Uno dei problemi nella valutazione dei cambiamenti climatici è dovuta al fatto che il pianeta non si sta riscaldando in modo omogeneo e questo riscaldamento non avviene con gli stessi tempi in tutto il mondo. Ciò significa che è necessario effettuare molte misurazioni nel corso di anni per poter condurre analisi statistiche ed esse non riguardano semplicemente le temperature ma in generale i fenomeni meteorologici. Un tipo di valutazione è stato riportato in un articolo pubblicato sulla rivista Nature Communications con la prima analisi globale delle ondate di caldo che ci sono state a livello regionale, che stanno aumentato di frequenza e durata dagli anni '50 del XX secolo.

Una situazione particolarmente difficile è quella dell'Antartide e a questo riguardo un articolo pubblicato sulla rivista Nature Climate Change riporta uno studio che indica che l'area del Polo Sud si sta scaldando a una media tre volte maggiore rispetto a quella globale. In generale, secondo un articolo pubblicato sulla rivista Scientific Data, negli ultimi 150 anni il riscaldamento globale ha più che compensato il raffreddamento avvenuto negli ultimi sei millenni.

La ricerca pubblicata su Nature Communications ha come prima autrice la dottoressa Sarah Perkins Kirkpatrick del Centre of Excellence for Climate Extremes (CLEX) dell'Australian Research Council (ARC). Il CLEX è un consorzio di cinque università australiane e una rete di organizzazioni nazionali e internazionali che studiano la variabilità climatica con le sue conseguenze, anche per quanto riguarda eventi estremi. Coautrice dell'articolo è Sophie C. Lewis dell'Università del Nuovo Galles del Sud di Canberra, in Australia.

I dati disponibili hanno permesso di ricostruire le tendenze a lungo termine a partire dagli anni '50 del XX secolo. In diverse aree del mondo la situazione è cambiata in modo diverso. Certe aree hanno visto una crescita maggiore di ondate di caldo come, ad esempio, l'area del Mediterraneo, dove quelle ondate si sono allungate mediamente di due giorni circa ogni decennio. La media è ancor più elevata a partire dagli anni '80.

Il team che ha condotto la ricerca pubblicata su Nature Climate Change è stato guidato dal professor Ryan Fogt dell'Università dell'Ohio e da Kyle Clem, all'epoca studente sotto Fogt. Il clima antartico è complesso perché l'Antartide è un continente vasto e, nonostante possa sembrare solo un luogo coperto di ghiaccio, mostra differenze climatiche. Ciò significa che vi sono cambiamenti notevoli nelle temperature nel corso dell'anno e che ciò avviene in modo diverso tra varie regioni antartiche.

L'area attorno al Polo Sud geografico aveva subito un raffreddamento nei decenni scorsi ma dopo gli anni '80 del XX secolo quella tendenza si è invertita. Le misurazioni condotte nel corso del tempo indicano che tra il 1989 e il 2018 c'è stato un aumento della temperatura media di 1,8 °C, il triplo rispetto all'aumento globale.

L'analisi di dati a livello globale indica che il Polo Sud sta ricevendo più calore grazie ai venti caldi che arrivano dall'Oceano Atlantico del Sud. Negli ultimi decenni quei venti si dirigono maggiormente verso l'Antartide, arrivando fino all'area polare, rispetto ai decenni precedenti. Gli autori della ricerca non hanno certezze riguardo alle cause dei cambiamenti atmosferici dietro a questo fenomeno, che meritano ulteriori studi.

La ricerca pubblicata su Scientific Data ha come primo autore il professor Nicholas McKay della Northern Arizona University. Essa è partita dalle ricostruzioni delle temperature esistenti negli ultimi 6.500 anni, che indicano che per almeno un millennio c'era stato un raffreddamento globale. La ricostruzione paleoclimatica è stata pubblicata alcuni mesi e alcuni membri del team, incluso McKay, l'hanno usata per analizzare i cambiamenti degli ultimi 150 anni. I risultati indicano che il riscaldamento globale avvenuto in quest'ultimo periodo ha superato il raffreddamento dei millenni precedenti.

I dati paleoclimatici indicano che ci furono temperature medie globali superiori a quelle attuali circa 125.000 anni fa, quando il livello dei mari era mediamente circa 6 metri più alto di quello attuale. In sostanza, se il riscaldamento continuerà così, nel prossimo futuro i livelli dei mari aumenteranno al punto da modificare in modo significativo le coste.

Queste sono tre delle più recenti ricerche pubblicate riguardanti i cambiamenti climatici. Negli ultimi anni ne stanno uscendo in continuazione, con la conseguenza che i dati raccolti e le loro analisi sono in costante aumento. Tutto ciò però sarà inutile se il risultato sarà solo guardare la prossima estinzione di massa che si consumerà a causa della combinazione tra questi cambiamenti climatici e i vari tipi di inquinamento per i quali nessuno può inventare spiegazioni alternative all'operato umano.