Letizia Gambi ha le stimmate della volontà associata al talento. Caratteristiche che le hanno permesso di non arrendersi ad alcune difficoltà incontrate lungo la strada. Sono diventate invece delle ancore a cui rilanciare il proprio sogno, quello di cantare la sua musica, fatta di tanti elementi diversi. Dopo l’ottimo esordio di Introducing Letizia Gambi (Jando Music), è uscito da poche settimane Blue Monday (ArtistShare), un disco pieno di ospiti speciali, come Sir Ron Carter e prodotto ancora una volta dal leggendario batterista Lenny White (ex Return To Forever, Miles Davis, Chaka Khan in un curriculum chilometrico): “Penso sia un lavoro – afferma Letizia - che mi rappresenta in pieno, ne sono legittimamente orgogliosa per come l’album si è sviluppato, vista anche la possibilità che ArtistShare concede di seguire il processo creativo in tutte le sue fasi evolutive, e poi per i preziosi contributi di tutti gli amici e grandi musicisti che ho avuto il privilegio di ospitare da Gil Goldstein a Donald Vega fra molti altri. Abbiamo scelto con cura la tracklist, che ci permetteva diverse opzioni abbinando cose diversissime ma ugualmente stimolanti affrontate in passato da Joe Henderson, Jackie McLean e Miles Davis, con gli altrettanto indimenticabili Pino Daniele e Lelio Luttazzi, la cui fondazione sentitamente ringrazio, un’icona pop come Amy Winehouse e altro che vorrei invitare la gente ad ascoltare”.

Un bel modo di coniugare il jazz, che è l’ambito in cui ti muovi, con le tue radici…

Come poteva essere diversamente? Quelle splendide canzoni le ho nel mio DNA, non si può prescindere dalla propria storia personale, per cui l’ho affrontata e personalizzata con l’altra mia passione che è il jazz, anche se il buono può arrivare da ogni parte. La cultura napoletana è sempre dentro me, ma anche la vena melodica che contraddistingue noi italiani è un punto che ci eleva e ci rende speciali nel mondo. Il mare mi ispira, i colori della mia terra, ma soprattutto quelli della mia vita che è vissuta viaggiando e vedendo tanti posti diversi respirando in strade, città, stazioni e vicoli di luoghi speciali e incontrando tante persone diverse, soffrendo, lottando, vivendo intensamente. Prendo costantemente ispirazione da tutto ciò che mi tocca il cuore, nel bene e nel male. Credo che il mio percorso umano sia ciò che si sta aggiungendo alla mia musica. L'amore e il desiderio di comunicare attraverso la musica. Il poter dare un messaggio positivo e con uno scopo alto, credo che uno dei poteri della musica sia quello di sensibilizzare il prossimo. Io ci credo e di conseguenza provo a farlo.

Quando e come ti sei scoperta cantante? E il jazz invece come è arrivato nella tua vita?

Mi sono scoperta cantante relativamente tardi, dopo aver studiato danza e teatro ho capito che amavo tanto la musica, ma non avevo mai trovato il coraggio di esprimermi perché mio zio è un cantante lirico e mia madre cantava, e inconsciamente avevo paura di mettermi in gioco... Poi ho scoperto che quando cantavo suscitavo delle emozioni nelle persone che mi ascoltavano e ho deciso di provarci sul serio. Avevo sempre sentito dire che se canti jazz puoi cantare tutto. Mio padre amava il jazz e ho deciso di fare il provino per la Scuola Civica di Jazz di Milano diretta dai M° Intra e Cerri e mi hanno presa. È stato allora che il jazz è entrato nella mia vita in modo più reale... ma il jazz fa parte davvero di me da quando lavoro con Lenny White e da quando ho avuto l'opportunità di lavorare in USA insieme a mostri sacri. È una questione anche di approccio mentale, ho imparato tanto sulla cultura nera che sta dietro alla musica jazz e ne ho un profondo rispetto.

Come è stato lavorare in studio con Lenny?

Dalla rielaborazione di Carmela, lo straordinario brano di Sergio Bruni divenuto My Town, che io scelsi come primo provino, devo ammettere che siamo andati molto avanti. Lui ha sempre cercato di mettermi a mio totale agio: sono stata molto più io che lui a spingere sul jazz, quindi mi ha consigliato al meglio pregandomi di rimanere me stessa, anche lui è consapevole del valore delle proprie radici.

Dov’è che le vostre strade si sono incrociate?

