Nel corso dell’ultimo quarto del ventesimo secolo si è assistito ad una imponente codificazione di mappe per l’apprendimento. Dovute per la maggior parte a formalizzazioni psicologiche in ambito cognitivista, hanno rappresentato e, ancora, rappresentano un punto di riferimento nel settore degli studi dell’apprendimento, della pedagogia speciale e sperimentale. In parte devono il loro sviluppo all’evoluzione dei linguaggi informatici e dei software applicativi. Sono sicuramente utili ed in parte anche una novità, sebbene vada riconosciuto che schemi di tal genere sono sempre stati utilizzati. Denotano comunque forme strutturate di rappresentazione ‘visiva’ e, quindi, immaginativa; sono in definitiva dei percorsi e delle immagini di memoria; se integrate con i precetti dell’arte della memoria possono aumentarne notevolmente l’efficacia. Ci sono molti tipi di mappe per l’apprendimento, in questo articolo ne affronto essenzialmente tre:

  • concept maps;
  • solution maps;
  • mind maps.

Mappe concettuali (concept maps)

Si tratta di rappresentazioni grafiche personali, personalizzabili e personalizzate intorno ad un oggetto di conoscenza (un qualsiasi argomento, disciplina, testo ecc.) e furono teorizzate, nella forma attuale, da Joseph Novak, negli anni ‘70. Il principio teorico di riferimento è di tipo costruttivista il ché, tradotto in termini correnti, significa che ognuno è autore del proprio modo di strutturare le informazioni che va assimilando mentre studia. Scopo di tali mappe è quello di modificare le strutture cognitive dell’apprendente in base anche all’oggetto di studio; esplicitamente si contrappongono quindi all’apprendimento meccanico.

Caratteristiche:

  • ogni mappa è articolata per nodi concettuali, in numero variabile in base alla complessità dell’argomento trattato. Ognuno di essi consiste in un concetto elementare inserito in un’etichetta all’interno di una sagoma dalla ben precisa forma geometrica, tale per cui nodi elementari considerati dello stesso ‘valore concettuale’ saranno posti all’interno di etichette dalla forma geometrica identica;
  • i nodi concettuali sono generalmente collegati mediante ‘frecce vettore’ o, in alternativa, altri simboli con finalità ‘connettive’. A tali elementi si applicano etichette descrittive in maniera da render palese il tipo di associazione che la freccia orientata vuol significare;
  • la forma complessiva della mappa ha un andamento reticolare e non è detto che abbia sempre un ben preciso punto di partenza, sebbene questa situazione sia da preferirsi.

Le mappe concettuali si realizzano:

  • avendo innanzi tutto ben chiara la questione, il tema, il soggetto ovvero l’oggetto che con esse si vuol rappresentare;
  • dando una struttura piramidale (dall’alto verso il basso) alla mappa; partendo dal nodo concettuale fondamentale ed espandendo verso il basso con i concetti ‘derivati’; considerare le connessioni ‘laterali’ (con concetti di valore ‘paritetico’ per il nostro schema) un’eccezione;
  • avendo ben chiare le priorità: prima si devono identificare e valutare correttamente i concetti che si intende rappresentare, soltanto dopo individuare le relazioni, le connessioni tra di essi. La logica delle connessioni quindi viene per ultima, ma è estremamente importante perché è proprio in base ad essa che uno schema risulta efficace oppure no, facilmente assimilabile ed agevolmente memorizzabile oppure no. Un’evoluzione delle mappe concettuali si è avuta adottando i ‘diagrammi a blocchi’ altrimenti detti ‘diagrammi di flusso’ (flow charts) che altro non sono che un linguaggio di modellazione grafica per rappresentare algoritmi.

Solution maps

Le solution maps sono una via di mezzo tra le mappe mentali e quelle concettuali, cercando di mediare la presa emotiva delle prime con l’espressività delle seconde. Le solution maps sono caratterizzate da:

  • una struttura gerarchica ben definita tra i vari elementi con un criterio associativo di tipo ‘padre-figlio’ collegando rami e sottorami, in modo che ciascun elemento abbia un solo antecedente. Tale regola però non è inderogabile in quanto, in alcuni casi, può esser necessario evidenziare dei legami trasversali tra gli elementi della mappa;
  • al pari delle mappe mentali, anche nelle solution maps si utilizzano colori, immagini, simboli, che, stimolando la creatività, facilitano i processi associativi. Così come nelle mappe concettuali (ma allo stesso tempo al contrario che nelle mappe mentali) anche nelle solution maps è possibile introdurre del testo esteso, per descrivere in modo sintetico ma comunque grammaticalmente articolato, concetti, idee, chiarimenti. Con le solution maps, infine, si introducono immagini codificate, simboli standardizzati ed altri elementi convenzionali in maniera tale da fornire ulteriori punti di appoggio per la memoria e di comprensione per l’intelletto.

