Sono Mariella,
a volte mi sembra di andare controcorrente solo perché vedo, con uno sguardo ben disposto, che al mondo ci sono donne e uomini. Semplicemente. Ma tanto semplice non è perché ancora esiste e resiste nel pensiero umano l'incapacità di conoscersi nella dualità donna/uomo. Per eliminare l'espressione di un unico punto di vista, dato per assoluto, dono simbolicamente il racconto della vita di alcune donne a una voce maschile.

Desidero così coinvolgere gli uomini in quello scarto di identità che procede tagliando e ricucendo, mettendo luci e ombre in luoghi apparentemente insignificanti, tentando di spezzare il pieno del già detto, con i vuoti della sottrazione, del richiamo e del desiderio: tutto questo al di sopra e al di là della storia codificata. Per costruire una terza via, quella della vita, della lucidità, del senso, della passione, le donne compiono una specie di corsa a ostacoli nella quale mettono in campo strategie inaudite. È chiaro che qualche cosa va rivoluzionata e io tento la mia - la nostra - rivoluzione nell'intreccio delle relazioni e incarnandomi in vite esemplari troppo spesso sconosciute. Prediligo quelle dai percorsi accidentati con profonde cadute negli inferi e risalite nell'Olimpo delle Dee.

Vite che, questa sera, appartengono a Billie Holiday, a Bessie Smith, a Nina Simone, tre grandi cantanti jazz, tutte e tre di colore, tutte e tre impegnate nel rivendicare i diritti delle donne e della loro gente. In loro è presente quel male oscuro che rende insopportabili le offese e le umiliazioni perché ricevute anche da persone socialmente e affettivamente vicine. Nonostante questi accidenti, che superano di gran lunga l'immaginabile, la passione supera tutti gli ostacoli e genera una creatività capace di esercitare forze potenti. Queste forze non materiali producono in me un'intensa attrazione, non priva di sfumature erotiche che mi conquistano, e mi conducono in un'atemporale visione poetica con fughe verso ciò che è significante per me ora.

Sono Billie Holiday
A scanso di equivoci lo dico subito. Questa sera esco dal tempo che tutto divora e prendo invece quella via dove la realtà sopravvive nell'invulnerabile dimensione del mito. Per mia natura molto trasfiguro, ma penso che anche questo sia vita. I fatti, così come sono accaduti non li tocco mai, mi limito a interpretarli. Per queste regioni ho scritto e cantato tutte le mie canzoni, ogni volta ridando nuova voce alla disperazione, alla rivolta, alle umiliazioni della mia esistenza per il solo fatto di essere nata donna, per di più di colore e povera. Ho subito tutto quello che questa condizione comportava e ancora, spesso, in giro per il mondo, comporta: uno stupro a 10 anni e, sempre ancora bambina, per sopravvivere, la prostituzione in un bordello clandestino di Harlem. Mi ha salvata la passione per il canto e il desiderio potente di rivolta.

Se sono ancora qui con voi la ragione sta tutta in questa mia voce che vola libera sul tempo e emoziona e commuove. Le amiche mi hanno chiamata "Lady", poi il mio grande amico Lester Young ha coniato per me il soprannome "Lady Day". Con l'aiuto di Artie Shaw mi sono esibita con musicisti bianchi, e loro, per questo, hanno rischiato di essere aggrediti. Quando infine sono arrivata a New York, la mia città, ho dovuto rimanere chiusa in camerino fino all'entrata in scena e il mio era l'ingresso riservato ai neri. Una volta sul palcoscenico, si compiva sempre la metamorfosi e regolarmente diventavo "Lady Day" con una gardenia bianca tra i capelli.

Ma gli eventi dolorosi hanno continuato a percuotere il mio cammino così prepotentemente che ho iniziato ad assumere quegli stupefacenti che decreteranno, nel 1959, la mia fine. Ma lei - la mia voce - ostinata e potente ha continuato il suo percorso ed è ancora quell'essenziale, fatale qualità che fa di me una creatura immortale. Naturalmente l'immortalità che appartiene a noi esseri mortali.

Sono Bessie Smith
Vengo considerata la più popolare e talentuosa cantante di blues e jazz degli anni Venti e degli anni Trenta. Mi chiamano l'Imperatrice del Blues perché la mia è una voce elegante e potente. Ho influenzato la musica americana che è venuta dopo di me. Sono anche una ballerina, un'attrice comica e una mima. Si sono ispirate a me, e alla mia arte, artiste come Billie Holiday, Ella Fitgerald, Mahalia Jackson e Norah Jones. Ho ripescato melodie tratte dalla tradizione dei neri d'America e le ho rielaborate attraverso il filtro della mia personalità. Ho avuto un successo strepitoso e sono stata l'artista più pagata al mondo.

