La Scuola di cui voglio parlare non è una Scuola fatta di banchi, registri, esami e diplomi; è una Scuola di pensiero (a cui ovviamente devono seguire le azioni) alla cui ideazione hanno contributo Slow Medicine e Complexity Institute, insieme a tante persone, di diverse professionalità, che ne hanno discusso insieme, ad Abano Terme. Essa si basa su alcuni principi generali che ci auguriamo possano dare origine ad un movimento di idee, di eventi e di professionisti al cui sviluppo sono tutti invitati.

La Scuola nasce dalla constatazione che la salute, benché sia la cosa più preziosa che abbiamo, è un concetto di cui si parla molto ma non sempre con cognizione di causa e soprattutto si fa troppo poco per ridurre l’impatto negativo che le attività umane esercitano su di essa.

Si potrebbe facilmente obiettare che basta aprire Google per constatare che il mondo trabocca di persone che hanno a cuore la nostra salute e sanno per certo come preservarla il più a lungo possibile. Peccato che i loro prodighi consigli, il più delle volte si risolvano nell’offerta d’acquisto di qualche nuovo prodotto che promette di farci star bene o nell’invito ad eseguire qualche test diagnostico, dopo averci insinuato il malefico dubbio che potremmo essere malati senza saperlo e che il nostro apparente stato di benessere potrebbe essere compromesso da qualche oscura minaccia.

Di salute ovviamente si parla nelle Scuole di medicina dove però l’interesse è concentrato soprattutto sulle malattie e il modo di curarle. Tutte cose utili, ovviamente, soprattutto quando la salute viene a mancare, ma la Scuola di cui voglio parlarvi è un’altra cosa.

Su quali presupposti si basa la scuola per la salute?

Prima di intraprendere una qualsiasi iniziativa, è buona cosa rendere espliciti i presupposti, cioè i principi generali sui quali si fonda, in modo che tutti gli interessati abbiano la possibilità di conoscerli, di discuterli, di migliorarli, di condividerli o confutarli. Tali presupposti, in modo più o meno esplicito, sono destinati a guidare lo sviluppo dell’iniziativa e ad orientare le decisioni quando si debba scegliere tra diverse opzioni. Essi sono sostanzialmente tre. Uno si riferisce ai contenuti: la salute riguarda la vita. Gli altri due sono di metodo: l’adozione di un approccio complesso e il riconoscimento del binomio interdisciplinarietà e cooperazione.

La salute riguarda la vita

Per capire di cosa stiamo parlando è necessario fare una breve premessa sul concetto di salute, la cui definizione va molto al di là di questo breve scritto. Su di essa si sono scritti fiumi di parole, ma per quanto di nostro immediato interesse ci basti ricordare che la salute è una sensazione soggettiva di benessere che emerge dall’interazione di fattori biologici, ambientali, psichici, spirituali e sociali.

L’utilizzo della parola “emerge” non è casuale. La salute infatti è l’espressione di una proprietà emergente, cioè una proprietà collettiva che non ha vita propria, non è localizzabile e non ha una definizione univoca. Essa emerge, cioè si manifesta soggettivamente come esito dell’interazione di una miriade di fattori che riguardano la vita in tutti i suoi innumerevoli aspetti. Da questo crogiuolo di relazioni, in continuo mutamento, si manifesta la sensazione soggettiva di benessere o malessere, caratterizzata da un’infinita graduazione di stati emotivi a cui per convenzione e per semplicità abbiamo dato il nome di salute.

A questo punto è naturale chiedersi: quali sono i fattori che determinano lo stato di salute?

È opinione comune che tutti gli stati di malessere (malattie) abbiano una causa biologica e possano essere affrontati dalla medicina con farmaci, procedure mediche e interventi chirurgici, ma di fatto non è così. il contributo dei fattori sociali e ambientali sul nostro stato di salute è di gran lunga preponderante ed è stimato intorno al 45-60%1.

Intendiamoci, l’apporto della medicina è essenziale per la nostra salute. La possibilità di accedere a servizi sanitari di buona qualità per tutti coloro che ne hanno bisogno è uno dei più importanti indicatori di progresso sociale e civile. Tuttavia, non dobbiamo dimenticarci che la medicina influisce sul nostro stato di salute solo per il 15-25%1. Di conseguenza per preservare la salute non possiamo limitare il nostro interesse alla medicina, dobbiamo occuparci anche d’altro.

