“Da quando ho conosciuto l’arte ‘sta cella è diventata una prigione”. Cosimo Rega, ergastolano, lo dice in chiusura di Cesare deve morire, il film del 2012 dei fratelli Paolo e Vittorio Taviani sul teatro in carcere, premiato con l’Orso d’oro a Berlino. E’ così straziato Rega, che ci appare bambino, prima che diventasse malavitoso, prima che uccidesse la gente, perché si capisce che se l’arte l’avesse conosciuta da piccolo, non avrebbe fatto il camorrista ma forse l’attore. Non avrebbe distrutto, ma offerto. Sarebbe stato toccante vedere il capolavoro dei Taviani insieme con Claudio Abbado, del quale pare di udire i fremiti invece delle parole, che erano poche. Molto chiare, però: “La musica è necessaria alla vita: può cambiarla, migliorarla e in alcuni casi addirittura salvarla”.

L’associazione Mozart14, voluta e presieduta da Alessandra, figlia del direttore d’orchestra, poggia su questo aforisma ed è nata dall’eredità della disciolta Orchestra Mozart per proseguire i progetti sociali ed educativi lasciati da Abbado. Progetti straordinari come i personaggi delle opere di Mozart ai quali sono intitolati: Tamino (dal 2006 - tranne una piccola interruzione dal dicembre 2013 al novembre 2014 - attività e laboratori musicali nei reparti pediatrici, strutture socio-assistenziali e scuole), Papageno (un coro polifonico diretto dal Maestro Michele Napolitano e composto da detenuti del carcere Dozza di Bologna ), Leporello (un percorso per i giovani reclusi del carcere minorile del Pratello di Bologna, un percorso per tramutare, con la guida di due musicoterapeuti, il disagio in canzoni puntando sull’immensa creatività dei ragazzi) e Cherubino (in fase di valutazione sarà dedicato agli adolescenti in sofferenza).

Le occasioni in cui la musica può salvare la vita sono infinite, un esercizio importante è pensare dove è più necessaria. Ecco quattordici luoghi e momenti proposti dalla Mozart14, con il proposito di andare sempre avanti e sperando di essere d’ispirazione per molti affinché le trovate si moltiplichino. Madamina, il catalogo è questo: in ospedale, in un ospedale pediatrico, in un carcere, in un carcere minorile, fra gli adolescenti, fra i migranti, fra i naufraghi che fuggono dalla guerra e dal dolore, in una scuola, ovunque un bambino sia sfruttato per lavorare, nei luoghi in cui la povertà annienta il futuro, nelle terre di mafia, dove si combatte per difendere l’ambiente: 90.000 alberi valgono un solo concerto, nei luoghi di guerra: un’orchestra può unire anche Israele e Palestina (la West-Eastern Divan Orchestra fondata da Daniel Barenboim e Edward Said nel 1999 lo testimonia n.d.r.) , ovunque esista la solitudine, perché con la musica non si è mai soli.

La musica salva la vita. Non è uno slogan assicurano alla Mozart14, è una certezza. Spiegano che i neonati prematuri, per esempio, sono costretti a vivere senza un contatto fisico con la madre. Siccome il primo senso che il neonato sviluppa è quello dell’udito, con la musica si costruisce una relazione fra genitore e figlio basata sul canto. E le note leniscono il rumore che la creatura è costretta a sopportare: quello meccanico dei macchinari. I risultati sono straordinari, madri e padri entusiasti. “Cantare in un coro è molto più che studiare musica: significa entrare in una comunità. E’ un formidabile mezzo di relazione che ti coinvolge a livello intellettuale, emotivo e fisico e ti cambia la vita” è la convinzione di Josè Antonio Abreu, amico di Claudio Abbado e ideatore del Sistema per la diffusione della musica in Venezuela. Ecco perché proprio un coro, in galera. Il coro Papageno fa due concerti l’anno, uno per i detenuti, che si è svolto pochi giorni fa e uno per il pubblico in cartellone il 4 luglio (biglietti in vendita da giugno).

Dal principio della sua attività, ininterrotta dal 2011, sono stati coinvolti circa 2500 prigionieri fra uomini e donne. Nei giorni scorsi l’incoraggiante esperienza di cantare con un altro coro, quello Universitario, in occasione dell’inaugurazione del Polo Universitario della Dozza, dove ci potrà laureare durante la reclusione. Alla Mozart14 sanno che cos’è lo scetticismo iniziale dei “colleghi” carcerati dei cantanti: “Cosa te ne fai di cantare?”, “Non preferiresti trovare un lavoro e mettere da parte qualche cosa per la tua famiglia?”. Sanno anche che quello scetticismo scivola presto nella fiducia. “Dovete fidarvi dei nostri occhi – raccontano -, come noi ci siamo fidati degli occhi dei detenuti che hanno assistito. La loro ironia si trasforma in stupore, lo stupore in curiosità, la curiosità in meraviglia, la meraviglia in desiderio.

Un’ora di canto strappa tutti da qualsiasi pensiero e da qualsiasi reato: ognuno dei partecipanti sa che in quel momento si trova ovunque la sua mente lo possa trasportare”. E alla fine dei concerti i coristi sono trionfanti, orgogliosi e felici. E si crea una piccola fila di sbalorditi che chiede informazioni: “Vorrei partecipare anch’io, che cosa devo fare?”.

Per saperne di più e per associarsi:
www.Mozart14.com