Ida Lupino non è soltanto una delle più belle composizioni associate all’estro di Carla e Paul Bley, ma anche il titolo del nuovo album di un duo di grandi jazzisti italiani, formato da Giovanni Guidi (piano) e Gianluca Petrella (trombone), cui nell’occasione si sono aggiunti Louis Sclavis (sassofoni) e Gerald Cleaver (batteria). Il lavoro è stato pubblicato con unanimi consensi dall'autorevolissima etichetta tedesca Ecm del produttore Manfred Eicher, vero antesignano di una nuova estetica musicale, di cui Guidi e Petrella ci hanno parlato con legittima soddisfazione.

Siamo di fronte a un lavoro che possiede molte sfaccettature a partire dal titolo oltre che dalla scelta dell’organico, Ida Lupino è una ballad di pregio ma non è conosciuta ai più, come è avvenuta la gestazione dell'album e la scelta del titolo?
Guidi: Come spesso avviene per le cose che poi si rivelano importanti nella vita, è stato quasi un caso suonare quel pezzo e intitolare l’album così. Lo stavamo canticchiando la sera prima della registrazione a cena, così abbiamo deciso di inciderlo il giorno seguente. Per me, che sono un amante totale della produzione dei Bley, si tratta di un brano che ho sempre amato moltissimo. Il repertorio è per la maggior parte improvvisato: una conseguenza naturale del solido interplay che c’è fra me e Gianluca, con cui suono da diverso tempo, mentre anche con Gerald c’erano stati degli ottimi precedenti.

Per quanto riguarda l'aggiunta di Louis - interviene Petrella - lo abbiamo proposto a Manfred, proprio pensando al tipo di musica che ci apprestavamo a eseguire, scelta che Manfred ha ratificato con entusiasmo. Lui è un musicista davvero a 360 gradi, penso che qualsiasi definizione alla sua musica, gli risulterebbe stretta. Prima che il disco venisse pubblicato abbiamo fatto un concerto ad Atene con Sclavis. È stata una serata magica di cui ricordo ogni dettaglio, sarà davvero un qualcosa che mi accompagnerà a lungo.

Mi sembra che la componente improvvisativa rappresenti un aspetto molto legato alla vostra musica, Come si arriva a realizzare delle buone improvvisazioni quando si suona?
Guidi: In realtà questo processo è molto difficile da spiegare, certamente molto di più rispetto a quando si suona, capire se si siano eseguite buone improvvisazioni o meno è davvero arduo. Rappresenta una delle coordinate della mia musica su un campo su cui si deve lavorare moltissimo prima di avere risultati soddisfacenti.
Petrella: Di certo è un fattore essenziale nella nostra musica e abbiamo cercato di dimostrarlo proprio in questo disco, dove l’idea di fondo era proprio legata all’improvvisazione con l’innesto di idee e piccoli canovacci sonori. Personalmente presto molta attenzione a chi mi sta vicino quando suono, cercando di capire quello che fa e come è possibile portare avanti il dialogo, è sempre stato un punto di fondamentale importanza per lo sviluppo della mia carriera.

Sempre in tema di ricerca, e non solo perché rappresentate l’Ecm, voi tenete parecchio al suono: non alludo al suo aspetto meramente tecnico, bensì all'elemento che produce la sonorità. In altre parole l'atmosfera che i suoni sono in grado di creare e le conseguenti emozioni che inducono in chi ascolta… State inseguendo un tuo obiettivo ideale in questo senso, tu Gianluca sei sempre stato molto imprevedibile nel corso della tua carriera, suonando molte cose differenti…
Guidi: Un punto ideale in realtà esiste nella misura in cui ti tocca ancora imparare e sperimentare. Personalmente il suono rappresenta il punto più alto del godimento della musica, ed è per questo che per me è un ambito veramente importante. Si tratta di un cammino praticamente infinito ed è proprio lì che ho centrato tutto il mio lavoro di ricerca in ambito musicale.
Petrella: Sono sostanzialmente d’accordo. Io sono innamorato del suono del mio strumento, che non è affatto semplice da suonare. Nella mia ricerca sono sempre stato attratto dalle radici del suono afro-americano nella sua accezione più estesa e dalle nuove frontiere del suono che possono essere raggiunte con l’ausilio di macchinari e campionamenti. Tutto parte dalla testa però, e mi piace destreggiarmi fra tutto quello che mi ha accompagnato e formato sino a qui.

