Un articolo pubblicato sulla rivista Mammal Review offre una nuova visione dei comportamenti sociali delle giraffe. Zoe Muller e Stephen Harris, due ricercatori della Scuola di Scienze Biologiche dell'Università britannica di Bristol, hanno condotto un'analisi dei risultati di 404 articoli scientifici riguardanti i comportamenti e l'organizzazione sociale delle giraffe mettendo assieme le informazioni. La loro conclusione è che le giraffe hanno comportamenti sociali complessi con legami importanti, l'opposto di ciò che si pensava fino a non molti anni fa.

Il collo della giraffa, lungo oltre due metri negli adulti, ha reso quest'animale iconico fin dall'antichità. Per questo motivo, è paradossale che in tempi moderni sia stato oggetto di studi limitati e che tante nozioni che riguardano la giraffa siano date per scontate solo perché tramandate da lungo tempo ma senza reali prove. Solo la classificazione della giraffa tra gli animali vulnerabili all'estinzione con la scomparsa da parecchie aree ha stimolato l'interesse di vari scienziati.

Perfino la classificazione tassonomica della giraffa è quella tradizionale risalente addirittura a Linneo, il creatore della classificazione scientifica degli organismi viventi. Nel lontano 1758, Linneo stabilì la specie Giraffa camelopardalis. Nel corso del tempo è stata creata una divisione in nove sottospecie ma solo negli ultimi vent'anni la diffusione delle tecniche di analisi genetica ha messo in dubbio l'esistenza di un'unica specie di giraffa. Diverse ricerche genetiche hanno proposto una quantità variabile di specie di giraffe basate su diversi criteri. I risultati mostrano anche le difficoltà che a volte possono emergere quando si cerca di definire se diverse popolazioni di organismi appartengano alla stessa specie o a specie diverse.

Viste le difficoltà nel dare risposte certe riguardanti le basi biologiche della giraffa, non è sorprendente che vi sia ancora confusione riguardo ai tipi di legami sociali che questi animali possono formare. Era risaputo che le giraffe vivono in gruppi ma generalmente si riteneva che si trattasse di gruppi aperti la cui composizione variava in continuazione. Anche in questo caso, solo in tempi recenti ci sono stati studi più approfonditi che hanno suggerito che le giraffe potessero avere comportamenti sociali complessi.

Le ricerche degli ultimi vent'anni hanno cominciato a fornire una visione diversa dei comportamenti sociali delle giraffe. Tuttavia, la maggior parte riguardava popolazioni isolate e ciò rendeva difficile trarre conclusioni generali sull'intera specie. Zoe Muller e Stephen Harris nel loro studio hanno trovato risultati comuni che possano riguardare l'intera specie. I due ricercatori hanno seguito le linee guida del gruppo di specialisti dell'International Union for Conservation of Nature (IUCN), che riconosce la specie Giraffa camelopardalis e nove sottospecie, lasciando ad altri ricercatori le discussioni riguardanti possibili distinzioni in diverse specie.

La conclusione di Zoe Muller e Stephen Harris è che le giraffe hanno complesse strutture sociali paragonabili a quelle di altre specie di mammiferi in cui ci sono gruppi caratterizzati da legami di parentela come gli elefanti e le orche. Ciò significa, tra le altre cose, prendersi cura dei cuccioli. Da questo punto di vista, i due ricercatori hanno sottolineato l'importanza delle nonne. Le femmine che hanno raggiunto la menopausa e hanno ancora parecchi anni di vita aumentano le probabilità di sopravvivenza dei nipoti aiutando le loro figlie a prendersene cura.

Nonostante i risultati molto interessanti ottenuti, i due ricercatori sono i primi ad affermare la necessità di altri studi per capire meglio la vita delle giraffe. Capire se vi sia un'unica specie o più specie è una delle linee di ricerca ma ci sono informazioni limitate sull'influenza dell'habitat in cui vivono le varie popolazioni delle giraffe sulle loro strutture sociali e sul linguaggio che usano per comunicare tra loro.

Ci sono voluti molti anni e la vulnerabilità all'estinzione della giraffa perché gli studi su quest'animale iconico diventassero approfonditi. I risultati potrebbero fare la differenza tra la sopravvivenza e l'estinzione di questi mammiferi perché conoscerli adeguatamente permetterà di migliorare le politiche di conservazione delle loro popolazioni.