Certo, le scimmie non parlano, ma possono manifestare un’infinità di comportamenti le cui origini sono molto lontane, a cui noi esseri umani siamo però particolarmente legati. Le scimmie sono apparse sulla Terra milioni di anni fa (lo scimpanzé circa 7 milioni di anni fa), mentre l’uomo lo è da poco più di 150mila anni, ma non abbiamo nessuna altro punto di riferimento più prossimo in natura. Le dobbiamo considerare come le nostre cugine più prossime nel vero senso del termine.

Con esse abbiamo in comune molte affinità. Se vogliamo trovare delle spiegazioni sulla manifestazione di molti comportamenti umani a volte inspiegabili, dobbiamo riferirci a loro. Dopo tutto, l’unica cosa che ci distingue da loro è il linguaggio articolato, anche se, a dire il vero, alcuni scimpanzé sono stati capaci di acquisire il linguaggio dei segni umano, precisamente l’American Sign Language e di comunicare con l’istruttore che glielo ha insegnato. Ovviamente non riescono a farlo come un sordomuto umano, ma riescono a comunicare il loro pensiero abbastanza bene. Giunti a un certo punto della nostra evoluzione, abbiamo sviluppato il linguaggio, loro no: una forma di comunicazione che ha arricchito la nostra cultura, anche se questo non vuol dire che le scimmie non siano animali culturali. Lo sono anche loro, anche se molti credono che il pensiero sia legato principalmente al linguaggio articolato, ma in verità non è così.

Le scimmie hanno delle sensibilità veramente sorprendenti, tanto che provano il senso del distacco per la morte di un individuo cui erano affettivamente legate, come per esempio una madre e un figlio1. Questo vuol dire che non sono prive di coscienza, anche se rimane ancora da chiarire che cosa sia veramente la coscienza2. Per questo non dobbiamo meravigliarci, perché fino a quando non conosceremo come funziona il nostro cervello nella sua totalità, non sapremo mai spiegare non solo la coscienza, ma nemmeno il pensiero o il giudizio morale o altro di questo genere. Allora tutto ciò che è coscienza o pensiero o giudizio morale per un essere umano lo deve essere anche per uno scimpanzé o per un’altra scimmia.

Nelle scimmie i rapporti affettivi tra madre e figli sono solidi e rimangono stabili per tutta la vita. I piccoli rimangono attaccati alla figura materna per sempre e le loro reazioni di fronte alla morte di uno dei due sono simili a quelle umane. Nelle scimmie quando un piccolo perde la propria madre non perde istantaneamente il suo attaccamento per lei. Rimane legato alla figura materna per molto tempo e se qualcuno non si prende cura di lui, può andare in depressione, avvilirsi e morire di inedia. Però, nelle scimmie, in queste situazioni, c’è sempre qualcuno, una zia, o una sorella più grande, che si prende cura di lui quando è ancora in tenera età e prima che sia già stato svezzato. Lo cura, lo protegge come se fosse la vera madre. Per quanto riguarda l’attaccamento, il fenomeno può essere osservato anche dal lato opposto, cioè quando a morire non è la mamma, ma la prole. Ci sono stati dei casi, nelle scimmie rhesus (Macaca mulatta), ma non solo, in cui una mamma che aveva appena partorito un figlio morto, lo ha tenuto a sé, tra le braccia, per più di una settimana. Lo ha accudito e curato, cercando anche di allattarlo, fino all’esaurimento delle forze, fino a quando, forse coscientemente, ha realizzato che non si poteva fare più niente per lui.

Le scimmie hanno un’attività sessuale ciclica, cioè quando le femmine vanno in calore, ma a questo c’è un’eccezione rappresentata da uno scimpanzé, il Bonobo, che manifesta il comportamento sessuale non solo all’interno del ciclo riproduttivo, ma per tutto l’anno, come noi esseri umani.

La società nelle scimmie è regolamentata da una distribuzione gerarchica molto rigida, con dei leader maschi al comando e un insieme di femmine che costituiscono il loro harem. Nonostante ciò, le femmine sono capaci di distinguere un maschio dall’altro in funzione della qualità riproduttiva del loro liquido seminale. Anch’esse, come le donne, hanno degli strumenti che consentono loro di fare questa valutazione, in base alla forza fisica del maschio, al suo aspetto, al suo carattere, al suo senso di sicurezza eccetera.

Allora, per avvicinarsi il più possibile a queste nostre cugine abbiamo preso in considerazione alcuni fenomeni che abbiamo osservato nelle loro comunità, perché tutte le scimmie, salvo rare eccezioni, sono animali molto sociali e vivono in gruppi, più o meno allargati.

