Un interrogativo che potremmo definire ontologico, una domanda strutturale per ogni essere umano di fronte alla quale le risposte sono sempre state molteplici e mai definitive. Che cos’è il tempo, dunque? Chi sa dare una risposta chiara e conclusiva? Potrebbe essere necessaria una vita, molte vite, per poter addivenire ad una definizione che definizione non sarà mai e tanto meno definitiva.

Seguendo quanto riporta l’enciclopedia, il tempo è l’intuizione e rappresentazione della modalità con cui i singoli eventi si susseguono e sono in rapporto l’uno con l’altro (per cui essi avvengono prima, dopo o durante altri eventi), vista o come fattore che trascina l’evoluzione delle cose (lo scorrere del tempo) o come scansione ciclica e periodica, a seconda che si enfatizzino l’irreversibilità delle vicende umane o il ricorrere degli eventi astronomici; tale intuizione è condizionata da fattori ambientali (i cicli biologici, il succedersi del giorno e della notte, il ciclo delle stagioni ecc.) e psicologici (gli stati della coscienza e della percezione, la memoria) e diversificata storicamente da cultura a cultura.

Ma tempo è anche la successione di eventi costituiti dal verificarsi di un dato fenomeno che si ripete uguale a se stesso (il passaggio della lancetta dell’orologio per una data posizione del quadrante, il raggiungimento del valore massimo da parte dell’intensità del campo elettrico di una radiazione monocromatica ecc.), che si può suddividere, misurare e distinguere in ogni sua frazione; per esempio si ha la divisione in giorni, ore, minuti primi e secondi e via dicendo), secondo il moto apparente del Sole, la partizione mediante il calendario, la misura con l’orologio. Si può sottolineare che quella del tempo sia una nozione profondamente radicata nella nostra percezione della realtà, motivo per cui è stato per secoli un elemento delle teorie scientifiche tanto fondamentale da non poter essere messo in discussione. Nel secolo scorso, la relatività generale e la meccanica quantistica sono tuttavia intervenute in direzioni opposte: la prima ha introdotto il concetto di coordinata temporale, riconoscendo al tempo lo stesso status attribuito alla posizione spaziale; la meccanica quantistica, invece, ha individuato nel tempo un parametro esterno alla teoria stessa, sostanzialmente diverso da ogni altra proprietà osservabile.

Quindi, quel che di ineffabile vi è nella nozione del tempo ha raggiunto il livello scientifico trovando in esso sia nuovi stimoli di approfondimento sia nuovi dati contraddittori che rimandano alla impossibilità di avere come si è sottolineato, una definizione conclusiva e capace di rispondere alla domanda esistenziale di fondo.

Partiamo dai dati allora. L'introduzione del concetto di "spaziotempo" nella relatività generale appare come un'intuizione coerente con l'impianto logico e formale della fisica classica, il fatto che il tempo non possa essere trattato come le altre osservabili fisiche nella meccanica quantistica può al contrario risultare quanto meno inquietante. Il diverso modo di intendere, concettualmente e formalmente, il tempo in relatività generale e meccanica quantistica costituisce uno dei principali ostacoli da superare quando si tenti di riconciliare le due teorie, riconciliazione che è oggi, dopo un secolo di giustapposizione, appare irrinunciabile.

È questo il campo nel quale si è misurato di recente un gruppo di lavoro italiano diretto da Paola Verrucchi dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr-Isc) e da Alessandro Cuccoli del Dipartimento di Fisica dell’Università di Firenze). Risultato uno studio che è stato pubblicato su Nature Communications e che costituisce un importante passo avanti nella direzione di una interazione tra i due campi. Il lavoro è stato realizzato in collaborazione con l’Istituto nazionale di fisica nucleare. E come afferma Cuccoli “si mostra che una descrizione completamente quantistica permette di dedurre le equazioni che descrivono l'evoluzione nel tempo dei sistemi fisici, siano esse quelle previste dalla fisica classica o dalla meccanica quantistica”.

Nello studio si fa riferimento a una proposta, nota in letteratura come "meccanismo di Page and Wootters (PaW)" dal nome dei fisici che l’hanno introdotta circa 40 anni fa, secondo la quale l'espressione “ad un certo istante di tempo t” deve essere intesa come in relazione al fatto che un orologio si trovi in uno stato caratterizzato dal valore t.

“L'idea corrisponde in modo naturale alla nostra esperienza quotidiana, poiché sappiamo a che ora ci svegliamo solo guardando in che posizione sono le lancette dell'orologio, o a che altezza sia il sole nel cielo, o quanto lunga sia l'ombra degli oggetti sul terreno”, afferma in proposito Paola Verrucchi. “Possiamo dire che il meccanismo PaW formalizza uno degli strumenti più usati nella letteratura e nel cinema, laddove per dare il senso di un tempo che si ferma, si congela l’intero ambiente circostante il protagonista, introducendo così l’idea fondamentale che la percezione dello scorrere del tempo richieda necessariamente una correlazione con ciò che ci circonda”, aggiunge la ricercatrice.

Nel meccanismo PaW questa correlazione si formalizza in uno straordinario fenomeno, tipico ed esclusivo della meccanica quantistica, che prende il nome di entanglement: si tratta di un legame, un intreccio (traduzione del termine inglese entanglement) fra sistemi fisici distinti, che stabilisce una relazione fra le loro rispettive proprietà ed è tanto sostanziale da sopravvivere anche quando tali sistemi, allontanati nello spazio e nel tempo, non interagiscono più.

