Dopo lo splendido fuori concorso su Nick Cave dell’anno passato, la Mostra di Venezia, alla sua settantaquattresima edizione, ci regala ancora film su cantanti e musicisti.

Nico, 1988, di Susanna Nicchiarelli, vede la regista in una riuscitissima ricostruzione, basata solo su poche interviste e molta fantasia, degli ultimi due anni della cantante Christa Päffgen, in arte Nico, morta nel 1988. Questo film a colori ha la potenza del bianco e nero, e usa dissolvenze spinte per i ricordi della protagonista, che nel presente si maschera con fare diretto, autoironico e spietato. La scelta della bravissima Trine Dyrholm, insieme attrice e cantante, fa di questo film un’opera potente che, dalle premesse di biopic, si trova poi a descrivere gli anni '80, cogliendone appieno l’atmosfera. È in uscita nelle sale italiane dal 12 ottobre.

Non è dato sapere quanto la voce della protagonista si discosti dal reale, nella colonna sonora non c’è neppure una canzone originale. Ascoltiamo una voce insieme drammatica e originalissima, squillante e oscura. La cantante-attrice riempie lo schermo, interpretando una donna colta nella fase in cui desidera riavere suo figlio, toltole anni prima perché giudicata inadatta ad allevarlo, ma che non è disposta ad accettare la fine di una carriera, lottando per riproporsi diversa dal cliché di donna solista dei Velvet Underground, che le hanno dato la notorietà.

La scelta di filmare la parte della vita di Nico in cui decide di riproporsi con un nuovo percorso di cantante è probabilmente da attribuire al rimpianto che prova la regista per la prematura fine di un'autrice di testi e cantante che deve avere fortemente stimato. Sappiamo che molti bravissimi cantanti sono morti giovani, con suicidi spesso mascherati da incidenti. E allora, per il dolore che la loro musica si sia fermata, ci si chiede con rammarico che cosa sia successo.

Il desiderio di rinascita insito nel tema del film si esprime con l’invito che la cantante a tutti rivolge, nella tournée italiana, di chiamarla col suo vero nome, Christa, come una presa di distanza dalla Nico dei Velvet. La Nico del film, in un alternarsi di problemi e soluzioni, malgrado la droga e il dolore, ci lascia con la speranza che poteva farcela. Ed è forse per questo motivo che la scelta dell’interprete è caduta su una donna dal corpo rotondo e accogliente, ben lontana dall’esile, altissima Christa, famosa per la voce fra il flebile e l’algido.

Così, ciò che rimane allo spettatore, è il senso di libertà che attraverso la musica si raggiungeva in quegli anni lontani precedenti la caduta del muro di Berlino, nel 1989.