Si definisce “rusticità” la capacità delle piante di resistere al freddo, condizione fondamentale nella loro scelta, in base alle condizioni pedoclimatiche del luogo in cui si intende piantarle. Per convenzione si definiscono ultra-rustiche quelle che resistono a temperature inferiori a -25/-30 °C; molto rustiche le piante che resistono a gelate fino a -15°/-20 °C; rustiche quelle che accettano senza problemi i -5/-7 °C; semi-rustiche quelle che sopravvivono solo fino a 0 °C; delicate le piante che richiedono almeno +3/+5 °C; e molto delicate quelle che necessitano di almeno +10/+15 °C. La risposta di ciascuna specie, varietà e anche singola pianta al freddo, tuttavia dipende, oltre che da questa resistenza intrinseca, legata ai luoghi di origine di ciascuna specie, da tanti altri fattori e dalle loro interazioni.

  • Età della pianta: le piante più giovani sono più tenere e quindi meno rustiche.
  • Stadio vegetativo: le piante in vegetazione sono meno rustiche di quelle in riposo, e in particolare quando stanno emettendo le prime foglioline o i fiori.
  • Esposizione, ventosità, presenza di muri o altri ripari: al sole la rusticità è maggiore rispetto all’ombra; il vento freddo accentua i danni del gelo, sia prosciugando sia ferendo i tessuti; muri o altri ripari creano microclimi più favorevoli nei quali la temperatura è di qualche grado superiore, sufficiente a non far soffrire la pianta.
  • Caratteristiche del terreno: la resistenza al freddo è maggiore nei terreni leggeri e molto drenati, quali quelli sabbiosi e ghiaiosi, che in quelli pesanti o mal drenati. Nei primi, infatti, più arieggiati, l’aria fa da isolante termico, mentre nei secondi l’acqua trattenuta raffredda il terreno e, se ghiaccia, danneggia le radici.
  • Momento, durata, frequenza, intensità di una gelata: gli abbassamenti improvvisi di temperatura sono più pericolosi di quelli graduali. Le gelate relativamente leggere ma prolungate sono più pericolose di quelle intense ma fugaci. Le gelate precoci che arrivano dopo un autunno molto mite e prolungato, come avvenne qualche anno fa, sono dannosissime perché colpiscono le piante quando sono ancora in vegetazione e non preparate all’arrivo del gelo. La pioggia fredda può ridurre la rusticità di certe piante, come succulente e cactacee, nonché di alcuni bulbi, tuberi e radici tuberosi (per esempio le dalie), perché, colpendoli mentre sono in riposo, li fanno marcire.
  • Temperature estive: le estati lunghe e calde rendono le piante più rustiche rispetto alle stesse coltivare n climi più umidi e/o con estati più brevi e fredde, perché le prime consentono loro di indurire di più i tessuti. Gli oleandri, per esempi, da noi sono decisamente rustici (la specie originaria a fiore rosso in particolare) e vengono coltivati anche in zone pedemontane, mentre in Inghilterra, dalle estati rinomatamente brevi e piovose, sono considerati delicati.
  • Modalità di coltivazione (concimazioni e irrigazioni): le piante molto concimate, soprattutto con azoto, e bagnate presentano tessuti più teneri e quindi più sensibili al gelo rispetto a quelli indurite da un po’ di fame e sete.

Alla luce di queste considerazioni, non rimane che assecondare le esigenze delle nostre piante e seguire con un po’ di attenzione l’andamento stagionale, tenendo tuttavia conto che, per alcune specie in particolare, una gelata un po’ troppo intensa per le loro possibilità si traduce di fatto nella perdita della parte aerea, che “brucia” e secca, ma in primavera sono in grado di ricacciare nuova vegetazione.

In base alla rusticità delle piante in questione, al clima e alla situazione in cui ci trova, può quindi essere necessario proteggere dal gelo le nostre beniamine. Se sono coltivate in vaso, la cosa migliore sarebbe ritirarle in un luogo apposito, riparato ma non troppo riscaldato, molto luminoso: una limonaia, come si usava una volta, una veranda, un androne o una scala condominiale illuminati da grandi vetrate, una stanza della casa fresca e luminosa, collocandole lontano da termosifoni, che asciugano troppo l’aria.

In mancanza del luogo adatto, non rimane che lasciarle all’aperto, addossandole contro un muro bene esposto, sollevando i vasi dal pavimento mediante gli appositi piedini o mattoni, e infine pacciamando la base con foglie secche o compost e coprendo contenitori e chiome con tessuto-non tessuto, stuoie, paglia. Allo stesso tipo di protezione si può ricorrere per coprire le piante in piena terra: si costruisce intorno a loro una struttura portante, a mo’ di tenda indiana, capannina o tunnel, utilizzando bastoncini di bambù, listelli di legno, filo di ferro (per esempio, modificando gli attaccapanni forniti dalla lavanderia) da conficcare nel terreno o nel vaso, quindi se necessario legandoli insieme all’apice, e infine appoggiandovi sopra un telo di plastica trasparente, di tessuto-non tessuto o una o più stuoie, da fissare alla base con sassi o legacci vari. In commercio si trovano ripari di varie fogge e dimensioni già pronti, a cominciare dai cilindri o cappucci di tessuto-non tessuto, da infilare sull’arbusto o alberello dall’alto, fino a vere e proprie piccole serre mobili, ma talvolta può risultare più pratico realizzarli da sé.

Tra i sistemi di protezione a parer mio più interessanti, perché piacevoli da vedersi (al contrario degli altri), sono i cilindri di rete metallica, da conficcare nel terreno sopra la pianta, e poi riempire con uno strato molto alto (anche 50-100 centimetri) di foglie secche. Un metodo antico e molto efficace, indicato per le perenni, dopo averle tagliate alla base, per gli arbusti e perfino per qualche albero di taglia ridotta, come ho avuto modo di osservare in inverno nell’Orto botanico di Vienna, dove le gabbie di rete sono utilizzate per proteggere perfino un grosso fico, avvolgendone tronco e inizio della chioma. Per maggiore sicurezza ed evitare che il vento disperda parte delle foglie, si può anche coprirle con un coperchio di metallo o legno.

Un’altra tecnica che vedo comunemente utilizzata sulle montagne svizzere riguarda invece la protezione dalla neve. Dove quest’ultima cade abbondante e permane a lungo, infatti, il suo peso finirebbe per schiacciare e danneggiare le chiome delle piante legnose, per quanto rustiche. Quindi, prima che inizi a nevicare, affrettiamoci a legare le chiome degli arbusti e dei piccoli alberi: le modalità tecniche variano con le dimensioni delle piante, il tipo di ramificazione e la flessibilità dei rami, come, per esempio, potete osservare in Engadina, Svizzera, luogo molto nevoso e gelido.