Gli Elvis della musica sono due: uno è considerato il Big Bang da cui il rock è nato e ha iniziato il suo moto “rotolante”, travolgendo e reinventando ovunque la cultura popolare, e l’altro è sicuramente stato una deflagrazione improvvisa e violenta, tanto da imprimere per sempre su quella “roccia” il proprio segno inconfondibile. Se il primo si è guadagnato il diritto ad essere “evocato” anche con la sola citazione del prenome, il secondo però, per definire il suo mondo, ha bisogno che ne venga pronunciato pure il cognome: Costello.

Va detto subito, in questo caso si tratta di un nome d’arte che ha origine dall’accostamento fra quello di “The King” con parte dello pseudonimo (Day Costello) utilizzato dal padre, a sua volta musicista, per l’incisione di una cover di The Long And Winding Road dei Beatles (singolo del 1970, molto simile all’originale nell’interpretazione e nell’arrangiamento, che ebbe un discreto successo in Australia). Non è l’unica cosa comunque di derivazione paterna, basti guardare gli occhialoni indossati sulla copertina del suddetto 45 giri di Day Costello per capire che Declan Patrick MacManus (vero nome di Elvis Costello) ha voluto omaggiare il genitore, e non Buddy Holly (non solo almeno), persino nel look.

La “deflagrazione” che Costello ha scatenato nel 1977, anno ufficiale di debutto con l’album My Aim Is True, ha tratto in inganno più di qualcuno, essendo avvenuta in un momento ricordato più che altro per lo “scoppio” fragoroso del punk; ma cavalcare un’onda non sua non era ciò che gli interessava. La rabbia di Elvis era troppo genuina e personale per essere demandata a qualsivoglia movimento, così come la sua conoscenza della musica troppo vasta per non poterci attingere liberamente e giocarci a piacimento (d’altronde con una madre che vendeva dischi era giusto approfittarne). Sapeva che voleva vivere suonando e con questa idea ben impressa nelle viscere e nella mente, ha salutato la famiglia e si è immolato a ogni sacrificio che in qualche modo lo potesse avvicinare al grande sogno: è andato ad abitare in case che erano topaie (nel vero senso del termine) e per mantenersi ha lavorato come data-entry presso il colosso della cosmetica Elizabeth Arden (che nella canzone I’m Not Angry definirà “vanity factory”) e come operatore informatico in banca.

Una volta arruolato dalla piccola etichetta Stiff, il primo album verrà inciso mettendo insieme una seria di permessi lavorativi e usufruendo di tutti i ritagli di tempo disponibili. Nasce così quel primo capolavoro di My Aim Is True, contenente un rock and roll nuovo e potente, a metà strada fra il Merseyside e Memphis, bandiera della ribellione di chi non si riconosce nelle regole imposte e distorte della società e del mondo e preferisce starsene, a testa alta, fuori. Un altro elemento profondamente distintivo della personalità artistica di Costello è sempre stato il sarcasmo, una spada affilata capace di colpire nel segno più della serietà. Musicalmente si fa “rumore”, ma lo si fa con gran classe, talvolta esibendo, talvolta occultando, preziosismi e citazioni incastrati con sapere e disinvoltura nello scorrere dei brani.

A spianare la strada al disco ci pensano lo sdegno di Less Than Zero e il romanticismo dolceamaro di Alison, pezzo da incorniciare: due gioielli tanto distinti quanto fulgidi e due singoli che si faranno, appunto, notare. Per una realtà come la Stiff il mercato americano resta però quasi un miraggio, ecco allora che si mostra l’indole “punk” di Costello, il quale imbraccia la chitarra e si reca di persona all’Hilton di Londra, dove è in corso una convention della statunitense Columbia (casa discografica di nomi quali Bob Dylan, The Byrds, Leonard Cohen, Janis Joplin, …) alla presenza del presidente Walter Yetnikoff. Di fronte alla hall il musicista attacca a tutto volume e senza pause il suo rock and roll al vetriolo e quando gli viene intimato di smettere dallo staff dell’hotel, minacciando addirittura l’intervento della polizia, Costello addolcisce i toni con la sua Alison. La storia finisce con una multa, ma anche con un bel contratto discografico.

