L’Associazione Italiana Internet Provider (AIIP) ha un nuovo presidente. Giovanni Zorzoni, attuale Direttore Generale di Mynet, operatore specializzato in fibra ottica per le aziende, è stato infatti eletto per il biennio 2021-2023 alla guida della storica associazione dei provider italiani, costituita nel 1995 come presidio istituzionale e regolamentare per gli operatori italiani a tutela del libero mercato delle telecomunicazioni.

Zorzoni, attivo da oltre 10 anni all’interno dell’associazione, è stato anche vice-presidente nel precedente consiglio direttivo di AIIP, coordinando il gruppo infrastrutture, attivo su tavoli di negoziazione italiana ed europea relativi a reti ultra-broadband.

In una conversazione Zorzoni ci conferma gli obiettivi del suo mandato volti a stimolare e supportare una competizione collaborativa tra i players del mercato di Internet in Italia, tale da recare benefici ed opportunità di crescita al nostro Paese ed a tutti i suoi cittadini.

Il valore dei servizi offerti dalle tlc è sotto gli occhi di tutti e tutti stanno toccando con mano l'importanza enorme della rete. Come presidente dell'associazione degli Internet Provider come vede il futuro della digitalizzazione in Italia e quali investimenti è possibile fare per rendere più veloce l'interconnessione in tutto il Paese?

Si parla molto di digitale in Italia, ma la priorità numero uno, prima delle infrastrutture, è inserire come materia universale l’informatica fin dalla scuola primaria, per crescere generazioni di creatori di piattaforme, software o quanto meno utilizzatori consapevoli della tecnologia. Questo investimento in educazione deve essere ingente e non è più rimandabile.

Sul versante infrastrutture è stato fatto un lavoro enorme negli ultimi dieci anni, in particolare dagli operatori privati nati con la liberalizzazioni degli anni ‘90, molti dei quali oggi ancora attivi e associati ad AIIP, che si sono occupati in particolare di ciò che chiamiamo aree grigie e bianche, ovvero di portare i servizi ad alta qualità nei territori presi poco in considerazione dagli operatori mainstream.

Rispetto invece ai piani pubblici complementari all’attività degli operatori privati, in corso di definizione e collegati al PNRR, chiediamo al Governo di imparare la lezione dei bandi Infratel BUL: senza un coordinamento con gli operatori a forte vocazione territoriale e gli enti locali che conoscono esattamente dove sono i residuali problemi di copertura, al di là delle consultazioni pubbliche che possono risultare più o meno precise, e senza l’elaborazione preliminare di progetti esecutivi (che consentirebbero di non basare i bandi solo su “indici di copertura” poco indicativi del risultato finale sul campo), rischiamo di perpetrare la distonia tra le necessità attuali dei cittadini e delle imprese, ancora in attesa di servizi, e gli effettivi risultati dei fondi spesi.

La questione degli investimenti è al centro della scena ma, per realizzare questi obiettivi, si chiede agli operatori, che già hanno speso 6,5 miliardi per le frequenze 5G, di investire di più. Secondo lei con l'attuale livello di prezzi sul mercato, gli investimenti sono sostenibili?

In realtà se si unisce la volontà di cambiare ex-post (rispetto ai bandi) la legge sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici (che ridurrebbe di un fattore al meno 10 i costi delle reti 5G “vere”, ovvero quelle millimetriche), gli investimenti pubblici sul backhaul sui cosiddetti “corridoi 5G” (15.000km di fibra ottica), quelli per il 4G/5G a “fallimento di mercato”, e i il limite ancora poco chiaro tra FWA vero e riutilizzo di rete mobile per servizi pseudo-FWA insieme ai clienti mobili, quello che si ricava è uno scenario di saving incredibile per gli operatori, che arriva quasi, a compensare integralmente, e quindi di fatto annullare, i costi per le frequenze.

Rimane però il fatto che, a fronte di questa possibile mole di interventi pubblici, normativi e di investimento, oggi non esiste una killer application (i cosiddetti “verticali”) del vero 5G rispetto a tutte le tecnologie più economiche già disponibili ed in via di introduzione sul mercato.

Mentre si cercano i “verticali”, anche con ingentissimi investimenti pubblici EU all’orizzonte, come si fosse in cerca di un problema da risolvere, c’è il fondato rischio che molto del mercato del “5G del futuro” venga carpito da altre tecnologie, più democraticamente a disposizione di una moltitudine di soggetti, e il 5G, anche quello millimetrico, finisca per fungere da elemento di desaturazione degli attuali LTE+ e 5G da BTS, sempre meno performanti per il volume sempre crescente del traffico dati Internet in mobilità da parte dei clienti.