Manifestano sentimenti vendicativi verso gli individui che hanno fatto loro un torto. Covano vendetta, come farebbe un essere umano. Si ricordano dei fatti e delle circostanze in cui si sono manifestati questi comportamenti in cui sono state violentemente sottomesse e umiliate. Negli sconvolgimenti sociali, come nella sovversione delle vecchie leadership queste cose capitano spesso, come spesso usano violenza verso i piccoli indesiderati o handicappati.

Le scimmie sanno attribuire stati mentali agli altri individui e in funzione di questa abilità cognitiva architettano inganni e contro inganni per ristabilire un ordine, per difendersi. Sanno essere anche gelose delle loro rivali, soprattutto durante le attività riproduttive. La gelosia può condurre a scontri molto violenti tra le femmine, anche se non sono mai mortali. La gelosia è comunque una manifestazione che a volte è indispensabile per il mantenimento di una relazione sessuale di coppia, come nell’uomo. E quindi non deve sorprenderci che anche le scimmie possano provarla. Le scimmie sanno essere anche molto violente sia con se stesse sia con gli altri. Con se stesse, nel senso che quando vivono stati depressivi molto forti, quando vengono relegate dall’uomo in cattività, possono manifestare forme di autolesionismo che possono condurle alla morte.

Le scimmie non sono solo questo che già di per sé sa tanto di umano, ma manifestano anche comportamenti culturali molto sorprendenti. Esse infatti progrediscono con la tecnologia e quindi con l’uso degli strumenti che costruiscono con le loro mani, come bastoni o ramoscelli che infilano nei termitai per estrarre le termiti, allo scopo di alimentarsi più velocemente e più proficuamente di questi insetti di cui vanno molto ghiotte. Nell’alimentazione sono talmente sofisticate che sanno riconoscere il valore terapeutico di alcune piante che si trovano nel loro territorio, piante che producono antibiotici naturali, utili per lenire i dolori addominali, nausea e diarrea. Hanno, in sostanza, una loro farmacologia molto sofisticata e inimmaginabile fino a quando è stata scoperta poco tempo fa dai ricercatori.

Le scimmie spesso manifestano dei comportamenti inaspettati, anche se non rappresentano la regola. L’omosessualità sia maschile sia femminile è stata, infatti, riscontrata in diverse circostanze, anche se in quasi tutti questi casi si tratta più di una strategia sociale e culturale che di una condizione esistenziale come nell’uomo, perché è ovvio che omosessuali non si nasce, ma lo si diventa.

In un momento come questo, in piena pandemia da Coronavirus, si doveva trovare un capro espiatorio e chi meglio delle scimmie poteva esserlo? Sono state tacciate, in diverse circostanze, anche da insigni scienziati, di essere state “untori”, quando sappiamo che le ragioni della diminuzione delle nostre difese immunitarie possono e devono essere ricercate altrove, per esempio nell’inquinamento e nelle condizioni in cui abbiamo ridotto il nostro Pianeta, come più volte ha ribadito una grande Primatologa che di scimmie se ne intende, cioè Jane Goodall3. Questa volta però la sorte ha aiutato le nostre scimmie. Gli untori sembra che non siano loro, forse sono dei pipistrelli o chissà quale altro animale.

È inoltre frequente utilizzare l’immagine della scimmia, ma anche di altri animali, come l’asino, per umiliare l’uomo, o meglio qualcuno da mettere in ridicolo. Quante volte abbiamo detto a un amico di scuola: sei un asino o ti comporti come una bertuccia o un babbuino? Troppe volte lo abbiamo detto e troppo spesso sfruttiamo questi animali per un’infinità di scopi diversi.

L’uomo pur di non accettare il lato più oscuro della sua personalità ha responsabilizzato gli animali, quando loro non c’entrano niente.

Nascondendoci dietro a un dito, abbiamo sempre negato raffinati stermini di massa di un’infinità di animali. In questa lista dobbiamo includere, purtroppo, molte specie di scimmie che sono state “sacrificate” a migliaia per la ricerca scientifica che comunque fino a oggi non ha portato quasi a niente. Sarebbe molto meglio svolgere la ricerca in vitro, ma non si fa. Costa troppo, è troppo lunga e quindi è meglio uccidere. Senza considerare che a scopi speculativi e di profitto abbiamo distrutto l’ambiente delle scimmie e abbiamo incendiato le loro foreste. Molte, purtroppo, sono in via di estinzione e quando non ci saranno più verrà a mancare l’unico anello che ci congiunge al mondo degli animali e della natura tutta.

1 Tartabini, A. 2017. Il senso del distacco negli animali: L’esempio delle scimmie. In: Il senso della morte negli animali (a cura di R. Caccavari). Parma, Toriazzi Editore, pp.: 11-29.
2 Tartabini, A. 2020. La coscienza negli animali. Milano, Mimesis Edizioni.
3 Goodall, J. 1986. The chimpanzees og Gombe: Patterns of behaviours. Cambridge, MA., Harvard University Press.