Basandosi su un fenomeno esclusivamente quantistico, però, il meccanismo PaW da solo non sembrava poter condurre ad una trattazione dell’evoluzione temporale che potesse descrivere il fluire del tempo nella nostra realtà quotidiana, perfettamente descritta dalla fisica classica. Il lavoro nasce dalla constatazione che il tempo è una nozione trasversale rispetto a qualunque teoria scientifica, da cui segue la necessità di una trattazione che permetta di derivare nello stesso quadro formale sia l’equazione che descrive come lo stato di un sistema evolve nel tempo in una trattazione quantistica, la cosiddetta Equazione di Schroedinger, che le equazioni che forniscono l’analoga descrizione in fisica classica, dette Equazioni di Hamilton”, continua Cuccoli.

A tale scopo, in questo lavoro gli autori costruiscono un modello senza tempo, costituito da due sistemi quantistici, orologio e sistema, non interagenti ma fortemente correlati attraverso l’entanglement (ovvero entangled) ed aggiungono al meccanismo PaW la descrizione formale del cosiddetto quantum-to-classical crossover, il fenomeno per cui un sistema macroscopico, cioè grande, può essere descritto da una teoria classica sebbene i suoi componenti microscopici siano descritti dalle leggi della meccanica quantistica. L’aggiunta di questo ingrediente, insieme ad una attenta rielaborazione del meccanismo PaW permette di dimostrare che esiste un parametro t dell'orologio che è, a tutti gli effetti, il tempo per l’altro sistema, indipendentemente dal fatto che si ricorra ad una descrizione quantistica o classica.

“L'assoluta necessità che sistema ed orologio siano entangled affinché le equazioni di Schroedinger e Hamilton possano essere derivate dimostra ancora una volta che questa forma di correlazione squisitamente quantistica è fondamentale per la realizzazione dell'universo intorno a noi e del modo in cui lo percepiamo", conclude Verrucchi. "Questo risultato mostra che non esiste un tempo quantistico, magari contrapposto ad un tempo classico, esiste un solo tempo ed è una manifestazione dell'entanglement. Il nostro risultato getta le basi per la costruzione di un ponte fra relatività generale e meccanica quantistica che può traghettarci verso una più profonda comprensione di come, perché e in che senso il tempo scorra intorno a noi e nell'intero universo".

Sin qui la scienza con il suo incessante procedere verso il nuovo (o l’antico a seconda dei punti di vista) e con il fardello dei nuovi quesiti che si pongono di fronte alle scoperte o alle intuizioni che chiudono una pagina ma spesso ne aprono molte altre alla ricerca del senso complessivo delle cose. Una definizione condivisa, dunque, sarà in teoria possibile ed una correlazione tra visione classica e quantistica praticabile, un ponte tra due conoscenze e due realtà in molto diversificate ma stranamente vicine nel significato di fondo da dare all’entità con la quale ci si misura. Perché il tempo sia in astratto che in concreto, ancorché misurabile come lo misuriamo, sfugge in sostanza ad una definizione esaustiva, qualcosa in esso resta ineffabile, il suo essere e il suo dispiegarsi nella vita quotidiana se appaiono quantificabili, mantengono quel senso di aleatorietà propria della sua dimensione che poi dimensione non è! Dalla nostra venuta al mondo siano alla nostra dipartita, viviamo e conviviamo con il passare del tempo, una costante che sembra ed è sostanzialmente unidirezionale: Tempus fugit, dicevano gli antichi e non solo nel senso che quel che è stato è stato, ma anche nel senso del suo rifuggire ad una definizione e del suo non ripetersi mai nello “stesso tempo” e neppure nello stesso luogo!

Ma qui si rischia di sconfinare in territori incerti e in una filosofia esistenziale tout court. Si manifesta quindi una vera e propria e saggia inadeguatezza a voler codificare o concettualizzare quel che se anche codificabile per unanime compromesso, certamente e difficilmente potrà essere racchiuso in una sola definizione valida e accettata da tutti. È forse questo il tempo, il senso del tempo, il suo valore, il suo giocare con la nostra vita, esso che c’era prima di noi e ci sarà dopo di noi senza subire dal nostro passaggio e da alcuna modifica alla realtà a noi ascrivibile ... alcunché!

Questo è il tempo, bellezza!! Potremmo così sintetizzare senza voler concludere questa riflessione, sapendo che il nostro orizzonte temporale è limitato, ma che il nostro impegno a capirne l’essenza, a carpirne il significato più totalizzante è sicuramente più ampio e più lungimirante. Unica possibilità quella di misurare lo scorrere di esso e studiare come nelle ere della civiltà umana si racchiuda un patrimonio di conoscenza e di tentativi continui di fissare che cosa esso sia e se possa interagire con l’altra misura da noi quantificabile per quel che vediamo, lo spazio. Quello spazio-tempo nel quale molto è da scoprire, anzi quasi tutto, ma che è presupposto di molti avanzamenti e di molte ricerche che l’umanità va conducendo da molti e molti millenni! Con la consapevolezza che sarà una rincorsa, una ricerca che difficilmente potrà portare ad una conclusione.

Concludiamo con l’espressione “chi ha tempo non aspetti tempo”, che può voler dire qualcosa, forse tutto, ma anche niente! Al tempo, dunque!!