L’economia senza natura è una truffa, è un inganno che ci sta portando alla rovina. Non possiamo vivere senza alberi.

Questa è l’amara conclusione, realista e non pessimista di Fernando Boero docente ordinario di zoologia all’Università degli Studi di Napoli Federico II, al saggio Un mondo senza alberi, pubblicato nel 2014 in un’opera straordinaria per contenuti e rapporti sullo stato della natura in Italia e in Europa: L’importanza degli alberi e del bosco. Cultura, scienza e coscienza del territorio1. In questa raccolta di contributi di quasi mille pagine, curata dall'accademico dell'Università de Lorraine Kevin Cianfaglione, allievo tra i migliaia del gigante del protezionismo italiano, Franco Pedrotti, professore emerito dell’Università di Camerino2, si mettono in chiaro tutte le dinamiche politiche, sociali, accademiche che hanno portato il “Bel Paese del Petrarca” (o di Antonio Stoppani? si chiede il curatore) al disastro ambientale dove regna la contraddizione in qualsiasi ambito del sistema e della società tutta.

Bisogna dire grazie alle decine di autori, accademici, scrittori, ambientalisti, amatori di flora, cultori della materia ambientale, dalla zoologia alla botanica, alla geologia e all'arboricoltura, che hanno costruito un imprescindibile strumento di lavoro per chiunque intenda, a livello amministrativo e politico, aggiornarsi sullo stato di salute dei nostri boschi, la natura e la loro evoluzione, la conservazione la monumentalità, la storia e la tradizione, fino all’inquinamento dei suoli, del consumo del territorio e del cambiamento del clima.

E ancora: gli alberi in città e il loro ruolo indispensabile, la loro gestione economicamente sostenibile, il ruolo dell’educazione ambientale e il volontariato fino alla poesia e al racconto degli alberi e della natura dei boschi che sono in grado di ispirare le nostre più alte emozioni.

Se poi ci addentriamo nelle pagine di questi due volumi vediamo i patrocinatori, che sono numerosi: la Società botanica Italiana, il Fondo per l’ambiente, Italia Nostra, Accademia Italiana di Scienze Forestali, European Wilderness Society, il Parco Nazionale dei Monti Sibillini, l’Università di Camerino, la Riserva Nazionale Montana di Torricchio e diversi altri. Poi ci accorgiamo che alcuni, insieme a una decina di associazioni nazionali di salvaguardia della natura, si sono spinti oltre con una lettera aperta ai vertici del governo, per contrastare disposizioni di legge che da anni operano in direzione drammaticamente sconsiderata. Lo scorso aprile, infatti, è stato pubblicato un documento a firma di sedici associazioni3, si tratta della “Richiesta di modifica del Codice della Strada e del Regolamento attuativo per evitare la scomparsa degli alberi e delle fasce boschive lungo le strade”.

Vi chiederete quale è il nesso tra le normative in essere che regolano la gestione delle alberature e del verde lungo le strade e la scomparsa progressiva degli alberi, perchè la maggior parte di noi non sarebbe in grado di arrivare anche con una mente arguta e alquanto sospettosa a capire tale contraddizione che vige dal lontano 1992!

Anche la Società Italiana di Meteorologia rappresentata dal noto scienziato Luca Mercalli si erge a difesa dello scempio che stiamo assistendo da molti anni e in particolare in questi ultimi, quando la maggioranza di noi è stata distratta da emergenze di altro genere. Ci si riferisce all’abbattimento di alberature stradali, fasce boschive e tutto quanto si trovi in una fascia molto ampia, limitrofa alle sedi stradali e alle aree di uso pubblico. Numerosi i regolamenti di attuazione che già da molti anni i Comuni hanno emesso in ottemperanza al Decreto Legislativo 285 del 1992. Si tratta di ordinanze che impongono a tutti i privati, proprietari delle aree limitrofe alle sedi stradali pubbliche, di intervenire eliminando “tutta la vegetazione che cresce e si sviluppa a fianco delle strade […] entro una fascia non inferiore a metri 3 a monte e a valle del limite esterno della sede stradale”4.

