Cosa esiste dietro le porte della realtà? O di quella che noi percepiamo come realtà? In quanti stati vive la nostra coscienza, che possono essere indentificati e studiati scientificamente? A questi e a molti altri interrogativi sta cercando di dare risposta Luciano Pederzoli, fondatore di EvanLab di Firenze, laboratorio di ricerca sugli stati di coscienza, esperienze fuori dal corpo, ipnosi regressive, trasmissione a distanza del pensiero verso dispositivi tecnologici e persone e molto altro. Un lungo e meticoloso lavoro che Pederzoli, che nasce come ingegnere, ha condotto insieme al prof. Patrizio Tressoldi dello Science of Consciousness Research Group, Studium Patavinum, Università di Padova.

“Dopo aver dimostrato la possibilità di controllare l’OBE (Out of Body Experience) – spiega Pederzoli – tramite suggestione ipnotica, abbiamo approfondito la conoscenza di questo genere di esperienza realizzando moltissime OBE con soggetti diversi, tutti particolarmente dotati, e con alcuni di loro l’esperienza è stata ripetuta molte volte, tanto da sommare fino ad oltre 50 ore di OBE con il medesimo soggetto. Questo ci ha permesso di definire bene non solo le tecniche di induzione, ma anche le reazioni standard e le modalità per aggirare paure ed ostacoli”.

In uno studio ponderoso pubblicato da Pederzoli e Tressoldi, è stata spiegata in tutti i suoi passi l’esperienza di uscita dal corpo attraverso l’ipnosi. È stata descritta l’induzione, l’addestramento di primo livello all’OBE e poi quello ad un livello più elevato, con tutti gli accorgimenti che possono facilitare l’acquisizione della padronanza di questo stato di coscienza”. L’esperienza di uscita dal corpo è stata raccontata in molti casi di stati di premorte - le cosiddette NDE - ma anche in soggetti in meditazione profonda, che hanno raccontato di avere visto il proprio corpo dall’esterno e di avere vissuto l’esperienza di veri e propri viaggi astrali. In particolari nell’esperienza di premorte è ampia la letteratura in cui soggetti, deceduti per qualche minuto, abbiano raccontato di avere visto il proprio corpo dall’alto e di avere potuto successivamente raccontare dettagli che non avrebbero potuto conoscerete di interventi da parte di personale medico sul loro corpo. Il tutto con precise indicazioni e frasi pronunciate mentre erano completamente incoscienti a causa di arresto cardiaco o trauma cranico con morte cerebrale.

“Con questa tipologia di studio – racconta Pederzoli – abbiamo voluto, attraverso l’ipnosi, favorire un distacco dolce della coscienza dal corpo, il tutto in modo controllato. La possibilità di controllare questo stato ci ha consentito di effettuare misurazioni a livello cerebrale, potendo così osservare che l’OBE favorisce il passaggio in onde Delta e Theta, uno stato che permette la modificazione della coscienza”.

Pederzoli ha una lunga esperienza di ipnotista, ma è risaputo che non tutte le persone sono potenzialmente dei soggetti adatti all’ipnosi. “Indurre uno stato di coscienza fuori del corpo, o sinteticamente una OBE (Out of Body Experience), tramite suggestioni ipnotiche richiede, oltre che una buona esperienza come ipnotista, delle particolari attenzioni per favorirla e renderla piacevole per i partecipanti. Come per tutte le suggestioni ipnotiche, non è l’ipnotista che provoca quanto suggerito, ma è il soggetto stesso che lo realizza. Sarà pertanto meglio chiamare l’ipnotista “conduttore” e l’ipnotizzato “viaggiatore”, visto che l’OBE è un viaggio fuori dal corpo”.

Ma le sorprese durante il viaggio fuori dal corpo sono moltissime, come si può leggere nello studio di Pederzoli. Dalla visione del proprio corpo che si moltiplica per tre: corpo fisico, sottile e psichico, all’addestramento condotto dall’ipnotista all’attraversamento di muri, porte, oggetti. Fino alla visione di luoghi in cui non si è mai stati e che, una volta verificati puntualmente, possono anche corrispondere al racconto fatto dal “viaggiatore” sotto ipnosi. Ci sono stati soggetti che hanno identificato una stazione ferroviaria con tanto di cartello che identifica la città, ma la descrizione fatta rivelava una situazione afferente al passato, per architettura, abbigliamento dei passeggeri e tipologia di convogli.

“Ciò che sconcerta maggiormente chi non ha l’abitudine all’OBE – sottolinea lo studioso – è il fatto che, in quello stato, la realtà è molto diversa da quella abituale e sembra corrispondere molto bene a quella di uno spazio con quattro dimensioni e di un tempo che si può percorrere in ambedue i sensi. Si tratta di una situazione a cui non si è per nulla abituati e quindi può risultare di difficile o impossibile gestione da parte di chi non ne sa nulla. Uno spazio quadridimensionale, unito ad un tempo bidirezionale, offre l’opportunità di capire l’origine di diverse prerogative della mente umana considerate finora insolite, perché non ancora inquadrate in una cornice teorica”. Tra queste prerogative Pederzoli nel suo studio cita la preveggenza, la visione a distanza e la chiaroveggenza.

“Mentre si tenta di andare in un particolare momento temporale – osserva – a parte la difficoltà di rimanere nella realtà tridimensionale che si vuole prendere in esame, in OBE si aggiunge quello che si può definire ‘il problema del futuro’. Mentre infatti, in una determinata realtà tridimensionale, il passato è uno solo ed è solamente difficile ‘leggerlo’ in modo oggettivo, perché è necessario eliminare in precedenza ogni forma di condizionamento preconcetto, quando si accede al futuro la situazione si presenta come se ci fosse un numero enorme di futuri, più o meno probabili, per di più con alcuni avvenimenti che sembrano ‘inevitabili’”.