E di ricerca in ricerca e di studio in studio, Sandro Di Massimo si è davvero appassionato alla conoscenza delle piante velenose, delle possibili tossicità dei principi attivi, soprattutto se combinati con farmaci o se assunti da bambini e anziani o da soggetti con delle altre patologie. Nei confronti dei veleni c’è proprio la curiosità delle antiche conoscitrici di erbe, di quelle madri che curavano, guarivano e spesso usavano le pozioni velenose per mandare all’altro mondo senza tanti problemi etici oppure semplicemente per attenuare gli spasimi e i dolori di malattie incurabili finendo con il provocare, come viene raccontato dalla Murgia in Accabadora, una sorta di eutanasia.

Sandro ha scelto le Piante anche perché è consapevole che il 97,7% dell’Universo vegetale domina il mondo e che solo lo 0,3% di questo dominio è appannaggio del mondo animale, uomo compreso. Bisogna occuparsi maggiormente, di quanto non faccia l’uomo comune, del mondo vegetale, avere un proprio Alfabeto Ogham di cui nutrirsi, da cui farsi guidare e che sia capace anche di elevarci insegnando rispetto, condivisione e amore.

Quali piante rappresentano un rischio per la nostra salute?

Le potenzialità tossiche di una pianta sono ovviamente condizionate dalla quantità di principio attivo in essa contenuto, dalla modalità di interazione (inalazione, assorbimento cutaneo o ingestione), dagli organi bersaglio maggiormente interessati e dalla variabilità individuale, dovuta all’età e allo stato di salute della persona. Gli anziani e soprattutto i bambini, sono i soggetti più vulnerabili.

Quando si passeggia in ambienti naturali e si raccolgono frutti ed erbe, bisogna conoscere le piante selvatiche notoriamente tossiche perché gli avvelenamenti accidentali sono frequenti e spesso richiedono interventi medici di urgenza. Occorre prestare attenzione a piante tossiche come Tasso, Cicuta, Colchico, Aconito, Digitale, Belladonna, Datura, Giusquiamo, Mandragora, Veratro, Elleboro, Lattuga velenosa, Ginepro sabino, Tamaro, Brionia, Ebbio, Maggiociondolo, Clematide, Ricino, Lauroceraso, Ligustro, Viburno, etc.

Bisogna sapere che gli effetti collaterali derivanti dall’interazione tra farmaci e piante medicinali sono anche più subdoli in quanto pure le sostanze naturali possono influenzare la farmacocinetica di alcune molecole di sintesi, potenziandone o inibendone gli effetti previsti.

Come possiamo riconoscere le erbe spontanee senza rischiare di essere avvelenati?

Se ci addentriamo in ambienti naturali, come boschi, sentieri di campagna o di montagna, è opportuno fare attenzione ai bambini, poiché tendono inavvertitamente a toccare e ingerire erbe, frutti e semi velenosi. Bisogna raccogliere e utilizzare solo le piante di cui conosciamo l’effettiva identità botanica, in caso contrario, è bene astenersi da ogni tentazione ed è sempre consigliabile avvalersi del parere di botanici o erboristi esperti.

Quanto influiscono i colori sul potere di nutrizione di un alimento?

Influiscono sia dal punto di vista delle vibrazioni offerte, sia per la capacità di risvegliare emozioni e stati d’animo che si accordano con le mutazioni della Natura, insomma nascondono proprietà curative che riguardano sia la mente che il corpo. Un ruolo importante, sul palcoscenico vegetale, è svolto dal verde brillante della clorofilla che converte la luce solare in energia chimica. Il colore rosso, invece rappresenta un simbolo di vitalità, passione e forza, e così ogni altro colore ha una sua funzione. E non dimentichiamoci nemmeno le tonalità del viola (mirtilli, ribes, more, lamponi, prugne, cavolo rosso, radicchio, uva rossa, barbabietola, melanzana, sambuco, ecc.), simbolo di trasformazione, conoscenza e consapevolezza, che portano in equilibrio il corpo e la mente.

Che influenza ha il profumo nella scelta di un’erba spontanea?