Di che cosa, in particolare? Dobbiamo rivolgere la nostra attenzione a tutto ciò che contraddistingue la vita, dato che gran parte del nostro benessere o malessere dipende da come sono gestite le attività umane e dai nostri comportamenti, in particolare per quanto attiene:

  • Il rispetto dell’ambiente e della biodiversità
  • il modo di costruire le case e di disegnare le città
  • i modelli di produzione agricola e il modo di alimentarci
  • le diseguaglianze sociali, l’istruzione, l’occupazione
  • i modelli attraverso i quali sono impostate e gestite le organizzazioni
  • il consumismo, compreso quello sanitario
  • la capacità di gestire se stessi e le proprie emozioni

È di questo che si vuole occupare la Scuola per la salute. Ma come?

Approccio complesso: analitico e sistemico

Dal punto di vista metodologico la Scuola per la salute adotta un approccio complesso che, in estrema sintesi, significa osservare la realtà da due prospettive diverse, ma complementari: la prospettiva analitica e quella sistemica, ciascuna delle quali si avvale di un ampio patrimonio di metodi, di conoscenze e di competenze.

L’approccio analitico (meccanicistico) nasce con Galileo e Newton e costituisce il fondamento del pensiero scientifico. Esso si basa sull’idea che tutti i fenomeni sono governati da precise leggi meccaniche e che per capire il loro funzionamento è necessario analizzare i componenti di cui sono costituiti, fino a ridurli nei più minuti dettagli. Da qui il nome di riduzionismo.

Questo approccio ha conseguito straordinari risultati e ha contribuito in modo fondamentale allo sviluppo della conoscenza in ogni ambito del sapere e alla crescita del nostro benessere. Tuttavia, basta guardarsi intorno per capire che non tutti i fenomeni sono riconducibili alle proprietà degli elementi da cui traggono origine. Un neurone da solo non pensa. Il pensiero non si può ricostruire analizzando il funzionamento dei singoli neuroni, perché non è una proprietà individuale ma nasce dalla loro interazione. Se si altera o si rompe la struttura che li connette e che consente loro di scambiarsi informazioni scompare immediatamente anche l’effetto.

Il pensiero, quindi, non è localizzabile e non è riconducibile alle proprietà degli elementi da cui emerge. Anche la più dettagliata conoscenza delle sinapsi non ci aiuta a capire i disturbi mentali e viceversa la psicoterapia non può essere utilizzata per spiegare il funzionamento dei neuroni. I disturbi mentali non violano le leggi della chimica, della fisica e della biologia ma non si possono spiegare con esse. Sono aspetti irriducibili della medesima realtà.

Acquisire una visione sistemica della vita significa rendersi conto che la realtà non si può conoscere limitandoci a studiare le proprietà degli elementi di cui è costituita. Come ci ricorda Pierluigi Luisi, “sta diventando sempre più evidente che i problemi della nostra epoca - energia, ambiente, cambiamento climatico, sicurezza alimentare, sicurezza finanziaria - non possono essere studiati e capiti separatamente, in quanto sono problemi sistemici, vale a dire sono tutti interconnessi e interdipendenti”2.

Ciò che conta non sono gli oggetti ma le infinite configurazioni che descrivono le loro interazioni e che definiscono i sistemi. Quello che vediamo non è che “la rappresentazione mentale di un mondo dietro il quale si nasconde una realtà misteriosa e intangibile: la colla che tiene insieme le stelle e gli anemoni di mare, le foreste di sequoie, le commissioni e le istituzioni umane”3.

Ecco, quindi, che per percepire la realtà e con essa la salute, abbiamo bisogno di utilizzare una duplice prospettiva: analitica e sistemica.