Mappe mentali

Dei tre tipi principali di mappe per l’apprendimento – concettuali, solution e mentali – queste ultime sono quelle maggiormente efficaci ai fini mnemonici. Mentre le altre hanno quale prioritaria finalità l’esporre e spiegare un argomento, le mappe mentali permettono una più efficace assimilazione della materia e una sua più agevole – successiva – rievocazione. Il loro massimo promotore, Tony Buzan, sostiene che le mappe mentali sono efficaci perché le idee vengono rappresentate, a differenza che in un testo ‘normale’, con il linguaggio ‘naturale’ della nostra mente, entrando così a far parte del nostro bagaglio di conoscenze in maniera diretta o, almeno, meno mediata. Esse hanno inoltre una evidente funzionalità sintetica, riuscendo a rappresentare in un solo schema pagine e pagine di testo scritto in forma narrativa, lasciando poi, certo, alla persona il compito di ricostruzione-ristrutturazione argomentativa dei concetti fondamentali.

La costruzione delle mappe mentali è piuttosto semplice: conviene prendere un foglio (è possibile utilizzare il quasi ‘universale’ formato A4), disporlo in orizzontale (al fine di sfruttare al meglio il nostro campo visivo che si estende più in orizzontale che non in verticale) e scrivere al centro il titolo o l’argomento principale che si intende sviluppare. Tale elemento costituisce anche il punto di partenza della nostra mappa, punto di partenza che deve essere sempre e soltanto uno. Da questo nodo centrale si sviluppano, strutturandoli gerarchicamente, tutti i concetti derivati. Ogni ramo e/o nodo deve essere costituito da una sola parola o, comunque, da proposizioni semplici, meglio ancora se costituite soltanto da un sostantivo, una preposizione e un aggettivo. Insomma, conviene semplificare la parte ‘grammaticale’ al massimo. Stabiliamo poi un senso di percorrenza, da sinistra a destra, dall’alto verso il basso o dal centro verso la periferia (in assoluto il metodo più utilizzato).

I concetti possono poi esser inclusi dentro etichette o sagome di varia forma (opzione adatta soltanto ai nodi centrali), oppure posti sopra le linee-vettore che collegano i vari nodi concettuali. La mappa assume così una struttura ramificata con un punto unico centrale e una pluralità di nodi finali. Le mappe mentali, a differenza di quelle concettuali, non devono avere sagome, etichette con forme geometriche rigide e ‘spigolose’; al contrario, tanto i ‘contenitori’ dei nodi concettuali, quanto i rami-vettori devono avere un andamento ondulato e rotondeggiante perché, a livello cognitivo, sembra che così il tutto assuma un aspetto più vivo e organico. “Buzan sostiene che se utilizzassimo il righello, la mappa assumerebbe una forma rigida e geometrica togliendo vita alla nostra creatività. I rami più vicini al centro (detto nucleo) rappresenteranno i sottoargomenti del titolo centrale, e più ci si allontana dal nucleo centrale più si scende nei dettagli” (D. Aluigi, R. Luzi, Tecniche di memoria cit., p. 67).

Un altro consiglio che ci viene fornito è quello di orientare sempre i rami verso l’esterno evitando di fare ‘marcia indietro’. Dirigendo i vettori all’esterno eviteremo così di porre sullo stesso piano concettuale elementi che sono in realtà derivati o derivabili da altri. Sapendo che il concetto fondamentale si trova al centro e che, più ci si allontana dal centro, più i concetti assumono una funzione ‘derivata’ dai precedenti eviteremo di confondere, anche a livello visivo, elementi che devono considerarsi d’importanza differente (procedere sempre da ‘concetti generali – rami principali’ – a ‘concetti particolari – rami esterni e secondari’). I rami-vettori possono, ed è auspicabile che abbiano, lunghezza e dimensioni differenti e ciò sia in base alla dimensione della parola che dobbiamo scriverci sopra, sia della centralità o, al contrario, marginalità del ramo rispetto al resto della mappa: i rami centrali – e quindi principali – devono necessariamente avere spessore superiore ai loro derivati per enfatizzarne l’importanza.

Discorso simile va fatto per le parole che andremo a scrivere sopra le linee-vettore: maggiore sarà la loro dimensione, superiore ‘rango’ dovrà loro venir attribuito. Ovviamente la parola (o la frase semplice) che andremo a scrivere sul ramo è quella che, meglio di altre, riesce a esprimere il concetto da memorizzare. La scelta di tali elementi lessicali dovrà però tenere conto anche della funzione logica che essi andranno a svolgere all’interno della mappa: in altre parole, dovranno essere soprattutto ‘parole gancio’ in grado di suggerire, stimolare associazioni tra i concetti, ovvero tra i nodi concettuali che precedono e quelli che seguono. Le mappe mentali hanno un aspetto ‘aperto’ che tende cioè a espandersi, dando così la possibilità di creare sempre nuovi e inediti collegamenti.