Assolutamente fondamentale: basti pensare ai fiori e alle cosiddette “piante aromatiche”, ricche di principi attivi volatili (oli essenziali), utili sia in cucina, per insaporire le pietanze, sia in fitoterapia, per le loro proprietà antibatteriche, antivirali, balsamiche, digestive, carminative (prevengono le fermentazioni intestinali), depurative e antiossidanti. L’attrazione che sperimentiamo nei confronti di un particolare aroma è puramente istintiva, spesso legata a esperienze emozionali soggettive, come ricordi passati, memorie apparentemente “seppellite” oppure odori che richiamano luoghi o persone a cui siamo particolarmente legati. Se voglio ricordare i periodi della gioventù liberi da ogni responsabilità, mi basta quel profumo di Mentuccia che si sprigiona quando si calpesta un prato o si cammina lungo una strada di campagna. Oppure sono totalmente condotto nel passato dall’odore dell’erba appena tagliata. I profumi entrano in sintonia, o in contrasto, con il nostro stato vibratorio, quindi la scelta di una pianta è una questione strettamente soggettiva, basta essere “aperti” nei confronti della realtà che ci circonda e consapevoli del proprio stato fisico e psicologico.

È utile farsi guidare da profumo o cattivo odore nella scelta di una pianta?

Sarebbe meglio evitarlo, non sempre il buon odore indica l’assenza di tossicità. Può capitare che un cattivo odore coincida con la presenza di sostanze velenose, come nel caso dell’Erba serpentaria, il cui fiore emana un fetore insopportabile di carne decomposta, o della Cicuta, che al naso giunge come un caratteristico olezzo di urina di gatto. Bisogna invece prestare attenzione anche a erbe come Ginepro sabino, Maggiociondolo, Lauroceraso, Mughetto, Ebbio (soli i fiori sono profumati), Ligustro, Ginestra, Caprifoglio, etc. Si potrebbe pensare che i loro profumi e aromi piacevoli non siano dannosi, invece sono sostanze che non devono essere ingerite in quanto tossiche.

Come ci condiziona l’odore nelle relazioni?

L’esperienza dell’olfatto, è una percezione dominata dall’inconscio e dagli istinti più profondi, che a volte trova la sua giusta “archiviazione” nella memoria di vicende passate, di particolari stati emotivi. A questa prima fase impulsiva, totalmente libera da stereotipi e preconcetti, segue un momento di razionalità, di analisi delle informazioni registrate, che porta alla ricerca del significato e della giusta collocazione di un odore, in base al suo grado di piacevolezza o sgradevolezza.

Come è possibile che ci siano allevamenti di animali maltrattati?

Credo che l’uomo non abbia ancora compreso che maltrattando piante e animali in realtà commette spesso attentati nei confronti di se stesso. Le piante ci dominano perché rappresentano il 99,7% della sostanza vivente del Pianeta, il restante 0,3% ce lo dobbiamo dividere, noi uomini, con il mondo animale. E se non abbiamo rispetto per le piante che sono le mediatrici tra il sole e il mondo animale, come possiamo non aver rispetto per quelli animali che come noi sono quasi una nullità nel dominio del Pianeta? L’alimentazione che ci offrono i nostri amici con le zampe consente altresì di incrementare la conoscenza del mondo e la capacità di agire su di esso.

Attraverso il cibo dialoghiamo costantemente con l’Universo, per questa ragione abbiamo l’obbligo di operare scelte responsabili. Ogni brandello di materia commestibile presenta significati simbolici sia individuali che collettivi. Non stupisce, quindi, che la carne, quando diventa merce e cibo, possa suscitare accese discussioni di carattere etico. Come possiamo continuare col maltrattamento a cui sono sottoposti gli animali negli allevamenti intensivi? Questi orrori non devono essere considerati un male necessario per garantire il nostro benessere alimentare. Costringere animali come maiali, bovini e pollame, destinati alla macellazione o alla produzione di latte e uova, a vivere in spazi ridottissimi, progettati per accogliere solo l’ingombro dei loro stessi corpi, nella più completa immobilità e in condizioni ambientali (assenza di luce e di ricambio d’aria) e igieniche deplorevoli credo che sia non solo amorale nei confronti di coloro che ci nutrono, ma anche poco salutare per coloro che di questa materia maltrattata si cibano. Possiamo scegliere prodotti ottenuti in maniera etica e sostenibile, rispettando gli animali e i loro bisogni e le loro inclinazioni naturali. Forse un’esistenza passata in condizioni più decenti e con meno sofferenze gratuite (magari venduti a un prezzo di mercato leggermente superiore) non sarà sufficiente a giustificare la morte programmata di milioni di animali... ma potrebbe rappresentare una piccola conquista sociale.

