È quasi la norma una certa “incontinenza emotivo-verbale” su questo tema scottante, ma, senza farne un feticcio, in molti può fare spesso da sponda l’atarassia. Riflettiamo meno sulle presuntuose decentranti polemiche. Valutiamo, invece, cause e conseguenze reali.

Il mare, habitat di magnificenze marine, oltre ad essere ispiratore di poemi, contenitore di pensieri, musiche e faro di libertà è anche teatro di disastri ambientali di grave rilevanza. In particolare, l’evoluzione dei problemi legati al tema petrolio vede l’affermarsi di una tipologia di inquinamento particolarmente subdolo trattato solo da pochi anni e che riguarda le conseguenze dovute all’utilizzo della plastica.

Circa il 90% degli imballaggi dei prodotti alimentari è in plastica. Questo è un po' un controsenso perché l'alimento non dovrebbe esser contenuto nella plastica che è una sostanza inquinante. Negli ultimi anni, in Italia, il consumo di acqua minerale in bottiglie di plastica è cresciuto, passando da 193 a 208 litri pro-capite. Si tratta del consumo più alto in Europa e tra i maggiori nel mondo. Così come eccessivo rispetto alle altre comunità Europee è anche il consumo di sacchetti monouso all’anno, stimato di 180 bustine pro-capite in Italia, 176 Gran Bretagna, Irlanda 20 dove c’è un consumo inferiore.

La plastica la troviamo disseminata ovunque, basta camminare sulla battigia per accorgersi che una causa di inquinamento del mare è data dalle cassette di polistirolo utilizzate a bordo dei pescherecci, che, in molti casi, dopo aver fatto la cernita del prodotto, le gettano in mare. Per non parlare del grado di inquinamento determinato dalle navi da crociera. È stato calcolato che tra i rifiuti che galleggiano in mare la quantità di plastica è del 60-70% e che almeno 8 milioni di tonnellate di plastica finiscono nei mari del nostro pianeta ogni anno, come se ogni minuto per 365 giorni, un camion della spazzatura riversasse tutto il suo contenuto in acqua. In più sono stati fatti dei grandi errori per creare, con il processo del fouling, dei luoghi in cui si potesse ottenere un ripopolamento faunistico – ad esempio, dei balani, detti denti di cane - mettendo pneumatici il mare.

È il 4% dell'impiego del petrolio che viene utilizzato per la formazione della plastica, tramite composti di carbonio ed idrogeno polimerizzati, che alla fine formano delle resine sintetiche plastiche. L’inizio della produzione di questo materiale risale agli inizi del ‘900, quando si cominciavano a costruire gli apparecchi telefonici e le radio. Poi nel 1912-1913 si ottenne il pvc – cellophane. Nel 2017 è stata prodotta una quantità pari a 8,3 miliardi di tonnellate di plastica, pari a 822mila Tour Eiffel, 25mila Empire State Building e se si va avanti così nel 2050 arriveremo a 34 miliardi di tonnellate. La Cina e l'Europa sono i continenti in cui si produce più plastica. Di queste 300 milioni di tonnellate di plastica che vengono prodotte ogni anno, 1/3 viene abbandonato nell’ambiente, di cui la quantità che galleggia in mare specialmente nei grandi oceani è incredibile. Questi grandi agglomerati di rifiuti galleggiano esposti alla forza di Coriolis, che prevede un movimento della Terra da Ovest verso Est, dando un moto contrario all’acqua – ed a tutto ciò che in essa vi galleggia - da Ovest verso Est nella parte superiore del Nord mentre la parte Meridionale da Est verso Ovest. La fondazione olandese Ocean Clean Up, che studia e verifica la situazione dei mari e degli oceani, nella zona del Nord Pacifico ha trovato una quantità di rifiuti grandi quanto tre volte la Francia ed una grande quantità è formata da reti da pesca. Ma a cambiare l’ordine naturale dell’ecosistema contribuiscono anche eventi come tsunami e mareggiate che trasferiscono presso altri continenti organismi marini - che vivono ancorati sulla plastica - che vanno a essere loro stessi specie aliene.

Nel nostro Adriatico abbiamo circa 33,7 rifiuti per chilometro quadrato che causano vari danni sull'ecosistema marino come imbrigliamento ed ingestione di sacchetti di plastica confusi per meduse o calamari da animali equorei che si alimentano erroneamente di plastica, riportando all’autopsia presenza di plastica nello stomaco. Oltre la violenza sulla fauna e quella visiva, che deturpa la nostra bellezza costiera, v’è anche il problema di assorbimento nelle falde acquifere dovuto ai tempi lenti per la decomposizione di centinaia e centinaia di anni, che comporta, attualmente, una contaminazione da microfibra di plastica pari all’83% dell’acqua potabile dei cinque continenti. Inoltre gli scienziati della State University of New York hanno condotto uno studio su 159 bottiglie di acqua provenienti da diversi paesi evidenziando – con il colorante rosso nilo - la presenza di fibre di plastica dentro queste bottiglie, rilasciate dal tappo in seguito ad avvitamento e svitamento.

