ANASTE rappresenta e sostiene le imprese private di assistenza residenziale alle persone parzialmente e non autosufficienti. Nel corso dei 25 anni di storia delle RSA la tipologia degli ospiti è profondamente cambiata, oggi ci sono anziani in condizioni molto più compromesse, di età media molto superiore, con minori supporti familiari e sociali. Soggetti quindi con necessità assistenziali molto più elevate. La “salvezza” è stata legata soprattutto al senso di responsabilità dei gestori ed all’enorme sforzo del personale, che si è prodigato in ogni modo, durante l’emergenza, per assicurare la continuità dei servizi e dell’assistenza”. Ne parliamo con il presidente Sebastiano Capurso.

Presidente Capurso, siamo oramai al terzo stadio del vaccino, le RSA hanno risentito parecchio delle conseguenze dovute alla pandemia, come state affrontando questa emergenza?

Con maggiore serenità ma con grande attenzione. I vaccini ci garantiscono la protezione dalle forme più gravi di malattia, quelle più pericolose per i nostri anziani, ma certamente i problemi non sono finiti ed è necessario prestare la massima cura per evitare il ripetersi della diffusione della malattia all’interno delle strutture residenziali. Pertanto le direzioni sanitarie, in relazione all’andamento dell’epidemia nei territori circostanti le strutture, stanno disponendo, oltre al rinnovo delle misure di cautela e di corretto comportamento, ormai ben note ed entrate nelle abitudini del personale e degli ospiti, restrizioni alle uscite esterne, maggiori cautele durante le visite in presenza, maggior controllo del personale, con tamponi a frequenza elevata, attività di formazione continua, per mantenere alto il livello di attenzione.

Lei è stato molto critico, anche con una lettera aperta, riguardo gli ospedali di comunità. Ci spiega cosa non funziona in questa riforma che il SSN e le Regioni si apprestano ad affrontare?

La proposta di una riforma così ampia e complessa necessita di un confronto aperto con la cittadinanza, ed in particolare con gli attori del sistema, inclusi gli operatori professionali ed economici che dovranno tradurlo in servizi effettivi alla comunità. ANASTE, unitamente alle altre associazioni datoriali del settore, ha inviato alle istituzioni una serie di proposte concrete e rapidamente realizzabili, considerando che le RSA sono già oggi i veri ‘ospedali di comunità’ e possono diventare, con gli investimenti del PNRR, il presidio cardine dell’assistenza territoriale. Il primo passo deve essere allora utilizzare le RSA, potenziando le strutture esistenti con la digitalizzazione dei processi, migliorando la qualità dell’assistenza con personale più qualificato e motivato ed infine con la realizzazione al Sud dei posti letto mancanti. Valorizzare il patrimonio di esperienze e competenze esistenti, a supporto del sistema pubblico, sarà possibile anche diversificando l’offerta, con servizi domiciliari e di teleassistenza, con la certezza di realizzare in pochi mesi i risultati previsti dal PNRR per il 2026, con un enorme risparmio di risorse, attraverso l’impegno congiunto Stato-Imprese”, per una riforma veramente vicina alle esigenze ed ai bisogni degli anziani e dei disabili, attenta alle esigenze dei lavoratori, che sia innovativa ma che tenga conto dei limiti ma anche delle eccellenze del sistema attuale.

La sua proposta del Garante Nazionale per la Terza Età, ha destato molto interesse. In particolare, la Sicilia, due giorni dopo la sua uscita, ha istituito con un’ordinanza del Consiglio regionale, il Garante Regionale della Terza Età. Quanto è fondamentale questa figura e come si può valorizzare?

La figura del Garante rappresenta un necessario sviluppo del sempre più ampio sistema di trasparenza e controllo delle attività dedicate alla cura e all’assistenza delle persone non autosufficienti. Il ruolo deve essere valorizzato attraverso il conferimento di capacità di intervento diretto anche a livello periferico, mezzi adeguati e possibilità sanzionatorie oltre che di denuncia. Abbiamo assistito per troppo tempo a campagne di stampa non giustificate, che hanno posto in cattiva luce il nostro mondo: il garante servirà anche a monitorare le buone prassi dalle cattive pratiche, attraverso l’analisi di veri specialisti. Ricordiamoci che i diritti delle persone non autosufficienti vengono ignorati assai spesso: costringere un anziano a recarsi di persona per una prenotazione, negare un posto residenza per mesi, rinviare a lungo una visita specialistica o un esame diagnostico, sono tutte situazioni in cui i diritti alla cura vengono negati, e sono purtroppo all’ordine del giorno in molte regioni.

Non si può negare, che nel pieno della pandemia, in regioni come la Lombardia e il Piemonte quella delle residenze per gli anziani era diventata un'emergenza nell'emergenza. Perché è successo? Che spiegazione si è dato?