E della sperimentazione dei farmaci attraverso la tortura degli animali cosa pensi?

Purtroppo sono tanti gli interessi economici che ruotano intorno alla sperimentazione animale portata avanti dalle industrie farmaceutiche e cosmetiche, con il sacrificio annuale di circa 300/400 milioni di animali (scimmie, maiali, cani, gatti, pecore, capre, conigli, topi, cavie, ecc.). L’alternativa a questo massacro esiste e si basa su test che utilizzano materiali organici (cellule e tessuti che simulano parti del corpo umano), di clonazioni cellulari oppure di dati epidemiologici e statistici, di modelli matematici, simulazioni al computer e altre tecniche non invasive. Altri test, impiegati per valutare gli effetti cancerogeni di varie sostanze chimiche, prevedono l’utilizzo di microrganismi o colture di cellule umane, in alternativa ai modelli animali. È possibile anche avvalersi di sistemi di colture cellulari in 3D che consentono di “imitare” la complessità funzionale di organi e apparati.

“Gli alberi sono le colonne del mondo, quando gli ultimi alberi saranno stati tagliati, il cielo cadrà sopra di noi”. L’uomo riuscirà a far crollare tutte queste colonne?

Credo che nonostante tutti i suoi sforzi, non ci riesca se non altro per i numeri che sono in gioco dov’egli rappresenta una sparuta minoranza. Gli animisti credevano che ogni cosa fosse viva e inserita in un flusso dinamico in continua trasformazione, senza gerarchie che pongono un essere vivente in una condizione di superiorità rispetto agli altri. La comprensione di questa dimensione si fonda sulla condivisione, il rispetto e un profondo senso di appartenenza.

In quale pianta ti riconosci?

Prediligo le piante velenose, per il loro fascino che forse le lega alla magia, alle conoscenze delle donne di medicina, degli sciamani, di quelle che un tempo venivano chiamate streghe. Ne sono attratto perché penso sempre che il veleno possa essere una strategia sviluppata dalla pianta per difendersi. Così lei mi insegna un segreto sottile che nel contempo mi “attrae” e “mi stupisce”, addirittura mi inquieta. E la signora di queste streghe potrebbe essere lo Stramonio. Mi risulta affine perché simbolicamente esprime un particolare tipo di equilibro, che permette di avvicinare e conciliare due manifestazioni apparentemente opposte: una di tipo proiettivo, l’altra di natura ricettiva. Forse mi affascina la conciliazione di questi opposti!

E davvero questa conciliazione degli opposti è un aspetto essenziale per quelli come Sandro che sono artefici di saggi scientifici molto approfonditi e nel contempo aperti a tematiche più intuitive, che spaziano dal mondo visibile e certo a quello invisibile e incerto, frequentatori delle conoscenze riconosciute ma curiosi rispetto a quelle inconoscibili. E lo collocherei per questa ragione tra quegli alchimisti della parola sempre pronti a servirsi di simboli come in questo bel passo riferito alle trasformazioni stagionali tratto dal libro Cultura e salute delle piante Selvatiche scritto a quattro mani con suo fratello Maurizio in cui afferma:

Ogni passaggio è contraddistinto da uno specifico colore: il nero (nigredo, inverno) incarna la “morte apparente”; il rosso (rubedo, estate) è riferito al compimento; il giallo (citrinitas, autunno) è associato al consolidamento.

Insomma Sandro parla e scrive attraverso tutti i sensi mostrando un mondo variopinto alla vista, pieno di profumi all’olfatto, ricco di voci, suoni e musica all’udito, colmo di sapori invitanti al gusto e così tangibile e intangibile nel contempo che è piacevole toccare con le dita ma che sembra anche sfiorato dalla mano di Dio.