C'era una volta un tempo senza tempo, nel quale microscopiche bollicine danzavano in un silenzioso turbinio. Nessun pianeta, nessuna stella, nemmeno uno sporadico pezzetto di materia. Solo il vuoto nella sua mortifera assenza di tutto. Lui, il tempo, nasce quando una di queste bollicine impazzisce casualmente e si gonfia come la schiuma che usiamo per i nostri capelli. Da quel Big Bang sono trascorsi 13,8 miliardi di anni. Nel frattempo, abbiamo scoperto che esistono miliardi di galassie oltre la nostra con le quali non potremo mai interferire perché troppo lontane, e abbiamo anche “scovato” le particelle elementari di cui si compone la materia. Ma l'idea di tempo, le sue leggi, le sue trasformazioni restano ancora un mistero, nella fisica come nella vita di tutti i giorni.

“Il tempo sgretola ogni cosa. Ogni istante che passa avvicina ciascun essere vivente alla sua fine. Nessuno può sottrarsi a questo destino ineluttabile. Con i primi segni dell’avanzare dell'età che compaiono sul viso la sensazione che il tempo della vita ci sfugga dalle mani diventa un'angoscia sottile, che perseguita l'umanità da sempre”, ricorda Guido Tonelli, fisico al Cern di Ginevra e professore all'Università di Pisa. “Ma oggi non se ne può più parlare. Nella nostra società, che celebra incessantemente il mito dell’eterna giovinezza, invecchiamento e morte sono diventati tabù. Così, per inseguire l’illusione dell’immortalità, un tempo prerogativa degli dei dell’Olimpo, ci si affida alla medicina o al bisturi del chirurgo plastico”.

Tonelli è uno dei “padri” della scoperta del Bosone di Higgs, quella “particella di Dio” che ormai tutti conosciamo, almeno di nome, e che, dotando le particelle elementari di una massa differente permette loro di aggregarsi e formare strutture materiali persistenti. Senza il bosone di Higgs non ci sarebbero stelle né pianeti, e neanche il profumo dei fiori e le ali delle farfalle. Nel suo libro, Tempo. Il sogno di uccidere Chronos Tonelli ci accompagna nei misteri del tempo. Un racconto fatto non solo di teorie e scoperte scientifiche, ma anche di miti arcaici, arte, poesia, letteratura, storia. E umane paure. Come quella di suo nonno, cavatore delle Apuane, duro come il marmo e di poche parole, che il 15 febbraio del 1961, di fronte a un'eclissi totale di sole, si ritrovò in ginocchio a pregare, piangendo, convinto che il tempo fosse ormai finito. Invece il tempo non finì e lui, come tutti noi, fu di nuovo suo schiavo. Perché Chronos, dio del tempo che “divorava” i figli da lui stesso generati, non solo ci incalza e ci distrugge nella vita quotidiana, ma si intrufola nella nostra vita interiore. E se da una parte lo rincorriamo, dall'altra vorremmo sopprimerlo. Contraddizioni umane.

Professore, dunque cos' è il tempo?

Il tempo è un ingrediente materiale che gioca un ruolo decisivo nella nostra storia. Non a caso, nell’antichità, il potere veniva affidato ai più sapienti, sacerdoti o astronomi, che comprendevano le leggi complicate del suo continuo scorrere. Una parte della fisica moderna tende a sminuire il ruolo del tempo nel nostro universo materiale, ma i dati ci dicono non è così. Non possiamo toglierlo dal suo ruolo centrale perché troviamo il tempo nel cuore di tutti i processi fondamentali del nostro universo. Il principio di indeterminazione ci dice che tempo ed energia passano il “tempo” giocando a nascondino fra di loro. Mentre la relatività generale ci racconta che spazio e tempo si avvinghiano l’un l’altro, indissolubilmente, e producono onde che possono viaggiare per miliardi di anni-luce. Lui appare dappertutto e se cerchiamo di eliminarlo l'intero universo crolla. Ci dobbiamo rassegnare. Se può servire a consolarci abbiamo ormai capito che la caducità non è un destino ineluttabile soltanto per noi umani. Anche le grandi strutture materiali prima o poi finiranno. Certo, i nostri 80-100 anni sono un periodo infinitesimo rispetto alla vita di una stella qualunque, ma anche per quegli astri meravigliosi arriverà il momento della fine. Il Sole, ad esempio, esaurirà il suo combustibile fra circa 4 miliardi di anni e quando la nostra placida stella morirà celebrerà l’evento con uno spettacolare fuoco d’artificio che farà vaporizzare in un istante una bella fetta del sistema solare, compresa la Terra.