“La plastica è pericolosa”, afferma e spiega in varie conferenze, il Dr. Michele Troiano, Direttore del Servizio di Igiene degli Alimenti di Origine Animale ASL BARI, Macroarea Nord. Il Bisfenolo A è un tipo di plastica presente in gran parte dei materiali utilizzati per la fabbricazione e di contenitori e confezioni per alimenti e bevande. La sua presenza dovrebbe essere accertata all'interno dei barattoli di latta, poiché può creare problemi specialmente ai tessuti genitali causando femminilizzazione dei soggetti. Nei pesci maschi porta ad un comportamento sessuato indiscriminato e perdita della biodiversità. Anche gli Ftalati hanno effetti analoghi a quelli degli estrogeni. Anche questi sono presenti nella plastica e danno disturbi nello sviluppo dei genitali e nella maturazione dei testicoli. Questi sono molto frequenti nei giocattoli di plastica morbida, causano bioaccumulo nei muscoli e nel tratto intestinale di Sarda sarda, Engraullis encrasicolus, Mullus surmuletus, Meriangius meriangius. I regolamenti concernenti la registrazione, la valutazione, l’autorizzazione e la restrizione di queste sostanze chimiche sono il Reg.CE552/2009, il Reg.CE 1935/2009, il Reg.CE 143/2011 e il Reg.UE10/2011. Poi abbiamo i PFOS/PFAS, sostanze usate per rivestimenti idrorepellenti che si accumulano soprattutto negli alimenti (in particolare pesce e prodotti ittici), e melanina e formaldeide, materie prime per preparare resine utilizzate nella produzione di stoviglie da cucina e piatti di plastica, che liberandosi soprattutto con la combinazione caldo e acidità, possono indurre linfomi e leucemie. Il Polistirolo, presente in quantità incredibile nel mare, contiene lo stirene che ha una struttura simile agli estrogeni ed è potenzialmente in grado di generare interferenze ormonali. Poi abbiamo il Polietilene che avvolge tutti gli alimenti, che insieme a tutte le altre sostanze possono essere presenti nel mare.

La plastica presente nel mare col passare del tempo si sfalda e divenuta sempre più piccola può accumularsi sul fondale ed essere assunta dagli organismi marini, pesci, crostacei e molluschi. I molluschi sono enormi filtratori ed a una temperatura dell'acqua giusta per loro - né troppo calda né troppo fredda - riescono a filtrare 50-60 litri di acqua al giorno assumendo, quindi, delle microplastiche. Quando un pesce mangia la microplastica o gli rimane nell'intestino oppure entra nel tessuto muscolare entrando nella catena alimentare mediante assunzione successiva da parte dell'uomo. È stato accertato da dei ricercatori svedesi che alcune nanoparticelle di plastica riescono a superare la barriera sangue cervello entrando nel sistema ematico e creando disordini comportamentali. Nell'organismo dei pesci possono dare tossicità per accumulo a livello del fegato, abbassamento delle difese immunitarie, degenerazioni delle gonadi, ostruzione dell'intestino ed altre patologie.

Se un uomo ingerisce una quantità di 150 micrometri di particelle di plastica può avere irritazioni intestinali e problemi al sistema immunitario. Queste particelle a livello d’intestino tenue, nell' ileo, vengono inglobate per endocitosi dai macrociti – liberati dalle placche del Peyer - ed entrano nel sistema linfatico, finendo nella milza. Dalla milza possono giungere nell'intestino e arrivare a livello di fegato, dove vengono eliminate tramite le feci. Le microplastiche sono particelle di dimensioni da 0,1 a 5000 micrometri e, dato che un globulo rosso è grande 8 micrometri, queste sostanze possono viaggiare nel sistema circolatorio.

Per arginare questo inquinamento si sta cercando di limitare il quantitativo di plastica nei vari prodotti. Nel 2019 avremo lo stop della vendita dei cotton fioc, poiché non biodegradabili. Nel 2020, poi, non si potranno più usare prodotti cosmetici che contengano microplastica. La normativa del 3 agosto del 2017 n. 123 sui sacchetti di plastica non dice che queste buste sono biodegradabili, bensì che queste buste sono biodegradabili dal 2018 al 40%, dal 2020 al 50%, nel 2021 al 60%. Per biodegradabile si intende qualcosa che viene denaturato a temperature che superano i 50 gradi. Quindi questi sacchetti di plastica biodegradabile se entrano in mare non si degradano, ma vengono mineralizzati da alcuni microrganismi. Quindi bisogna sostenere l’acquisto di prodotti che provengono da materie prime biodegradabili.

L'Istituto Superiore di Sanità non è ancora attrezzato per fare verifiche degli effetti della microplastica nei nostri bacini. Perciò è fondamentale una certa responsabilità personale che vede l’educazione del singolo cittadino in primis ed una politica cittadina che miri a tutelare città legate ad una consistente tradizione marinara. Tutto il resto è pleonastico.