Ironico, sorpendetente e appassionante. È stato questo e molto altro ancora lo spettacolo andato in scena al Teatro Malibran della Fenice: Les Chevaliers de la Table ronde (I cavalieri della tavola rotonda) del compositore d’operetta Florimond Ronger, detto Hervé, è stato il quarto titolo della stagione lirica e di balletto della Fondazione Teatro La Fenice. Unica tappa italiana per un evento clou tra le manifestazioni del cartellone invernale.

L’opéra-bouffe, andata in scena per la prima volta nel 1866 al Théâtre des Bouffes-Parisiens e considerata il primo dei quattro capolavori dell’autore, è stata proposta in una trascrizione per tredici cantanti e dodici strumentisti, ed è stata curata da Thibault Perrine, mediante un nuovo allestimento del Centre de musique romantique française di Palazzetto Bru Zane con la direzione musicale di Christophe Grapperon, regia, scene e costumi a Pierre-André Weitz, e come interpreti i cantanti e gli strumentisti della compagnia Les Brigands. Ironia e sapidità sono stati gli ingredienti che hanno reso Les Chevaliers de la Table ronde uno dei capolavori nel genere.

E ad essere "presi di mira" sono gli eroi del ciclo bretone, cavalieri e gentildonne dei più celebri poemi cavallereschi che diventano qui damerini cialtroni e dame rapaci, protagonisti di situazioni esilaranti e cariche di divertimento. Nel cast, composto dagli interpreti della compagnia Les Brigands, figurano Damien Bigourdan, Rodomont; Antoine Philippot, Sacripant; Arnaud Marzorati, Merlin; Mathias Vidal, Médor; Ingrid Perruche, Totoche; Lara Neumann, Angélique; Chantal Santon-Jeffery, Mélusine; Clémentine Bourgoin, Fleur-de-Neige; Rémy Mathieu, Roland; David Ghilardi, Amadis des Gaules; Théophile Alexandre, Lancelot du Lac; Jérémie Delvert, Renaud de Montauban; Pierre Lebon, Ogier le Danois.

«Nel 1866, al momento della loro creazione – spiegano il regista Pierre-André Weitz e la sua assistente Victoria Duhamel –, Les Chevaliers de la Table ronde furono accolti con indifferenza dal pubblico. Hervé donò alla sua opera una seconda vita nel 1872, con una versione arricchita da nuove arie e dotata di un libretto più esplicativo, in cui l’atto terzo, in particolare, perde il suo irresistibile tocco di follia. Conformemente alle regole del genere dell’opéra-bouffe, in cui riscrittura e adattamento sono tappe abituali del percorso di un’opera, abbiamo preso la decisione di presentare la ‘nostra’ versione degli Chevaliers. Abbiamo seguito la trama dell’edizione del 1866, integrandola con alcune delle gustose aggiunte musicali del 1872».

Infatti, il procedimento comico-musicale ideato da Hervé e trasferito in palcoscenico consiste in una grande varietà di cambiamenti di tono. A più riprese durante lo spettacolo si crea un clima paragonabile a quello di un'opera lirica di genere serio, poi spezzato bruscamente per mezzo di una sorpresa, della comparsa del tutto inaspettata di un elemento nettamente discordante rispetto all'atmosfera che si è creata. E del resto per evocare il genere serio, non c'è niente di meglio che del recitativo, magniloquente o elegiaco, veicolo di sentimenti elevati, che esplodono con una semplice parola oppure con un'espressione familiare.

Del resto per sorprendere il proprio Hervé e la compagnia francese in scena, si divertono a giocare con le parole, a volte ripetendole fino all'ebbrezza. Parole in alcuni casi tagliate a fette per il piacere e il gusto di farlo come nel riuscito girotondo alla fine del primo atto “Mai più bel mestiere/ vi fu mai al mondo/! Di quel cavallo, di quel cavaliere...” . Così Les Chevaliers de la Table ronde tiene lo spettatore in un livello altissimo di tensione e divertimento, gioco e attenzione, sfruttando al massimo ogni situazione e ogni pretesto utile del famoso libretto per strappare applausi e riconoscimenti da parte del pubblico.