Con Genesi ci ha raccontato la nascita dell'universo. Ora ha scelto di parlarci del tempo con un altro libro. C'è un legame tra le due opere?

Tempo è la seconda opera di una trilogia che vuole raccontare in termini semplici la visione scientifica del mondo. Non tanto una divulgazione, quanto piuttosto una condivisione di temi e concetti che superano per bellezza e creatività persino le opere di pura fantasia. La scienza non appartiene solo agli scienziati, coinvolge tutti, perché il nostro modo di vedere il mondo si riflette nella nostra società e nelle nostre relazioni sociali. È avvenuto da sempre, nel passato, quello che vediamo accadere ancora oggi: quando cambia la scienza, cambia cioè il nostro modo di guardare alla materia e alla nascita dell’universo, cambia anche il nostro modo di organizzare individui e società.

Possiamo considerare i fisici come i filosofi di oggi?

In realtà filosofia, arte, religione e scienza sono andate a braccetto da migliaia di anni. Si sono separate da un secolo circa, da quando è risultata egemonica la cultura pragmatica del mondo anglosassone, Inghilterra e Stati Uniti, che ha portato a una fortissima specializzazione. Questa divisione ha consentito enormi progressi, ma rischia oggi di essere inefficace se non pericolosa. Moltissimi problemi dell’umanità non possono essere risolti in maniera settoriale. Basti pensare alla pandemia di Covid19, alle enormi diseguaglianze del mondo o alla crisi climatica. Ora tutti si rendono conto che non esistono soluzioni settoriali ma che dobbiamo ragionare in maniera più complessiva. Per certi versi è d’attualità un nuovo Umanesimo e noi, scienziati e uomini di cultura italiani, che abbiamo alle spalle giganti come Galilei o Leonardo, dovremmo essere in prima fila a sostenerlo.

Ma la scienza pone questioni o dà risposte?

Trova soluzioni e insieme pone nuove questioni. Scopre in pochi mesi il vaccino che combatte il Covid e contemporaneamente avrebbe la potenzialità di produrre un nuovo virus ancora più letale. Per questo è necessario costruire una nuova alleanza fra i saperi. Per guidare anche le scelte scientifiche, definire le priorità e innalzare dei tabù. Solo una collettività consapevole, informata del progredire della conoscenza, può evitare i pericoli e capire in quale direzione conviene muoverci.

Nel libro lei paragona gli scienziati a Cappuccetto Rosso perchè, come lei, entrano in un bosco pieno di pericoli. Ma il viaggio della scienza avrà un lieto fine come la fiaba?

Io sono ottimista, ma il lieto fine nasce dal senso di responsabilità. La scienza è uno strumento molto potente. Non si può mettere alla guida di una Ferrari un ragazzo inconsapevole delle caratteristiche e della velocità di quell'automobile, perchè potrebbe fare molti danni a se stesso e agli altri. Così per guidare la macchina della scienza ci vuole un'umanità consapevole. Ripeto che abbiamo bisogno di compiere un salto di qualità culturale complessivo. Se riusciremo a raggiungere una consapevolezza più profonda, ripensando la nostra storia e facendo tesoro degli errori del passato, allora la scienza ci aiuterà a trovare soluzioni innovative ai problemi dell'umanità.

Ritorniamo al tempo: lo abbiamo visto nascere improvvisamente da una metamorfosi, in quel vuoto dove si formavano in continuazione minuscole bollicine. Anche lui morirà, come tutti noi?

Si è pensato a lungo che anche il tempo potesse finire. Si è immaginato che la spinta all'espansione dello spazio-tempo potesse interrompersi a causa del prevalere della gravità. A quel punto le galassie, anziché allontanarsi, si sarebbero avvicinate fra loro e le interazioni reciproche le avrebbero disgregate, fino a condensare tutta la materia dell’universo in un unico punto. Se avvenisse il Big Crunch, come gli scienziati chiamano il collasso terminale, si avrebbe la disgregazione del nostro tempo. Un nuovo Big Bang farebbe allora nascere un nuovo spazio-tempo, in una visione eternamente ciclica che vedrebbe l'alternarsi di furibondi momenti di espansione e di compressione. Ma le osservazioni che sono state fatte in questi ultimi decenni smentiscono drasticamente questo scenario. Non ci sarà nessun Big Crunch e nessuna fine del tempo nel futuro del nostro universo.