Allineare scienza e umanesimo

In ambito sanitario l’approccio analitico si prende cura degli aspetti biologici della malattia, si serve della tecnologia, promuove la specializzazione e cerca di massimizzare l’efficienza, i tempi e i costi dei trattamenti. I problemi di salute sono affrontati uno per volta, in occasione di episodi acuti di malattia e in ambienti controllati, dove il paziente è isolato dal contesto familiare e sociale. Questo tipo di medicina ha conseguito successi eccezionali che ci consentono di vivere meglio e più a lungo e certamente, ognuno di noi, in caso di bisogno, vorrebbe essere trattato dal miglior specialista, nel modo più scrupoloso possibile e in un ospedale dotato delle tecnologie più innovative.

Tuttavia, questo tipo di approccio non è adatto per tutti i problemi di salute. Per esempio, il luogo migliore per assistere i pazienti affetti da patologie croniche non è l’ospedale ma il proprio domicilio. In questi casi, infatti, il contesto familiare e sociale di riferimento, l’empatia, l’ascolto, il rispetto dei desideri e delle aspettative, la condivisione delle paure e dei dubbi della persona, sono ingredienti essenziali della cura, molto più importanti di ogni altra cosa. “… Per Ivan Ilijc una sola cosa era importante: il suo caso era pericoloso o no? Ma il dottore non si preoccupava di questa insignificante questione. Dal punto di vista del dottore questa questione era oziosa e non doveva essere sottoposta a giudizio: importava soltanto l'esame delle diverse ipotesi: si trattava di rene mobile, di catarro cronico o di malattia dell'intestino cieco? Non si faceva questione della vita di Ivan Ilijc, ma c'era discussione fra il rene mobile e l'intestino cieco”4.

Interdisciplinarietà e cooperazione

Il terzo presupposto è rappresentato dal binomio interdisciplinarietà e cooperazione.

La spinta verso la specializzazione, lo sviluppo di nuove competenze e l’acquisizione di particolari abilità è un fenomeno irrinunciabile nel percorso di sviluppo dei sistemi evolutivi biologici e culturali.

In natura, l’acquisizione di nuove competenze specialistiche da parte di un elemento del sistema si accompagna sempre alla sua integrazione, alla cooperazione e alla rinuncia di alcuni gradi di libertà. In questo senso, gli organismi viventi pluricellulari (piante o animali) possono essere considerati degli aggregati di miliardi di cellule che nel corso dell’evoluzione si sono specializzate per assolvere specifiche funzioni e hanno imparato a delegare competenze e ad agire in perfetta sintonia per garantirsi l’esistenza.

Così, anche nelle organizzazioni sociali, alla specializzazione deve sempre seguire l’integrazione dei saperi e la cooperazione tra le parti, affinché l’attenzione esasperata sui dettagli non produca effetti deleteri sull’economia generale del sistema.

Gli esperti rappresentano un importante fattore di innovazione e di crescita per le organizzazioni sociali ma più cresce la loro specializzazione più diventano fragili, più necessitano di supporto e più sono esposti alle turbolenze e alle imprevedibili variazioni del sistema a cui appartengono. Per avere successo, quindi, bisogna saper comunicare, condividere i saperi, imparare l’uno dall’altro e convogliare la creatività verso la cooperazione e la realizzazione di obiettivi comuni e condivisi. “La cooperazione è l’architetto della complessità vivente”, ci ricorda Martin Nowak5.

La Scuola per la salute si propone di valorizzare le competenze specialistiche, entro un clima di cooperazione e di collaborazione interdisciplinare e interprofessionale.

Non ci resta che provare

Certo, realizzare una Scuola per la salute non è un compito facile, gli ostacoli sono molti, la sensibilità è ancora modesta e gli interessi in gioco sono potenti e spesso contrapposti. Comunque, la strada è tracciata e noi ci crediamo!

1 Donkin A, Goldblatt P, Allen J, et al: Global action on the social determinants of health. BMJ Glob Health 2017;3: e000603. doi:10.1136/bmjgh-2017-000603.
2 Capra F, Luisi P: Vita e natura: una visione sistemica. Aboca 2014.
3 Bateson G: Mente e natura. Adelphi Edizioni 1984.
4 Lev Nikolaevic Tolstoj: La morte di Ivan Ilijc.
5 Nowak Martin: Supercooperatori. Codice Edizioni, Torini, 2012.