Molto spesso nella musica, come nell’arte in generale, affinarsi significa prima di tutto “togliere”. Più ci si sente sicuri delle proprie capacità, padroni del proprio mezzo espressivo, meno si ha bisogno di caricare il lavoro con abbellimenti e sottolineature. Una volta tolto tutto il superfluo, si può tornare ad aggiungere con maggior controllo e misura, senza intenti decorativi. A me sembra un po’ questo il percorso di Giulia Sarno, siciliana trapiantata a Firenze, arrivata al terzo album con il progetto unePassante.

Dopo un Ep uscito nove anni fa (Enjoy the road), era stata la volta di due dischi pubblicati dalla benemerita (e cessata) Annathegranny: il primo (More Than One In Number, 2010 ) stava in equilibrio tra pop, folk e influenze jazz, il secondo (No Drama, 2013) era già un passo verso l’evoluzione attuale, con l’ingresso dell’elettronica e un utilizzo meno classico della voce. Proprio questi due aspetti sono quelli che si sviluppano maggiormente in Seasonal Beast (Chic Paguro), appena reso disponibile sia in versione download che su cd. La musica qui è elettronica pura, e la voce assume forme e consistenze diverse: in alcuni momenti stempera l’artificialità dei suoni (Florence be kind to me, Sapling Tree), in altri arriva a meccanizzarsi, a de-umanizzarsi (Sleep). Non perché perda qualcosa in espressività, anzi in un certo senso è vero il contrario: è messa al servizio dei testi carichi di lirismo e di una musica spesso volutamente fredda, che non leviga gli spigoli per rendersi più comoda.

A proposito di quanto possa essere importante il “togliere”: ci sono brani in cui questa operazione di sottrazione è particolarmente evidente, in cui tappeti sintetici e voce riverberata o modificata creano un ambiente che trasmette un senso di angoscia, e allo stesso tempo affascina e attrae (Ordinary stuff). A volte la voce stessa arriva a fondersi con gli altri elementi sonori (la seconda parte di This be the verse).

Giulia non arriva al terzo passo di questo cammino per caso. Se l’ispirazione e la qualità compositiva erano già evidenti agli esordi, oggi ha spalle larghe: gli studi di musicologia hanno strutturato una passione e una curiosità che spaziano tra i generi e che le permettono per esempio di inserire (Cursed be the light) riferimenti all’opera (Tristano e Isotta) in un lavoro apparentemente lontanissimo dalle sensibilità della lirica. Non solo: la collaborazione pluriennale con Tempo Reale, centro di ricerca fondato da Luciano Berio, la mette al centro delle tendenze musicali contemporanee, la rende protagonista di una sperimentazione che non ha niente di velleitario. Aver realizzato l’album praticamente nella sua casa fiorentina (missaggio della palermitana Indigo, mastering made in Usa della Audible Oddities) ha permesso una totale libertà, che avrebbe potuto essere pericolosa tra le mani di qualcuno privo di una una solida preparazione.

Giulia e il suo sodale Emanuele Fiordellisi (qui affiancati dall’ex Bad Apple Sons David Matteini) hanno utilizzato questa libertà per investire sul coraggio, su un disco senza compromessi, che se in qualche modo resta pop, raggiunge però un livello di raffinatezza complessa che difficilmente si può etichettare con queste tre lettere, o con altre.