Entrambi avevate parecchio suonato per la Ecm, eppure questo è solo il secondo disco che condividete dopo la produzione indipendente di Soupstar di un paio di anni fa. Vogliamo sottolinearne l'evoluzione, anche per quanto riguarda la presenza in studio di Eicher?
Guidi: Sono in un percorso e guardo al viaggio più che alle tappe, per cui questo disco è molto diverso dai precedenti ed è lo stesso auspicio che mi riservo per il prossimo. Lavorare con Manfred è molto stimolante, non ho alcuna reticenza ad ammettere che il nostro rapporto è stato ottimo fin dal primo giorno. Un personaggio di tale calibro ed esperienza si è tramutato in un bivio fondamentale per la prosecuzione della mia ricerca sulla musica.
Petrella: Anche per me valgono molti dei concetti espressi da Giovanni. Personalmente ho vissuto questa esperienza con Eicher in maniera ancora più attiva e stimolante. L’ho visto molto attivo e propositivo, del resto la Ecm è probabilmente l’unica vera etichetta che riguarda la musica contemporanea. Sono sempre stato un grande estimatore delle sue proposte, fin dagli albori con grandi album firmati da Jan Garbarek, Terje Rypdal, Pat Metheny. Adesso i tempi sono un po’ cambiati e anche la direzione artistica ha preso un altro passo, ma resta l’altissimo profilo e la qualità di una musica palpitante e spontanea.

Avete sempre riconosciuto l'importanza di sentire altre musiche oltre al jazz, cosa vi ispira adesso ? Quali sono i vostri ascolti?
Guidi: Onestamente adesso è un periodo in cui sto ascoltando moltissima musica jazz soprattutto quella che mi ha cresciuto nel mio periodo di formazione, in particolare Keith Jarrett, Bill Evans, Brad Mehldau ma soprattutto Miles, uno straordinario innovatore in ogni dimensione che ha toccato. Credo che sarà un periodo breve ma ora me lo voglio godere così.
Petrella: Ascolto di tutto per lo stesso motivo per cui non voglio essere stritolato dai cliché o da quello che ho già fatto. Mi piacciono i groove di ispirazione afro-americana come l’elettronica, ad esempio quella di Moritz Von Oswald, con cui ho recentemente debuttato a Milano con Opus 3000, un progetto in anteprima mondiale che svela la mia passione per gli effetti a corredo del mio strumento principale. Lavoro molto nel mio piccolo studio di Torino dove elaboro molte idee in pre-produzione. Cosmic Renaissance, l’album uscito solo su supporto in vinile questa estate, è nato esattamente così.

Cosa avete davanti a voi nei prossimi mesi?
Guidi: Devo mettere a punto il materiale per il mio prossimo disco che registrerò a gennaio, poi ho un tour in trio con Matthew Herbert ed Enrico Rava e dei concerti in duo con il fisarmonicista Daniele di Bonaventura: si tratta di un progetto a cui tengo moltissimo, così come nella prossima estate festeggeremo i 75 anni di Tomasz Stanko con una formazione di cui farò parte anche io e che mi alletta molto.
Petrella: tante cose, a partire dal secondo volume di Cosmic Renaissance, che sarà radicalmente diverso dal primo e.p. Con sensibilità e cuore cerco di arrivare gradualmente al raggiungimento di obiettivi che non cerco neanche di fissare tanto, dal momento che sono molto concentrato su un percorso di più ampio respiro. Ho fondato una mia etichetta che è la Spacebone Records, cerco di suonare con musicisti giovani e validi che meritano una chance, esattamente come la ebbi io a 17 anni con Roberto Ottaviano e altri. Adesso di anni ne ho 41 e mi sento in piena evoluzione e con un sacco di idee da concretizzare.