La fase iniziale della pandemia è stata caratterizzata dalla estrema difficoltà di interpretare le reali dimensioni e la pericolosità dell’infezione da Sars-Cov2. Ciò ha comportato conseguenze gravissime, come il trasferimento di pazienti affetti da Covid-19, benché in forma non grave, e nell’intento lodevole di liberare posti letto negli ospedali, all’interno delle RSA, con l’effetto di amplificare il contagio nelle comunità e causare danni ulteriori. Oggi sappiamo che i malati di Covid-19, anche se asintomatici, possono trasmettere l’infezione e devono essere isolati immediatamente, non certo trasferiti vicino ad altri anziani fragili.

Come è attualmente la situazione nelle RSA italiane dal punto di vista della sicurezza sanitaria e sociale?

Oggi la copertura vaccinale è un’importante garanzia per la possibilità di escludere le forme più gravi di malattia. Oggi le RSA italiane, che hanno retto alla tempesta della pandemia meglio di quelle del resto d’Europa, sono sicure ed in grado di assolvere pienamente il compito loro affidato dal Servizio Sanitario Nazionale, se pure allo stremo dal punto di vista economico, per i notevoli costi aggiuntivi sopportati durante la pandemia, e per la cronica carenza di personale professionale disponibile sul territorio. Su questi due ultimi elementi è necessario avviare una specifica riflessione, onde garantire la continuità dell’assistenza ed i relativi livelli qualitativi.

Andiamo ad affrontare il famoso superbonus. Lei, come le altre associazioni private sanitarie, ha chiesto l'ampliamento anche ad esercenti ed attività sociosanitarie assistenziali con scopo di lucro. Quanto è importante questo provvedimento nell'ottica di strutture più moderne ed efficienti per un miglior servizio agli anziani ospiti?

Recentemente si stanno proponendo nuovi standard per le RSA che dovrebbero riguardare prevalentemente aspetti organizzativi ed assistenziali, in relazione alla modificazione della platea degli ospiti, che sono sempre più anziani e sempre più malati; se si vuole affrontare anche la revisione degli standard dimensionali o strutturali, allora diventa necessario prevedere un incentivo da parte dello stato, in quanto, in questo momento, non è possibile richiedere al mondo dell’assistenza territoriale residenziale ulteriori sacrifici per adeguamenti e modifiche delle strutture. Sarebbe sufficiente una quota minima di quanto previsto dal PNRR per realizzare da subito i servizi di comunità programmati per il 2026.

ANASTE rappresenta e sostiene le imprese private di assistenza residenziale alle persone parzialmente e non autosufficienti. Quanto è cambiata la tipologia degli ospiti nel corso dei 25 anni di storia dell'associazione? È cambiata profondamente, sia per quanto attiene l’età media, sia per la presenza di pluripatologie, ed in particolare demenza, malattia che interessa oltre il 60% degli ospiti attualmente presenti nelle nostre RSA, a fronte del 12% del 2001. È evidente che questa tipologia di pazienti, gravemente non autosufficienti e bisognosi di assistenza continuativa e specializzata, comporta un assorbimento di risorse molto superiore a quanto previsto nei primi anni 2000, quando sono stati fissati gli standard assistenziali. Sono poi aumentati enormemente gli anziani soli, cioè senza una famiglia di supporto alle spalle, ed affidati quindi totalmente alle RSA anche per gli aspetti relazionali e sociali, ed è aumentata anche la durata della degenza media, che oggi è raddoppiata rispetto al 2000, passando da tre a sei anni, richiedendo la strutturazione di ulteriori servizi.

Nell'ottobre scorso ANASTE ha voluto rendere omaggio al personale sanitario delle RSA, con una giornata dedicata all'operatore di RSA. Sappiamo quanto senso di responsabilità c’è stato da parte dei gestori e l'enorme sforzo del personale che si è prodigato in ogni modo, durante l'emergenza, per assicurare la continuità dei servizi e dell’assistenza. Ha avuto riscontri da parte delle istituzioni?

La prima Festa dell’operatore di RSA e di casa di riposo, da noi promossa, ha ricevuto uno straordinario riscontro da parte degli operatori impegnati nell’emergenza pandemica, con oltre 4000 attestati di benemerenza ed esperienza Covid rilasciati da ANASTE, e dimostrazioni di apprezzamento e condivisione da parte di organizzazioni professionali, sindacali e scientifiche. È stato solo un primo elemento per rappresentare il nostro apprezzamento al personale delle RSA: con l’attuale trattativa per il rinnovo del CCNL ANASTE siamo impegnati a tradurre questo impegno in vantaggi concreti per tutte le parti, onde migliorare l’ambiente di lavoro ed il rapporto lavoratori-aziende.