cognizione e coscienza

L’idea di “cognizione” ci porta a quella di “coscienza”, ritenuta una caratteristica essenziale di un essere vivente e via via attribuita, senza prove concrete, da vari autori, nel corso dei millenni, a questo o a quell’essere vivente più o meno complesso, a questo o a quel meccanismo, processo, sistema, oggetto, tanto da far sorgere recentemente una vera e propria “scienza della coscienza” ed una Fondazione, quella di Federico Faggin, inventore del microchip e del sistema touchscreen che da anni studia il concetto di coscienza con la prospettiva esplicita di accertare la possibilità-impossibiltà che i computer, che sono macchine, possano mai possedere una coscienza autonoma. La coscienza sta nel cuore? Nel cervello? Nell’ovulo o nello spermatozoo? Nella morula, nella bastula, nella gastrula, nell’embrione? Nel feto? Nel timo? Nell’aria? Nell’Universo? Ancora non lo sappiamo. E, soprattutto, che cos’è la coscienza?

La coscienza è un problema.

Prima di tutto è un problema di uso della parola, che ha una vasta gamma di significati che solo di rado corrispondono alla terminologia recente delle neuroscienze.

Le differenze di significato fra cognizione (anche definita come percezione, emozione e comportamento) e coscienza, nel senso di auto-consapevolezza, sono sfumate e variano da autore ad autore e da contesto a contesto. In linguaggio comune “consapevolezza e “coscienza” sono “il senso interiore di ciò che è giusto o sbagliato nelle proprie motivazioni o comportamenti”. Ciò è stato preso in considerazione dai filosofi nel corso dei secoli e, assieme alle sue implicazioni etiche e morali è una importante parte della religione… in francese “consapevolezza” e “coscienza” si traducono entrambe con “conscience”.

Quello che si comprende, anche grazie al grande contributo di Penrose, che ha messo insieme nel 2011 un testo aggiornato su tutti i punti di vista degli Autori di varie discipline su questo tema cruciale, è che si possono enumerare due tipi di coscienza.

Un primo tipo è la cognizione, che sembra diffusa in tutto il vivente determinandone la vita, o anche “coscienza primaria”, che emerge quando i processi cognitivi emergono da esperienze percettive, emozionali o sensoriali.

Il secondo tipo, o “coscienza di ordine elevato” si rivolge ad una consapevolezza di sé più elevata, che appartiene ad un essere che pensa e riflette.

È un’esperienza estesa di autocoscienza, identità e individualità, si basa su memorie del passato e anticipazioni del futuro e pare si limiti alle grandi scimmie (noi umani compresi, che, secondo Desmond Morris, non siamo che scimmie nude), assieme al pensiero concettuale, al linguaggio e tutte le caratteristiche che sono dispiegate nella coscienza umana… si potrebbe chiamare “coscienza riflessiva” perché la riflessione è una sua caratteristica maggiore.

Essa comporta la capacità di produrre immagini mentali e ci consente di produrre valori, credenze, obiettivi e strategie. In virtù di queste formulazioni si possono avere i fenomeni sociali, prodotti dal linguaggio che consente relazioni, organizzazione e cultura.

Mi sembra che, in estrema sintesi, ho provato a descrivere i pensieri che consentono di ragionare in chiave sistemica su Riproduzione della Donna e dell’Uomo, embrione, feto, cucciolo dell’uomo e le relative scelte.

La riproduzione della donna e dell’uomo: l’embrione, il feto, il cucciolo dell’uomo

Com’è noto la riproduzione della donna, tranne in rari casi relativi al mito dell’Eroe, diffuso in tutte le culture della Terra sotto varie forme, descritte da Joseph Campbell, nella sua opera monumentale e non confermati da evidenze, avviene con l’incontro fra uno spermatozoo prescelto - fra milioni prodotti dal maschio - dall’ovulo femminile, rilasciato dall’ovaio della donna. Ciò avviene durante o subito dopo un rapporto sessuale, molto spesso consenziente, più raramente non consenziente e/o frutto di un atto di violenza dell’uomo sulla donna.

È nel corpo/mente della donna che avviene l’incontro fra spermatozoo e ovulo, il loro viaggio dalla tuba all’utero, l’impianto nella mucosa uterina con i primi germi di placenta, la crescita dell’embrione e del feto. E la donna che partorisce ed allatta.

L’embrione e il feto sono costituiti dal loro corpo/(mente?) in evoluzione e dalla placenta, che fornisce, attraverso l‘utero materno, il nutrimento necessario a vivere, quella materia ed energia che, passando attraverso l’utero, la placenta, il cordone ombelicale e gli organi in evoluzione dell’embrione e del feto ne fanno un essere vivente, sulla base delle definizioni precedenti, sin dalle sue fasi primitive, zigote, morula, blastula, gastrula, in cui avviene la prima divisione e differenziazione cellulare.