Ed è sull’edizione americana di fine anno che comparirà un altro colpo da maestro come Watching The Detectives, miscela pop-rock-reggae-psichedelica e primo pezzo in cui sono accreditati The Attractions, il gruppo costituito da Steve Nieve (tastiere), Bruce Thomas (basso) e Pete Thomas (batteria) con cui l’artista siglerà alcuni dei capitoli fondamentali della propria carriera e della popular music. Seguiranno a ripetizione gli album This Year’s Model (1978) e Armed Forces (1979) a consacrare il suono robusto e agile da E Street Band d’oltremanica della formazione e la penna da invincibile songwriter di Costello che ormai inarrestabile sciorinerà hit su hit: (I Don’t Want To Go To) Chelsea, Pump It Up, Radio Radio, (What’s So Funny ‘Bout) Peace, Love & Understanding, Accidents Will Happen e Oliver’s Army.

Impossibile però imbrigliarlo, catalogarlo in un genere. Questa è “solo” la partenza di una discografia infinita, costellata di capolavori, esperimenti e tributi che dimostreranno di volta in volta la sua sete d’arte e la finezza del suo cesello. Di lì a poco viaggerà attraverso rhythm and blues e country per approdare al pop sinfonico e al jazz, consegnando alla storia un capolavoro come Imperial Bedroom (1982), prodotto dall’ingegnere del suono dei Beatles Geoff Emerick e considerato proprio il suo Sgt. Pepper’s, contenente quella Almost Blue che è diventata, grazie anche alla rilettura di Chet Baker, uno dei nuovi standard jazz. Baker inoltre metterà la sua tromba al servizio di un altro classico immortale costelliano come Shipbuilding, contenuto nel successivo Punch The Clock (1983).

Fra le moltissime collaborazioni, memorabili sono quella con Paul McCartney (responsabile di innumerevoli gemme tra cui, citando solo quelle della discografia di Costello, la hit Veronica, il rock di Pads, Paws And Claws e il pop sopraffino di So Like Candy) - si ascoltino comunque per intero i lavori Spike (1989) e Mighty Like A Rose (1991) di Costello e Flowers In The Dirt (1989) e Off The Ground (1993) di McCartney per godere appieno il frutto della collaborazione e gustare in entrambi i casi un art pop ai vertici - e quella con Burt Bacharach, dalla quale ha preso vita l’album di pop jazz per eccellenza, Painted From Memory del 1998 (contenente la splendida God Give Me Strength). Con The Attractions ci saranno congedi e ritrovi, fino al definitivo addio di All This Useless Beauty del 1996: dalle loro ceneri nascerà più avanti la backing band degli Imposters (assolutamente consigliato The Delivery Man del 2004), che altro non sono che gli Attractions con un altro bassista (Davey Faragher) al posto di Bruce Thomas.

Impossibile citare tutto, ma vanno ricordati almeno altri progetti singolari e preziosi come: King Of America (1986), magistrale esempio di folk americano, The Juliet Letters (1991), canzoni per quartetto d’archi accompagnate da The Brodsky String Quartet, il rock verace e vibrante di When I Was Cruel (2002), il trittico targato dalla monumentale Deutsche Grammophone costituito dal jazz di North (2003), da Il Sogno (2004), ossia le musiche commissionategli per un balletto classico, e dal disco For The Stars (2001), in coppia con il mezzo-soprano classico Anne Sofie von Otter; poi ancora l’album di R&B con Allen Toussaint dal titolo The River In Reverse (2006), il bluegrass e il country di Secret, Profane & Sugarcane (2009) e quello che è attualmente l’ultimo lavoro, Wise Up Ghost (2013), inciso insieme alla band The Roots: il più raffinato songwriting immerso in sonorità hip-hop in un composto davvero unico e affascinante.

La tournée mondiale Detour toccherà l’Italia a fine maggio con ben 7 date (Torino, Milano, Padova, Firenze, Bologna, Roma e Brescia): sul palco Elvis Costello da solo circondato da un set incredibile di chitarre, un pianoforte e tutta la sua storia a cui attingere a piene mani secondo l’estro del momento (nei suoi spettacoli infatti è pressoché impossibile trovare set-list che si ripetano). Le canzoni vengono spogliate e riportate al momento creativo, con tutte le emozioni messe in luce dalla sensibilità e dalla solidità dei mezzi tecnici del musicista: uno dei modi migliori per ripercorrere e celebrare quasi 40 anni di una delle carriere più importanti del panorama musicale. Altamente raccomandato.