La domanda è: le femmine, a qualsiasi specie appartengano, competono tra loro per la scelta del partner maschile nel pieno delle capacità riproduttive? Noi esseri umani pensiamo che questo possa succedere solo negli animali ma non negli esseri umani. La verità è che le donne invece sono competitive e anche se nel terzo millennio disponiamo di una tecnologia medica sofisticata al punto che le donne non hanno più bisogno di un rapporto sessuale con gli uomini per riprodursi. Se vogliono, possono farlo con la fecondazione artificiale, sotto diverse forme e secondo le legislazioni che esistono nei vari Paesi del mondo.

Ora il punto è quello di stabilire come, quando e perché le femmine competono per avere accesso ai maschi dominanti e che offrono più garanzie, non solo per loro, ma soprattutto per la prole che verrà alla luce. Per vedere come tutto questo funzioni, partiamo da un modello animale molto prossimo a quello umano, cioè quello dello scimpanzé comune (Pan troglodytes)1. Noi esseri umani abbiamo in comune con questa specie più di quanto abbiamo in comune con ogni altra specie animale vivente.

Innanzitutto, le femmine di scimpanzé scelgono, se possono, quello che dovrà essere il padre dei loro figli. Se possono, non si accoppiano mai a caso. Vanno alla ricerca di una paternità per i loro figli, maschi o femmine che siano, che garantisca un’adeguata protezione, un accesso al cibo senza problemi sia per loro sia per la loro prole, che dia la possibilità di scegliere il cibo più buono per migliorare il più possibile la loro vita e quella dei loro figli. Negli scimpanzé, ma questo vale per tutte le specie animali, incluso l’uomo, un cibo di ottima qualità garantisce salute ed evita morti premature, infezioni, anoressia, deperimenti organici e depressioni. Non è un caso che tra le scimmie, quelle che hanno difficoltà a rifornirsi di buon cibo vivono meno a lungo e vanno incontro, oltre che alle malattie sopra indicate, anche a quelle che colpiscono più pericolosamente il loro sistema immunitario.

Nelle comunità di scimpanzé generalmente le femmine in eccesso emigrano e quindi quelle che rimangono hanno meno rivali nella scelta del partner sessuale. Non è così in altre specie di scimmie in cui tutte le femmine adulte restano, ad ogni modo, al centro della comunità, ma in questi casi la competizione si fa ancora più aspra. In questi casi la grandezza della comunità compensa le conseguenze di una lotta interna nella scelta del partner sessuale. Per intenderci, nei babbuini, ad esempio, i gruppi possono raggiungere dimensioni di circa duecento individui, quelli degli scimpanzé, nella migliore delle ipotesi, sono dieci volte più piccoli, per non parlare dei gorilla o degli oranghi in cui i gruppi sono praticamente composti dai soli membri della famiglia: il padre, la madre e la prole.

Tutto, comunque, è condizionato dalla ricchezza o dalla povertà degli alimenti a disposizione. L’abbondanza del cibo incrementa infatti la grandezza dei gruppi, anche di quelli generalmente più piccoli. In sostanza il cibo sembra essere una variabile fondamentale, non solo per la densità dei gruppi, ma anche per l’attività sessuale e quindi per la riproduzione. Non è quindi casuale un eccesso di competizione sessuale tra le femmine che vivono in luoghi in cui il cibo è scarso. Dal momento che gli scimpanzé vivono in gruppi che si possono dividere e poi ricomporre (fissione/fusione), è chiaro che la competizione diventa altalenante nel senso che le fissioni sono spesso dovute ad un eccesso di competizione tra le femmine che hanno una prole da crescere e che quindi devono garantire cibo a sufficienza per i loro figli che, tra l’altro, hanno bisogno di essere protetti dai maschi dominanti, perché altrimenti correrebbero il rischio di essere malmenati e soppressi. In un’altra specie di scimpanzé (finora ci siamo riferiti allo scimpanzé comune, Pan troglodytes), quella del Bonobo (Pan paniscus), le cose sono diverse. Essi hanno società piuttosto matriarcali in cui tra le femmine si possono formare delle alleanze, anche tra quelle dominanti e sottomesse, per avere un accesso ai maschi più “democratico”, per consentire a tutte di riprodursi senza distinzione di “classe” sociale. Questa però è una eccezione, nel senso che il Bonobo conduce un’attività sessuale libera e piuttosto promiscua a differenza di tutte le altre scimmie. Non è un caso che negli scimpanzé comuni la violenza tra gli individui, tra maschi e femmine e anche tra le femmine, sia abbastanza comune. Infatti l’infanticidio nello scimpanzé comune non è una rarità come conseguenza di rapporti sessuali pregressi non consentiti. I maschi dominanti non permettono tanto facilmente che le femmine del loro harem intrattengano relazioni sessuali con dei maschi sottomessi. In questi casi le vittime sono quasi sempre i figli di mamme sottomesse o di quelle femmine che hanno provato a rientrare nel gruppo originario, dopo esserne momentaneamente uscite per intrattenere rapporti sessuali con altri maschi ed essere rimaste incinte. Inoltre queste femmine vengono viste da quelle residenti come rivali.