Esponenti di alcune religioni di ceppo cristiano affermano che quel sistema di cellule totipotenti in rapida evoluzione ha diritto al completamento di questa evoluzione, l’embrione viene di fatto considerato un essere vivente ed un potenziale essere umano.

A tutti gli effetti l’embrione è pure, letteralmente, un “parassita” della donna, un essere vivente incistato nel suo utero che vive a spese del nutrimento che la donna assume dal suo ambiente. Non è colpa sua. Il fenomeno del parassitismo è stato descritto in questo modo dai biologi. Ma l’embrione è anche un essere vivente, dotato di autopoiesi e cognizione in evoluzione progressiva e in “accoppiamento strutturale” con la donna che lo contiene, e che ne costituisce l’ambiente di riferimento.

La donna, a tutti gli effetti è il contenitore dell’embrione in crescita, il suo ambiente, la sua protezione, ma la donna è anche, al tempo stesso, in accoppiamento strutturale con l’ambiente, quello famigliare, sociale, ecologico nel quale vive. Fa da barriera naturale fra i pericoli dell’ambiente e l’embrione ed è al tempo stesso ponte fra l’ambiente e l’embrione o il feto. La donna è consapevole della sua gravidanza, con vari livelli di consapevolezza dipendenti dal suo grado di istruzione e dall’ambiente nel quale vive.

La donna riceve dei segnali dall’embrione che si sviluppa al suo interno… la sua consapevolezza si nutre, come abbiamo visto, del suo passato, dal suo presente e delle proprie aspettative per il futuro. Le fasi cicliche di ovulazione, in una donna attenta ed istruita sulla propria fisiologia riproduttiva, sono non difficilmente riscontrabili nelle proprie sensazioni di cambiamento che tutte le donne consapevoli provano nel corso del ciclo.

Se ha avuto un rapporto sessuale non protetto nella possibile fase di ovulazione sa, con vari gradi di consapevolezza, quali sono i segnali che nell’immediato futuro possono significare una gravidanza.

Se da quel rapporto desidera consapevolmente un figlio sarà facile che quel rapporto sia qualcosa da ricordare con piacere, con gioia. Se invece non lo desidera il suo livello di consapevolezza le avrà consigliato di prendere delle precauzioni contraccettive.

La prima precauzione però è la scelta del partner e la costruzione di un buon rapporto di coppia… Non è una scelta facile. Non lo è mai stata per nessuno. Non ci sono formule magiche. Non ci sono regole per sempre efficaci.

Gli esseri viventi, si è visto, non possono essere costretti da regole esterne, imposte da altri a fare quello che non vogliono fare, a pensare quello che non vogliono pensare. Al massimo, per fargli cambiare idea, opinione o comportamento possono essere “disturbati”.

Ma…. ci si innamora, per fortuna, a tutte le età, una o più volte, una alla volta o più volte nello stesso tempo, sempre della stessa persona tutti i giorni o di molte persone nel corso della vita, dal suo inizio alla sua fine, seguendosi nelle rispettive evoluzioni che gli individui naturalmente hanno, e nei 30 anni fertili della donna l‘innamoramento può, a volte, portarla ad una vita sessuale con un partner fisso e/o alla generazione di figli con uno o più partner, a seconda delle occasioni, del contesto sociale, delle scelte, delle opportunità economiche e ambientali.

La seconda preoccupazione è la regolazione della fertilità. I diversi modi di prevenire una gravidanza non desiderata sono a disposizione delle donne nel mondo sviluppato ma anche nelle culture tradizionali e vengono usati correntemente da quelle che posseggono strumenti cognitivi sufficienti per garantirsi un controllo della fertilità. È noto, da dati dell’OMS, che la prevenzione della mortalità materna e neonatale dipende dal grado di istruzione delle donne. E l’istruzione delle donne il miglior strumento di pianificazione famigliare.

La terza preoccupazione della donna sono le condizioni dell’ambiente in cui vive, se è in grado di garantirle sicurezza fisica, alimentare, economica, tale da promettere una vita sana al figlio che verrà. In questo senso la donna esplora attivamente il suo ambiente, con cui è strutturalmente accoppiata. Lei sa che se l’ambiente non è sicuro (guerra in atto o in arrivo, disastri climatici ricorrenti, violenza, povertà, mancanza delle più elementari condizioni per una vita sana ed una evoluzione possibile) la nascita di un figlio potrebbe non garantire allo stesso la possibilità di vivere bene.