Con la crisi pandemica è esploso lo smart working. Secondo Lei bisogna aiutare i consumatori a pagare il giusto prezzo per servizi in fibra se dobbiamo portare il lavoro a casa considerando che l'ADSL non può bastare ed è diventata obsoleta?

I servizi in rame, VDSL compresa, che alcuni operatori insistono a chiamare “fibra”, hanno l’essenziale problema della loro affidabilità, visto il loro tasso di guasto medio annuale, a parte velocità, latenza poco predicibili e variabili nel tempo. Se prestazioni di questo tipo sono sopportabili e comprensibili nelle reti cellulari, non lo sono più nelle reti fisse.

La fibra ottica vera, fino in casa, l’unica che si possa e si debba chiamare “fibra”, è la soluzione unica e definitiva per lo smart-working e se tutti i fondi pubblici impiegati fino ad ora fossero stati dedicati ad una sorta di “bonus 110%” a copertura dei costi di allaccio, noi avremmo tutta l’Italia che abbisogna di questi servizi collegata sfruttando il lavoro concorrente e distribuito di tutti gli operatori, almeno da due anni.

Infatti, in tema di coperture, l’efficienza non è portare tutte le reti entro 50 metri da qualunque edificio, ma portare la fibra ottica dentro tutte le abitazioni e le imprese che richiedono un servizio in fibra ottica.

A proposito di ADSL: tempo fa il fondatore di Tiscali, Renato Soru, ha lanciato l'idea di ''rottamare l'ADSL'' come si fa con i frigoriferi, le auto. Come associazione ve la sentite di portare avanti questa proposta chiedendo magari incentivi per i consumatori che vogliono rottamare la 'vecchia' ADSL e passare alla tecnologia' dal digitale alla fibra ottica?

Come spiegavo poc’anzi, se gli investimenti in fibra ottica degli operatori potessero creare credito fiscale da una parte, e i costi di allaccio dei clienti potessero essere soggetti ad un bonus del 110%, non servirebbe nessun intervento pubblico diretto perché il mercato degli operatori porti la fibra ottica a chiunque ne faccia richiesta, in città, in provincia o in una frazione di case sparse. In tre anni potremmo riconvertire tutta la base clienti ancora in rame: dismettere la rete telefonica riadattata per i collegamenti Internet e avere tutti i clienti esclusivamente in fibra ottica è il sogno di ogni imprenditore delle telecomunicazioni, compreso Renato, pioniere di Internet dagli anni ’90, che saluto affettuosamente.

Quanto è importante in questo momento la transizione digitale in Italia?

È fondamentale, ma transizione digitale non può e non deve significare prendere la burocrazia attuale e digitalizzarla mantenendo lo status quo: il paradigma digitale impone una serie di automatismi che cancellano verticalmente buona parte della burocrazia. L’approccio “intanto digitalizziamo i processi attuali, poi vediamo” non è accettabile.

È importante inoltre che si comprenda che le piattaforme online, in particolare quando associate all’identità digitale in uno Stato, hanno sempre bisogno di un contraltare “analogico” in caso di attacchi informatici, furto di identità o altri reati affini come disaster recovery.

Un altro tema spesso sottostimato è lo storage a lungo termine dei dati, che è uno dei più importanti problemi dei sistemi digitali attuali: qui l’Europa deve lavorare per costruire delle tecnologie.

Quali sono le richieste di AIIP al legislatore?

AIIP chiede al legislatore che i costi di allaccio alle reti in fibra ottica vengano trattati fiscalmente come le ristrutturazioni, con un bonus al 110%, da gestire attraverso un processo burocratico semplificato e puntuale, che i costi di investimento in reti ad alta velocità in fibra ottica e in FWA creino credito fiscale, che si ritorni alla disciplina COSAP ante-dicembre 2021, che si crei una cabina di regia con Infratel, MISE e MITD che ci veda come interlocutori per i futuri bandi pubblici prima di elaborarne lo schema da sottoporre alla Commissione Europea, per dare un fattivo contributo da parte di chi le telecomunicazioni le fa nei territori con immensa passione, e ne conosce precisamente i problemi.

Azioni e obiettivi della sua presidenza.

L’obbiettivo mio e di AIIP, una delle più importanti associazioni di operatori di telecomunicazione, nonché la prima in assoluto nata in Italia, è mantenere il contesto socio-economico del comparto il più aperto e neutrale possibile, al fine di permettere a tutti, anche a chi desidera entrare nel mercato ora o tra qualche anno prendendo il nostro posto, un ecosistema di regole e opportunità per crescere e prosperare.