Competizione ed evoluzione

A leggere ciò che è stato appena scritto, se non si fa attenzione, si può confondere chi sia veramente l’oggetto di questa discussione, cioè se sia la scimmia femmina o la donna. Ai nostri tempi, il cibo abbonda e spesso viene anche sprecato, quindi il confronto potrebbe sembrare improprio, ma per i nostri antenati le cose erano diverse. Non bisogna poi dimenticare che nella nostra società il benessere economico che può garantire un capofamiglia, non si misura solo con il cibo che egli può mettere a disposizione, ma con il lusso, con le proprietà, con una grande disponibilità di denaro eccetera. Tutti questi elementi, al contrario di quanto si possa pensare, vengono ad ogni modo valutati coscientemente quando una coppia decide di mettere su famiglia, anche se all’inizio, più di tutto, è l’innamoramento che la trascina. In sostanza, come scrive il teologo e filosofo Vito Mancuso2, tra l’amore e l’innamoramento esiste una bella differenza. Ci possiamo innamorare di qualcuno in un istante, ma poi amarlo per tutta la vita è difficile. Ci si può abituare a un partner. L’amore non è eterno.

Le ragioni della competizione

Le donne competono tra di loro per avere relazioni sia a breve sia a lungo termine con maschi che hanno o dimostrano di avere delle caratteristiche di desiderabilità molto alte. Oltre a quelle mentali, che sono molto importanti, ci sono molte altre caratteristiche che vengono ben valutate dalle donne. Quali sono quelle che vengono identificate e che determinano la scelta del partner sessuale? Sono certamente diverse da quelle maschili, perché anche i maschi competono nella scelta del partner sessuale. Senso di protezione e presenza di risorse concrete sono quelle fondamentali per le donne. Esse preferiscono uomini che si dimostrano disponibili per una relazione a lungo termine, piuttosto che a breve termine, indipendentemente da come poi vada a finire la relazione, cioè all’opposto dell’uomo, che preferisce scegliere donne più disponibili per una relazione a breve termine più che a lungo termine, indipendentemente da come poi vada a finire.

Nelle scelte, sia maschili sia femminili, un ruolo non secondario lo ha la bellezza, cioè l’estetica, non perché ci sia da parte di entrambi i partner un ideale di bellezza femminile e maschile di tipo classico, come poteva essere nella Grecia antica3, ma più concretamente perché l’estetica, una certa estetica (per esempio, il rapporto vita/fianchi, la levigatezza della pelle, la prosperità del seno, la lucentezza dei capelli eccetera) indica lo stato di salute e la capacità riproduttiva del partner. Una donna o un uomo considerati belli e che hanno tutte le caratteristiche estetiche per essere considerati tali, garantiscono uno stato di salute buono e una capacità riproduttiva eccellente.

Se così stanno le cose, come si spiegano l’uso molto diffuso dei contraccettivi e il controllo volontario delle nascite? Questi sono tutti fenomeni moderni che non valevano certamente per i nostri antenati i quali desideravano riprodursi il più possibile per affrontare le difficoltà della vita: malattie, guerre ed epidemie su larga scala. Non è infatti un caso che i nostri antenati, anche prima che diventassero Homo sapiens, quando hanno iniziato a emigrare dall’Africa in Europa e in Asia, hanno attraversato dei momenti in cui potevano estinguersi. Oggi quei pericoli non esistono più, però ne esistono altri e diversi da quelli del passato. Possono essere costituiti da una pandemia incontrollabile, da una guerra nucleare o dal collasso del nostro Pianeta per il suo sfruttamento sconsiderato ed egoistico da parte di pochi che hanno il potere economico e finanziario per farlo e lo stanno facendo. Nel mondo un altro elemento negativo non secondario, come hanno scritto gli psicologi Anna Oliverio Ferraris e Alessandro Rustichelli4, è la diffusione sempre più massiccia di un devastante analfabetismo funzionale, cioè di uomini e donne che si adeguano molto bene a questi mutamenti verso il peggio senza nessun senso critico. Questo può dare origine ad una società in cui gli individui non possono più esercitare coscientemente i loro diritti, migliorare culturalmente le loro condizioni di vita e le femmine non possono scegliere liberamente.

Conclusioni

Come possiamo concludere? Possiamo farlo dicendo che i cambiamenti imposti dalla modernità stanno incidendo moltissimo sulla nostra vita, anche su quella riproduttiva, ma la fortuna, se così possiamo chiamarla, è che i costumi cambiano, questo è vero, ma, almeno per ora, quelli legati ai sentimenti, alle emozioni e alle relazioni sessuali sono più lenti a cambiare rispetto ai modelli attuali di vita che ci vengono imposti dall’alto. In fondo quello che ancora ci tiene in vita è una prospettiva non molto diversa da quella dei nostri antenati, quando avere più figli non era solo un segno della fecondità femminile, ma la garanzia del proseguimento della vita sul nostro Pianeta. Infatti, fino a due o tre generazioni fa, non millenni, il significato che si dava alla progenie, non era poi tanto diverso da quello dell’Homo sapiens di 100mila anni fa. Fin dai primi anni del ´900, i nostri nonni materni e paterni avevano mediamente una ventina di figli in tutto, ora ci vogliono più di dieci famiglie per poterne vedere tanti così.

1 Pusey, A.E. & Schroepfer-Walker, K. 2014. “Female competition in chimpanzees”. Philosophical Transactions of the Royal Society, B 368: 20130077.
2 Mancuso, V. 2014. Io amo. Milano, Garzanti Editore.
3 Carbone, R. & Tartabini, A. 2007. “Alla ricerca del partner sessuale”. Psicologia Contemporanea, 204: 45-50.
4 Oliverio Ferraris, A. & Rustichelli, A. 2007. “I nuovi analfabeti”. Psicologia Contemporanea, 204: 19-23.