E allora cosa succederà?

In realtà oggi ci siamo accorti che l'espansione dello spazio-tempo è destinata ad accelerare e non a interrompersi. Ciò significa che tutto si allontanerà da tutto e l’universo diventerà sempre più buio e freddo. Inesorabilmente questo interromperà la dinamica che permette la formazione di stelle e sistemi solari, con i loro pianeti in qualche caso abitati. L’universo diventerà un’immensa necropoli di stelle morte e lo spazio-tempo continuerà ad avvolgerla come un eterno ma inutile sudario.

Nel libro appare un intersecarsi continuo tra le scoperte scientifiche e le varie forme di arte e letteratura che sembrano accompagnare o magari anche precorrere la scienza. Così i tagli che Lucio Fontana faceva sulle sue tele sono correlati alla teoria della relatività di Einstein.

Certo, perché come ho detto prima, tutto il sapere fa parte del medesimo gioco. Con il suo taglierino Stanley, l'artista ci mostrava che sotto la superficie della tela si nascondeva un'altra dimensione, inaccessibile nei dipinti tradizionali. Come Einstein con la sua teoria della relatività, Fontana ci fa intravedere cosa si cela in quell'ombra oscura che emerge dal taglio.

Citando Shakespeare e il suo Amleto, lei ci dice che con la pandemia prodotta dal Covid il tempo del mondo è uscito dai cardini. Cosa vuol dire?

Ci siamo da sempre cullati nell'illusione di essere al centro di un meccanismo perfettamente congegnato, eterno e immutabile. Tutti gli episodi che spezzano questo incantesimo ci fanno sprofondare nell'angoscia, Così ogni volta che una comunità umana viene colpita da una disgrazia improvvisa, il senso del tempo che scandisce la vita quotidiana dei suoi abitanti viene stravolto. Il Covid ci ha costretto a ripensare alla nostra vita. È successo un anno e mezzo fa, ma ci sembra sia passata un'epoca.

E come facciamo a fare rientrare il tempo nei cardini?

Mi sembra evidente che la pandemia è frutto di qualche nostro errore. Quindi dobbiamo far girare il mondo intorno a nuovi equilibri. Non credo che saremo noi a farlo, e nemmeno i nostri figli. Forse solamente chi nascerà in questi anni successivi alla pandemia potrà inventare un mondo costruito su idee diverse. Mi viene in mente il 1755, quando il grande terremoto devastò Lisbona, la più cattolica delle capitali. Il mondo intero, sotto shock, prese coscienza di quello che lucidamente scriverà Voltaire: che i terremoti non sono una punizione divina per i peccati degli uomini e un pensiero scandaloso cominciò a circolare in tutta Europa: “Ma se Dio non manda i terremoti, allora non designa neanche i re”. Ecco che da quell’evento catastrofico si innesca una valanga. A farla precipitare saranno due persone che nasceranno entrambe in quegli anni, in posti molto lontani fra loro. Una è Maria Antonietta d’Austria e l’altro è Maximilien de Robespierre. Entrambe giocheranno un ruolo decisivo in quello che avverrà a Parigi una trentina d’anni dopo e che cambierà il mondo per sempre.

Come possiamo reagire? Nelle ultime pagine del suo libro lei sembra suggerirci un rifugio nell'arte, nella musica, nella poesia. È così?

Questo è vero sempre. Dobbiamo usare bene tutto il tempo che ci viene concesso gratuitamente e senza condizioni. Fare qualcosa di bello per noi e per gli altri in fondo sfida il tempo e ci rende immortali. Tanti capolavori dell'arte, così come le profonde elaborazioni del pensiero, sono i frutti magnifici della nostra umanissima paura della morte. Ma il tempo è anche un patrimonio che vale la pena di sfruttare, pur se resta un solo attimo da vivere. Esattamente come fece il compositore francese Olivier Messiaen che, nella disperazione di un campo di concentramento nazista, in una baracca di Gorlitz, accompagnato da altri tre musicisti internati come lui, regalò a se stesso, ai suoi compagni di sventura e a tutto il mondo la musica appena composta del Quartetto per la fine del tempo.