I Comuni nel caso di inadempienza dei privati, che non provvedano entro l’anno in corso a mantenere libera la fascia di 3 metri, si riservano di intervenire direttamente mettendo poi a carico le spese dell’attività, qualora non vengano compensate dal valore ricavato dal legname! La richiesta agli organi di governo pubblicata dalle numerose associazioni e fondazioni italiane è allo stesso tempo una denuncia pubblica di questa inesorabile giurisprudenza completamente insensata che farà sì che:

Tutte le alberate stradali extraurbane e le fasce boschive laterali alle strade siano inesorabilmente destinate ad essere cancellate dai panorami italiani, a meno di modifiche legislative. Infatti, la scomparsa progressiva non è dovuta solo a malattie o incuria, quanto al controverso quadro normativo, ed in particolare ad alcuni articoli del Codice della Strada e del relativo Regolamento di Attuazione attualmente in vigore.

Si pensi solamente a questa regola del Codice della Strada del 1992 che afferma con il suo Regolamento di Attuazione che “non sono consentite fasce alberate private laterali a tutte le strade extraurbane, alle autostrade, piste ciclabili e sentieri, fino ad una distanza pari all’altezza massima raggiungibile dagli alberi”. Facciamo un esempio, se si volesse costituire un viale di tigli, che raggiungono un’altezza tra i 15 e i 25 metri, la sede stradale dovrebbe avere una fascia libera di 25 metri sui due lati al limite della carreggiata. Pensate quindi al motivo per cui le potature dissennate (capitozzature!), a cui assistiamo lungo i viali nella nostra penisola, da quelli di platani o di tigli, di bellissimi pini marittimi, di splendide querce, aceri e bagolari, vengono perpetrate di anno in anno: eliminare qualsiasi traccia di albero o arbusto presente lungo le nostre strade nel prossimo futuro.

Il danno è stato segnalato e monitorato in tutta la penisola e la risultante sconcerta anche un semplice cittadino che vede in poco tempo desertificare il paesaggio attiguo alle più belle strade d’Italia, quindi con un danno oltre che ecologico anche estetico e paesaggistico. Gli estensori del documento affermano che:

Una discussa sentenza della Corte di Cassazione del 2010 ha di fatto esteso la norma anche alle alberate stradali extraurbane pubbliche, ed oggi sono appena “tollerati” solo i tratti alberati ancora esistenti, senza alcuna possibilità di reintegro. Molte amministrazioni locali (Province, Comuni) sono particolarmente attive nella puntuale applicazione della normativa, provocando danni paesaggistici gravi e permanenti.

La normativa del Codice della Strada oltre ad essere carente sulle modalità di gestione del verde e delle alberature, risulta esattamente in contrasto con i target dell'European Green Deal e con lo strumento Next Generation dell’Unione Europea che rimangono ovviamente sulla carta.

È quindi urgente mettere in atto un progetto di rialberatura delle strade secondarie e locali in quanto, dicono alcuni ricercatori di Ispra, se solo venisse effettuata la piantumazione per la metà della rete stradale attuale, calcolando un albero ogni 10 metri, questo consentirebbe un ripopolamento di 10 milioni di alberi, e soprattutto permetterebbe l'assorbimento di circa un milione di tonnellate all’anno per almeno i primi cinquanta anni di vita delle piante (considerando anche le sostituzioni nel corso del tempo).

Importantissimi e inderogabili i requisiti posti all’attenzione del governo per mettere fine alla desertificazione annunciata. In primis si richiede la legittimazione delle alberate stradali al pari di materiali inerti, spesso maltenuti ed esteticamente sgradevoli, e che siano invece consentite le piantumazioni proprio per creare ove possibile fasce a protezione delle piste ciclabili che attualmente si trovano a ridosso delle strade e mai all’interno, con grande rischio per chi le percorre. In particolare, queste piste ciclabili, che stanno moltiplicandosi a vista d’occhio, vengono realizzate con cordoli in cemento, senza alberature all’interno, e quando presenti sono piante piccole (le famose Lagerstroemie) che vengono martoriate con potature inutili. Le piste rimangono così assolate l’estate e disadorne in inverno, disincentivando sia i pedoni che gli amanti delle due ruote.