Devo dire che è stato un incontro fortunato, qualcosa che senza mezzi termini posso definire come la svolta della mia vita artistica. La dinamica è stata questa: anche se adesso non gode di molta fortuna, il primo social per eccellenza è stato MySpace, soprattutto perché mi permetteva di avere una piattaforma diretta per ascoltare musica. Fui contattata da un manager, naturalmente americano, che dopo avermi ascoltato avanzò una sua proposta per rappresentarmi in quel territorio. L’approccio fu molto easy ma professionale. Lui conosceva già Lenny e ci lavorava insieme: mi chiese allora di realizzare un video con tre brani per riuscire a mettere un punto di partenza, ma il caso volle (eravamo all’inizio del 2009), che improvvisamente, senza traumi particolari, persi l’udito da un orecchio al 50%: ebbi la sensazione che fosse un fastidio transitorio, ma purtroppo non fu così. Mi sottoposi a cure e ricoveri senza fortuna per cui mi sembrava realmente impossibile che potessi coltivare ancora il mio sogno. Come si fa a cantare sentendo da un orecchio solo? Difatti mi sentivo spaesata e squilibrata, perché tutto quello che mi arrivava giungeva solo da sinistra. Ma il destino stava congiurando a mio favore…

Ovvero?

Vivo a Milano da tempo, perché per la musica è un luogo che offre molte opportunità. Da più di dieci anni è attiva la sede italiana del Blue Note, un locale veramente splendido che spesso offre la possibilità di ammirare da vicino delle vere leggende. Una sera, rientrando a casa ecco che mi si presenta davanti un manifesto che annuncia un concerto di Chick Corea con la presenza di Lenny alla batteria. Della cosa informai il manager che mi spronò a non perdere l’occasione, quasi alla stregua di una chance unica. Ovviamente il concerto fu strepitoso e nel backstage Lenny fu particolarmente affabile, gli esposi la mia idea di provare a fondere le mie radici napoletane con il jazz e lui mi incoraggiò a mandargli qualcosa, tale era la sua curiosità. Ci siamo scambiati pareri e materiali fino a quando non mi ha chiesto di reincontrarlo a Londra, dove il nostro rapporto professionale ha avuto ufficialmente inizio.

Una curiosità invece, il manager americano che fine ha fatto?

Sai che alla fine non ci ho mai lavorato realmente? So che ha cambiato settore però è stato un vero e proprio incontro karmico: congedandosi mi ha augurato le migliori fortune, che piano piano si stanno avverando…

Chi senti di dover ringraziare per i risultati che hai ottenuto?

Tutti coloro che hanno creduto nelle mie possibilità. Oltre a Lenny che è il mio padrino artistico, sono particolarmente legata a Giandomenico Ciaramella, discografico competente e appassionato, non solo per aver permesso il mio debutto assoluto ma per tutto quello che ha fatto in seguito per promuovere me e la mia musica, che ovviamente passa lontano dalla televisione e dai grandi network radiofonici. Ho incontrato anche molta falsità dalle nostre parti, ma non mi sono certo scoraggiata, ho cambiato obiettivo e sono andata a prendere le mie soddisfazioni altrove…

Hai poi cantato con Corea, Ron Carter, ricevuto i complimenti di Sting, notoriamente un tipo non molto accomodante… cosa unisce tutti questi grandi?

L’umiltà, che è appunto una virtù che appartiene a chi grande lo è per davvero. Se c’è una cosa che mi ha insegnato proprio la musica, è la grande umanità di chi ha scritto pagine importanti nella storia ma che, nonostante tutto ha ancora voglia di conoscere, sperimentare, migliorare, ed è felice di darti consigli utili, così come ha fatto con me anche un’icona del calibro di Sting.

Cosa succederà adesso e se potessi concretizzare un sogno, quale sarebbe?

Vorrei esibirmi dal vivo per quanto e dove sia possibile. Ho un ottimo rapporto con il pubblico e il calore di quanti sono venuti ad applaudirmi fra Roma e Milano me lo ha confermato. Gente che si emoziona quando canto la mia Napoli: ne sono doppiamente fiera. Il mio sogno è cantare il più possibile e vorrei che la mia musica non fosse considerata "di nicchia": di fatto non lo è. È musica per le persone. Vorrei fosse trasmessa in radio perché la percezione del pubblico cambierebbe totalmente. Ho altri progetti da sviluppare e mi piacerebbe incidere altri album contaminando le mie idee con quelle di altri artisti. Il sogno più grande è la colonna sonora di un film per il cinema dove sono anche attrice.