La responsabilità della scelta di portare avanti una gravidanza è quindi tutta della donna. Il maschio, in questa scelta, pure se socialmente dominante, è, razionalmente, secondario anche se a volte, emotivamente e dal punto di vista dell’esercizio del potere nella coppia, non è proprio così. A volte il maschio fornisce un aiuto in termini di sicurezza fisica o economica, ma con quella scusa è difficile che frequenti la sua famiglia intensivamente ma solo nei week end. E questo è uno dei motivi noti delle rotture nella coppia, un motivo socialmente, economicamente indotto.

Il benessere dell’embrione e del feto in corso di gravidanza e gli esiti del parto dipendono in massima parte dal benessere e dall’accoglienza della donna nei confronti del nuovo essere in evoluzione che sta crescendo al suo interno, benessere ed accoglienza che dipendono, a loro volta, dalle condizioni ambientali in cui vive, compreso l’aiuto che riceve dal partner maschile e dal proprio gruppo sociale di riferimento immediato.

C’è molta letteratura che identifica nell’essere umano nato in una situazione di mancata accoglienza per motivi relazionali o sociali in cui è coinvolta la donna, segnali di sofferenza, mancata crescita, carente salute mentale che ne condizionano la vita futura.

Conclusioni molto, molto preliminari

Oggi, 2019, per affrontare il tema della pianificazione famigliare, della contraccezione e della interruzione di gravidanza si dovrebbe prendere in considerazione questo quadro di riferimento sistemico/relazionale come un punto importante, ma non il solo. Un buon equilibrio fra i diritti della donna e dell’embrione dovrebbe così mettere in luce la responsabilità principale e unica della donna nel portar avanti la gravidanza, considerata come un accoppiamento strutturale doppio, della donna con l’embrione e della donna con il suo ambiente, dovrebbe far emergere il diritto della donna, quindi, come ponte fra embrione e ambiente, ambedue in evoluzione continua, a fare delle scelte responsabili anche per il proprio embrione, che può sì avere le potenzialità di essere un essere umano totipotente, ma può avere anche la possibilità di essere, a seconda delle condizioni di contesto in cui la madre o la società lo obbligheranno a nascere, una persona umana sofferente per tutta la vita.

Per questo dovrebbe essere utile sottolineare il ruolo dei servizi che la società mette a disposizione per dare una mano alla donna in gravidanza – e dopo - a portarla avanti con il massimo di sicurezza possibile, all’interno di un quadro di piena libertà di scelta della donna, nei limiti scientifici imposti dall’evoluzione del raggiungimento da parte dell’embrione, corpo-mente di un grado di coscienza tale da essere considerato, al momento della scelta della donna di interrompere la gravidanza, ancora un essere vivente indifferenziato privo dei mezzi sensoriali per provare sensazioni sgradevoli, ancora privo di una “mente” e prima che diventi un essere vivente in grado di interagire con la donna con i segnali non solo chimici ma fisici che determinano il fenomeno del “bonding”, della formazione del legame affettivo fra donna e feto e vice versa, legame che si presenta già in utero, e che si sviluppa poi in modo molto più importante dopo la nascita con lo sviluppo del corpo/mente.

Molto probabilmente il fenomeno del bonding, il legame stretto della diade madre-bambino, avviene infatti già in utero nel corso dello sviluppo del sistema nervoso del feto, con l’inizio dei movimenti fetali, e pian piano fa passare l’embrione-feto dallo stato di cognizione generale a quello di iniziale coscienza. È questo il periodo di passaggio, che corrisponde all’incirca ai 90 giorni di gravidanza previsti nella Legge italiana 194.

Le motivazioni per interromperla volontariamente dovrebbero essere solamente la decisione della donna, la sola a conoscere le condizioni ambientali in cui un suo figlio verrebbe a crescere e la sua possibile e probabile grave sofferenza fisica/mentale, che, nella prospettiva sistemica corrispondono ad una grave sofferenza globale della donna.

La scelta di garantire i diritti della vita dell’embrione prima ancora della donna che lo contiene è fuorviante e crudele nei confronti di una donna che ha subito violenza, che ha una situazione sociale, economica e di salute precaria, e che per questi motivi decide, con dolore, sempre con dolore, nei tempi più adeguati, responsabilmente, di interrompere la gravidanza.

La salvaguardia della vita è anche la salvaguardia dell’essere vivente dotato di coscienza e delle condizioni in cui quella vita si svilupperà una volta espletato il parto.

1 Capra, F., Luisi PL: Vita e Natura, una visione sistemica, Ed. Aboca, 2014.
2 Selvini-Palazzoli M et alii: Sul Fronte dell’Organizzazione, Feltrinelli 1980.
3 Watzlawick P., Fisch R. Weakland J. Change La formazione e la soluzione dei problemi. Astrolabio, 1982.