Sarebbe anche necessario derogare questi limiti assurdi a tutte le opere di ingegneria naturalistica che potrebbero costituire soluzioni alternative, creando barriere verdi che sostengono il terreno anche nel caso di piogge frequenti. Ed è necessario imporre l’obbligo di rendere vivibili con opere a verde, tramite grandi alberature, le aree di sosta sia lungo le strade che nei parcheggi, pubblici e privati, soprattutto di esercizi commerciali lungo le grandi arterie e non solo.

Si parla da anni dei Criteri Ambientali Minimi5 per cui dovremmo intervenire proprio a partire dalle manutenzioni ordinarie e straordinarie delle strade. Facciamo solo un esempio: gli enti preposti alla cura delle strade come Anas o le società che hanno in appalto le manutenzioni sono in grado di distruggere in poco tempo con macchine grossolane e potenti le nostre alberature e le siepi che ogni anno formano delle masse naturali di estrema bellezza. Queste macchine lasciano dei monconi, degli strappi sul legno che comportano poi l’innesco di malattie a partire proprio da quelle numerose ferite visibili facilmente anche da un occhio non esperto in materia. Tali lavori di manutenzione sono piuttosto attività che gli stessi addetti definiscono di “pulizia” delle strade, in realtà stravolgono il paesaggio urbano.

Gli alberi sono la nostra più preziosa risorsa e quello che servirebbe ai miopi amministratori distratti da burocrazie spesso inutili è sicuramente un cambio di prospettiva. Vorrei concludere con un consiglio di lettura proprio per coloro a cui è stata inviata questa richiesta di cui ho parlato: L’arte di vedere le cose. Leggere il libro della natura di John Burroghs. Una collezione di saggi inediti del grande pensatore e ambientalista americano che già nell’Ottocento fa un inno alla bellezza delle cose semplici e ci incita a non essere meri osservatori passivi della natura ma diventare noi stessi parte integrante di essa. Solo così forse qualcuno in più si convincerà che vale la pena di difenderla seriamente.

Note

1 Kevin Cianfaglione, (a cura di), L’importanza degli alberi e del bosco. Cultura, scienza e coscienza del territorio, 2 Voll., Temi Editrice Trento, 2014.
2 La sterminata bibliografia del maestro della natura Franco Pedrotti, che ho avuto la fortuna di incontrare e conoscere, a cui devo grandi insegnamenti di scienza e di vita, è reperibile anche attraverso Wikipedia che gli dedica una pagina approfondita e che consiglio di consultare vista l’importanza della sua opera, come botanico, naturalista, protezionista e umanista.
3 Bene Comune Cernusco, Canale Ecologia, Colle salviamo l’ambiente, Co.n.al.pa – Coordinamento Nazionale per gli Alberi e il Paesaggio, FAI - Fondo Ambiente Italiano, Italia Nostra, Legambiente, Memorie & Progetti, Osservatorio del Paesaggio per il Monferrato e l’Astigiano, Parco La Goccia – Milano, Federazione Nazionale Pro Natura, Respiro Verde Legalberi, Forum Salviamo il Paesaggio, Società Meteorologica Italiana, Terra, Boschi, Gente e Memorie, WWF - World Wide Fund for Nature.
4 Tratto dall’ordinanza del Comune di Malo ma affine a moltissime emesse in diverse città italiane.
5 “Sono i requisiti ambientali definiti per le varie fasi del processo di acquisto, volti a individuare la soluzione progettuale, il prodotto o il servizio migliore sotto il profilo ambientale lungo il ciclo di vita, tenuto conto della disponibilità di mercato”, Ministero della Transizione Ecologica.