È Lo Schiaccianoci, su musica di Pëtr Il'ič Čajkovskij, prodotto dal Ballet du Grand Théâtre de Genève, lo spettacolo andato in scena di recente al Teatro Comunale di Vicenza.

La coreografia della nuova produzione de Lo Schiaccianoci, dal libretto di Ivan Vsevololojski e Marius Petita, tratto dal racconto Storia di uno Schiaccianoci di Alexandre Dumas e Schiaccianoci e il re dei topi di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann - scrittore, compositore e pittore tedesco, esponente del Romanticismo - è stata affidata al trentaduenne fiammingo Jeroen Verbruggen, che propone una originalissima rilettura dell’abbinata classica Petita-Čajkovskij, strutturando un viaggio rutilante in un immaginario fiabesco davvero coinvolgente nella dinamica, e nell'enfasi di un balletto fantastico che in due atti non manca di tenere, per quasi due ore, un singolare ritmo legato a passioni e sorprese, come quelle dettate dai costumi di « on aura tout vu » Livia Stoianova e Yassen Samouilov (che vestono tra l'altro star dello showbiz come Lady Gaga).

Lo Schiaccianoci andò in scena per la prima volta il 18 dicembre del 1892 al Teatro Marinskij di San Pietroburgo, e vede per la seconda volta il Ballet du Grand Théâtre in una nuova versione dopo la prima di qualche anno fa, rappresentata con l'attuale direttore dell'Opéra di Parigi, Benjamin Millepied. In questa nuova versione il tema de Lo Schiaccianoci diventa, invece, la forma del superamento dell’infanzia. E in questo remake contemporaneo, l’adolescenza è infatti il passaggio della vita nonché il momento di una conoscenza che si caratterizza in un dinamico movimento in cui trionfano la fantasia e la danza, e dove l’ambientazione dall’originale clima fiabesco si trasferisce in un fantastico e sfarzoso mondo barocco. Il merito è del coreografo fiammingo Jeroen Verbruggen, che nella sua lettura e trasposizione ci coinvolge in un viaggio onirico tutto legato alla formazione della giovane Marie, protesa nel passaggio all'età adulta.

Vivono così le paure, le fascinazioni e le curiosità che per Marie si incarnano nella figura di Drosselmeyer, misterioso amico di famiglia, simbolo dell'incontro con l'altro sesso, e con il mistero dell'attrazione e dell'amore. E non è di certo un caso se al centro della coreografia di Verbruggen ritroviamo un gran ballo rococò oscuro e fastoso, in cui Marie inizia a comprendere le sue aspirazioni e i suoi desideri, in un rutilare di incontri coreografati nell'inarrestabile flusso di danza, atletica, ritmata, velocissima, che diventa un vero tour de force per i ventiquattro danzatori sempre più coinvolti a seguire le straordinarie musiche di Čajkovskij.

Così la stessa Marie finisce anche per impersonare lo Schiaccianoci della storia, diventando metafora teatrale dell’adolescenza come una tappa dell’esistenza in grado di rivelare le regole dell’amore, della passione e della sofferenza. Forma e movimento sono le caratteristiche primarie di uno spettacolo che muove tutto dentro un’ambientazione fastosa e coinvolgente, in cui gli oggetti e i corpi creano nuovi segni e nuove suggestioni.