Per tre giorni Bari diventerà la capitale di BAM -Black American Music-, con BAMfestival. Tra gli ospiti, alcuni degli artisti più importanti della scena newyorkese come Gary Bartz, Nicholas Payton,Johnny O’Neal, Saul Rubin Zebtet, Orrin Evans e Fabio Morgera.

Il BAMfestival si terrà, dal 16 al 18 aprile, all’Auditorium Showville di Bari, mentre le sedi del Bohèmien Jazz Cafè e la scuola di musica il Pentagramma accoglieranno rispettivamente le jam session notturne e le masterclass degli artisti partecipanti al festival.

Il BAM festival nasce da un’idea dello scrittore e critico musicale Nicola Gaeta, autore di BAM, Il jazz oggi a New York, volume pubblicato per i tipi di Caratteri Mobili e con i quali aveva in precedenza licenziato Una preghiera tra due bicchieri di gin. Sarà lo stesso Gaeta che, con il trombettista Fabio Morgera, curerà la direzione artistica.

Il progetto parte dall’osservazione del conformismo che ormai dilaga, almeno in Italia, in tutti quelli che continuano ad essere definiti jazz festival. L’idea innovativa è quella di divulgare, per la prima volta in Europa, il concetto di BAM, riunendo qui in Puglia, a Bari, alcuni degli artisti più rappresentativi che, attraverso la loro musica suonata in teatro, jam session itineranti per la città e anche momenti di discussione col pubblico e la stampa, ci faranno entrare in questo nuovo universo.

Il jazz è infatti per definizione una musica libera basata sull’improvvisazione che si “sporca” con tutto quello con cui viene a contatto. Lo sanno bene i musicisti afroamericani, jazzisti per codice genetico, che hanno fatto di questo un vessillo sin dagli inizi del Novecento, quando il jazz è nato.

Questa musica ha dei codici, pochi, dai quali è difficile distaccarsi. Un musicista, anche quello che si confronta con l’avant-garde, non può dimenticare che per dirsi un jazzista deve possedere almeno due caratteristiche che si chiamano con termini che in italiano è abbastanza complicato tradurre efficacemente: lo swing, un accento, un modo di porsi, un approccio, e il “groove” qualcosa che ha a che fare con la negritudine, un mood, un feeling.

Da qui parte la considerazione da parte di alcuni musicisti afroamericani, soprattutto i più giovani, di notare che nonostante la diffusione del jazz, queste caratteristiche non tutti riescono ad acquisirle, per cui il prodotto musicale che ne viene fuori è qualcosa, anche di molto valido, ma che col jazz ha poco a che fare.

L’esigenza è quella di affermare la centralità della loro razza all’interno di questa musica che, per dirla con le loro parole “è musica nera, nata con il blues e con i canti degli schiavi nelle piantagioni di cotone”. I musicisti di colore più consapevoli non hanno mai amato chiamare la loro musica “jazz”, perché questo è un termine che hanno voluto i bianchi per giustificare una speculazione dalla quale loro hanno ricavato ben poco.

La questione diventa di nuovo attuale grazie a questi giovani musicisti – Nicholas Payton, trombettista di New Orleans, è il loro headliner – che decidono di rimarcare il territorio chiamando la loro musica BAM, acronimo che sta per Black American Music, un universo in cui l’idioma afroamericano, il jazz per intenderci, ha un ruolo fondamentale ma in cui convergono tutte le altre forme di musica nera che col jazz viaggiano insieme da sempre: il soul, l’hip-hop, l’elettronica afroamericana.

BAM, quindi, è uno spazio all’interno del quale si muovono musicisti moderni che mischiano la grande tradizione afroamericana con nuovi modi di approcciare la musica, uno spazio in cui si viaggia mischiando tutti i linguaggi collettivi che sono stati esplorati nel secolo scorso ( il bop, il free, l’hip-hop, l’elettronica e, perché no, anche il rock) senza alcun tipo di prevaricazione razziale, checché se ne pensi, perché in questo spazio si possono muovere tutti (bianchi, gialli, viola ecc.) l’importante è che si rispetti l’idea che questa è musica afroamericana, è black music, è BAM.

Gli artisti headliner

Johnny o'Neal

È uno dei musicisti più richiesti a New York. Le sue esibizioni sono quelle frequentate dai musicisti che fanno la coda per vederle. È una specie di Art Tatum che canta il blues, non a caso il regista Taylor Hackford l’ha utilizzato nel film Ray per interpretare appunto il pianista statunitense e il New York Times gli ha dedicato numerosi articoli.

Orrin Evans

Un pianista tra i più innovativi di tutta la moderna scena statunitense. Il suo ultimo lavoro Mother’s Touch con la Captain Black Big Band è stato letteralmente acclamato dalla critica.

Gary Bartz

E’ uno dei punti di riferimento della blackness di New York. Nato a Baltimora, 73 anni, ha lavorato con Charles Mingus, Art Blakey & Jazz Messengers, Miles Davis, McCoy Tyner, Max Roach, Jackie McLean. Le sue incursioni nel soul sono ormai storiche: ascoltare per tutte Music Is My Sanctuary. Nel 2005 ha vinto un Grammy per la sua partecipazione a Illuminations di McCoy Tyner. Insegna all’Oberlin Conservatory of Music.

Saul Rubin Zebtet

Saul Rubin è il chitarrista che ha suonato con Sonny Rollins sino a prima che quest’ultimo decidesse di eliminare la chitarra dalle sue formazioni. Un chitarrista versatile e intenso.

Fabio Morgera Ny Cats

Progetto innovativo con elementi di conduction, un modo di dirigere un’orchestra utilizzando l’improvvisazione che il trombettista Fabio Morgera ha imparato dal compianto Butch Morris. Nato a Napoli, attualmente vive a Firenze, dopo aver vissuto a New York per ben 23 anni. A suo agio col funk (Groove Collective e collaborazioni con i DJ’s) e con il jazz, mainstream e avant-garde. Chiama la sua musica free-jazz-funk, un misto di suoni black e di conduction. Conosce la New York musicale a menadito. Firma la direzione artistica di questo festival insieme a Nicola Gaeta.

Nicholas Payton

Trombettista da New Orleans è stato quello che ha dato inizio alla questione BAM. Qui si presenta in trio nella sua veste più “groovy” cimentandosi anche al piano elettrico.

Tutti gli altri comprimari, Vicente Archer, Donald Edwards, Troy Roberts, Brandon Lewis, Corcoran Holt, Stafford Hunter, Brian Charette, Riccardo Bianchi, Daniel Moreno, Bill Stewart, sono musicisti di primo livello che, fatta eccezione per l'italiano Riccardo Bianchi, sono molto conosciuti per la loro perizia nell'ambiente musicale statunitense.

Per saperne di più:
www.bamfestival.it