Il primo dicembre, bella data, al suo ritorno a Firenze, dopo un distacco di cinque anni che non è passato inosservato, e per la prima volta sul podio dell’auditorium che ha sostituito il Teatro Comunale, il maestro Riccardo Muti ha scelto di presentarsi in versione Riccardo e non maestro Muti. Quest’ultimo, tuttavia, non può farsi da parte, questione di temperamento, inoltre il pubblico ci rimarrebbe male se accadesse, e da Riccardo faceva capolino.

Il maestro Muti ha diretto la sua Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, fondata dieci anni fa, (Sinfonia Tragica di Schubert, Quinta sinfonia di Tchaikovsky) e prima del bis, l’Ouverture della Giovanna d’Arco di Verdi, Riccardo ha parlato per una decina di minuti. Un lungo discorso dal palcoscenico per celebrare il ritorno in una città per lui molto importante dove aveva diretto l’ultima volta nel 2009, la Missa defunctorum di Paisiello: il musicista napoletano è stato direttore principale del Maggio Musicale Fiorentino dal 1968 al 1980, anni di grandi produzioni e grandi interpreti, a Firenze sono nati i suoi figli. A Firenze è accorso dopo l’attentato di via dei Georgofili del 1993, nel quale morirono cinque persone, per un concerto dedicato alle vittime nella Basilica di San Lorenzo.

Aveva ventisette anni quando prese possesso del Comunale, cominciando un'acclamata carriera internazionale, von Karajan lo volle a Salisburgo già nel ’71. Era il 18 giugno del 1968, in programma musiche di Mozart e Britten, al pianoforte per i Quattro interludi marini dal Peter Grimes, Sviatoslav Richter che richiede l’abusato aggettivo di leggendario. Il pianista russo volle ascoltare il giovane Muti suonare il piano all’Accademia Chigiana di Siena e stabilì: “Se dirige come suona, è un buon direttore”.

Già nel pomeriggio del primo dicembre, a passeggio per piazza della Signoria e Ponte Vecchio, Riccardo aveva scherzato con un artista di strada vestito da mummia egizia, una presenza abituale vicino all’ingresso della Galleria degli Uffizi, e parlato di frutta e verdura, dei prodotti locali, del mangiar bene, con l’ortolano Luca incrociato camminando, mentre andava a fare una consegna di spesa. “Certi calciatori si sentono chissà chi, mentre lui che è un super uomo è semplice, simpatico” riferisce Luca, molto contento dell’incontro cordiale. Ai giornalisti che gli chiedevano delle voci di una sua salita al Quirinale, a Giorgio Napolitano pensionato, Riccardo ha risposto: "Ma perché non mi volete far dirigere, che mi piace tanto?". Ha anche sottolineato di essere uno dei pochi artisti italiani ad avere ancora la residenza in Italia: “Non che questo sia un vanto: è un dovere, per un italiano. Significa che amo ancora questo paese”. Anche se, ha ricordato, il suo impegno attuale è con la Chicago Symphony Orchestra.

“Sono cambiato negli anni, ma ho sempre lo spirito che Firenze mi ha dato” ha esordito Riccardo, con in mano la bacchetta del maestro Muti, quando gli applausi per la Quarta di Tchaikowsky andavano sfumando, e certo il pubblico, piuttosto sorpreso, non poteva immaginare che un apparente saluto sarebbe diventato un discorso. Qualche memoria del suo Maggio, compresa una battuta in pieno stile tosco, udita dopo un allestimento non tradizionale: “Ronconi in Arno”. All’epoca non si era abituati al “teatro di regia”…

Fiorentino onorario, ravennate di casa , ma sanguigno come solo un figlio del Mediterraneo può essere, Riccardo ha preso la mira, caricato e, con fare accattivante e parole colorite, premuto il grilletto. Ha definito “porcherie” alcune regie d’opera che ci vengo “ammannite” Oltralpe, demolito La Traviata della Scala: “L’ho vista solo per dieci minuti e mi sono arrabbiato”. Ha biasimato la faciloneria con la quale ora ci si dedica alla professione: “Prima si studiava. Ora c’è chi ha definito la direzione d’orchestra come la passione del metro quadrato. Se uno non ha voce dirige, se non sa suonare il violino dirige…”. E a proposito di studio, i giovani. “E’ veramente ignobile che in Italia dimentichiamo i nostri giovani” ai quali secondo Riccardo bisogna insegnare la musica e l’etica. “Noi che abbiamo insegnato la musica al mondo, abbiamo ancora la malattia di piegare il ginocchio allo straniero. Dell’orchestra Cherubini se n’è accorta prima Salisburgo della stampa ufficiale e dello Stato italiano”. Applausi e un solo buuuh, quando Riccardo ha detto che la sua attività sta volgendo al termine.

Quello che il pubblico fiorentino ha letto fra le righe delle parole scoppiettanti è quel che si augura ovvero che il musicista torni a Firenze a dirigere un concerto con l’Orchestra del Maggio Musicale, con la quale i rapporti si sono interrotti bruscamente nel 2009, per ragioni sindacali, durante una tournée a Sarajevo.
A presto, maestro Muti. A presto, Riccardo.