Le guarda con occhio languido, le accarezza, le abbraccia fino a far uscire dal loro corpo una musica, ora malinconica, ora appassionata. Ne ha di tutti i colori e di tutte le “razze”, bianche, nere, castane, abbigliate in una semplice tinta unita o in civettuole decorazioni floreali. Per loro ha speso quasi una vita, a cercarle, a riscattarle, a toglierle dalla strada dove erano quasi abbandonate a se stesse. Ora, con orgoglio, le mostra e le fa cantare. Vengono da lontano, per vederle e per sentirle e, ultimamente, anche un noto regista della RAI ne è rimasto impressionato.

Chi è? Chi sono? Lui, l’amante, è Girolamo Guerrini di Rossetta, una frazione della campagna ravennate tra Fusignano e Alfonsine, agricoltore e floricoltore, con alle spalle una storia di guerra e di stenti al passaggio del terribile “fronte del Senio”, quando, appena sedicenne, dovette stare nascosto in un loculo sotto il pavimento di casa per paura di essere rastrellato. La vita, poi, lo ha ricompensato con una moglie e una famiglia che gli hanno dato tante soddisfazioni, una salute di ferro di cui ringrazia la Madonna di cui è devoto, e un’attività agricola ben avviata.

Ma il suo amore sono le “viôle”. Attenzione, non le “viole”, ma quelle con la ô dall’accento circonflesso. Perciò, non i fiori, non gli strumenti musicali, ma le pianole, che in dialetto romagnolo si dicono, appunto, “viôle” e che così ci descrive: “Le viôle sono le mie amanti: per me sono un vero amore. Ho la bruna e la bionda, la sofisticata e la romantica, la sbarazzina e la più sobria. Tutte mi fanno diventar matto da quanto le desidero e per quanto le amo. Ne potrei amare una diversa ogni giorno perché anche loro sono impazienti. Forse qualcuna la faccio soffrire perché mi attira meno delle altre, ma, anche se nutro un'attrazione meno intensa nei suoi riguardi, la amo con affetto. Le preferite le coccolo e le idolatro. Se in qualcuna noto un comportamento poco nobile, cerco di correggerlo con tenerezza e carezze. Tra di noi dialoghiamo e ci comprendiamo. Nel mio “catalogo” ci sono la dolce, elegante e sensuale veronese, la spregiudicata napoletana e la veneziana pigra e sempre indisponibile. Molte le ho tirate su dalla strada, come le sfacciate novaresi e milanesi, che si mettevano in mostra nei mercati per farsi ammirare e concedersi, ma anche le straniere non mancano, come la catalana proveniente dai bassifondi di Barcellona o la spallona, emigrata dagli altopiani peruviani e poi le parigine portate qui dai bordelli di Pigalle o dal Moulin Rouge, che mi fanno impazzire. La prima viôla che è approdata a casa mia mi ha dato le più grandi emozioni, è rimasta la regina e l'amerò fino alla fine dei miei giorni. Tutte le altre sono amanti che ho comprato al 'mercato degli schiavi' e ho rivestite di abiti abbelliti con lustrini e 'paillettes' nello stile della belle époque. I sonni perduti, i pensieri, le preoccupazioni … quanta fatica e quanti soldi mi sono costate queste amanti. Però, in fin dei conti, sono riuscito a crearmi un harem perfetto. Molti me lo invidiano e vengono anche da molto lontano rimanendo attratti da tante bellezze e quasi non riescono a distaccarsene.”

E Girolamo ricorda quando, bambino, sentiva, in lontananza, le note ingenue delle pianole che venivano dai paesi vicini e correva a vedere questi strani strumenti, quasi piccole orchestre, caricati su un “biroccio” e trainati da una donna o da un quadrupede, mentre un uomo, con un piattino, magari con una scimmietta sulle spalle, offriva l’oroscopo o le parole delle canzonette in cambio di qualche moneta. Nella maturità, questo ricordo si è materializzato quasi come una missione: far ritornare in vita le testimoni di un mondo, non solo personale, ma anche “storico”, quando ci si accontentava di un organetto strimpellante per far festa o scacciare i morsi della miseria. Con acuta intelligenza e mani sapienti e affettuose si è dedicato appassionatamente, dapprima alla ricerca (davvero quasi una “recherche” proustiana) di vecchie, malandate, in certi casi addirittura sfasciate pianole, con il gusto e la determinazione di uno scienziato, per poi, con attenzione e pazienza, ridare loro forma e dignità di strumento. I suoi occhi azzurri, curiosi, sempre ridenti, regalano uno sguardo che trasmette una fiducia innata e una saggezza acquisita dall’esperienza di un’esistenza pienamente vissuta, mentre le sue mani capaci, forti e delicate allo stesso tempo, rivelano con che cura amorevole e competente ha saputo trattare le “viôle”, tanto da rianimarle e farle risuonare e vibrare con la vitalità di sempre. È una sorpresa e un incantamento assistere allo spettacolo che Girolamo ci offre quando “spoglia” con orgoglio le sue creature e, girando la manovella, le fa cantare. È un piacere estetico per l’incredibile bellezza degli strumenti e un piacere dell’anima quando la musica pervade lo spazio. Le liscia, le maneggia con tenerezza e passione fino a portarle a quell’“orgasmo” musicale che si manifesta nella loro voce, ora argentina, ora profonda e misteriosa.

Questa sua passione l’ha portato dunque a far rivivere decine e decine di pianole di cui ricostruisce e restaura tutto con una precisione certosina e con l’affetto proprio di un amante. Dalla cassa e dalle decorazioni esterne, ai meccanismi di carica, ai delicatissimi rulli che riproducevano brani di opere, di operette e canzoni d’epoca. Oggi sono tutte conservate in un grande capannone in mezzo alle coltivazioni di rose che Girolamo cura assieme al figlio. Al profumo di questi fiori multicolori, spesso si uniscono le melodie delle “viôle”, che, dopo un lontano e travagliato passato nelle strade e nelle piazze delle più lontane città, si stringono qui, in un affettuoso abbraccio, nel mezzo della campagna.