Anche nella vostra città risiede un'Imperatrice e questa mattina sono andata a trovarla. Di fronte alla grandissima Teodora è avvenuta una sorta di sovrapposizione. In un'aria diversa siamo precipitate nello stesso tempo e nello stesso spazio. Abbiamo formato un'unica entità nella quale il visibile e l'invisibile sono la stessa cosa. Non c'è paragone naturalmente, eppure tutte e due siamo partite svantaggiate perché nate donne e da genitori poveri. In più, per me, c'è questo colore della pelle - nero indelebile - che perseguita il mio percorso come cosa oscena. Ed è una costante presente nel mio tempo e in tutti i tempi a venire. Nulla cambia. Le nostre vite apparentemente così lontane hanno indicato la strada ad altre donne perché nascere nella nostra condizione è facile perdersi. Abbiamo messo in campo strategie talmente potenti che le nostre vite stanno a metà tra il mortale e l'immortale. Del nostro corpo è rimasta l'immagine ma quello che abbiamo creato è qui, integro.

Per questa via questa sera sono tra di voi: " ...ciascun passaggio dal non essere all'essere è creare... e ciò che riguarda la musica e la poesia prende il nome del tutto. (Dimenticavo. Me ne sono andata tragicamente in una notte fonda; al mio funerale, ha partecipato una marea di persone, circa settemila. La mia tomba è rimasta per lungo tempo senza lapide perché mio marito ha dichiarato di non avere i soldi per affrontare la spesa e per aiutarlo gli amici hanno fatto una colletta ma lui ha speso il danaro ricevuto per altro).

Sono Nina Simone, nome d'arte di Eunice Kathleen Waymon. Sesta di otto fratelli, fin da bambina, rivelo un gran talento per la musica e suono e canto in chiesa con due mie sorelle col nome di "Waymon Sister" ma i pregiudizi razziali del profondo sud negli anni Quaranta condizionano e frenano per molto tempo la mia attività. Parto con la musica classica e affronto poi diversi generi, dal soul, al blues, al folk e al gospel. Prendo lezioni di piano e proseguo gli studi musicali a New York pagati dalla mia comunità.

Nei primi anni '50 lavoro come pianista-cantante e mi ispiro a Billie Holiday, mi oriento verso il jazz, cambio il mio nome in Nina Simone (in onore di Simone Signoret) eseguo I Loves You, Porgy, cover di un brano di George Gershwin e vinco il Grammy Hall of Fame Award 2000. Vi racconto tutto questo perché la mia strada dalla fine degli anni '50 al 1963 è un susseguirsi di successi e avrei potuto seguirla senza problemi. Ma ecco che la mia coscienza mi prende per mano e mi fa vedere le cose, le persone e ciò che accade intorno a me con uno sguardo che rivela ingiustizie, soprusi e violenze. Nel 1963 in seguito ad eventi come l'uccisione dell'attivista nero Medgar Evers e il discorso di Martin Luther King I Have a Dream sono pronta a far parte del movimento per i diritti civili e a far parte del movimento femminista.

Ma vado oltre e la mia posizione di attivista si avvicina a quella di Malcom X e del Black Power, mia amica in questo periodo di lotta per i diritti dei neri negli Stati Uniti è la drammaturga Lorraine Hansberry. Diverse canzoni testimoniano questo mio impegno, ricordo qui Old Jim Crow, Mississippi Goddamm, scritta per reazione all'omicidio a sfondo razziale di quattro ragazze e Four Women dove esprimo il conflitto interiore a cui le donne nere sono soggette nella società del mio tempo. Lavoro con successo per parecchie case discografiche e nel 1963, anno particolarissimo per me, inizio a lavorare stabilmente con la Philips.

È qui inizia un'altra storia. Lascio gli Stati Uniti e giro il mondo. Vivo alle Barbados, in Liberia, in Egitto, in Turchia, nei Paesi Bassi e in Svizzera. Nel1974 abbandono per qualche anno la discografia e scompaio. Ritorno nel 1978 e sparisco di nuovo fino agli anni Ottanta: anni in cui si riscopre la mia musica e divento una icona del jazz. Così come ve l'ho descritta la mia sembra la vita di una donna che agisce liberamente. Non è andata così. Per quanto sono stata attiva e cosciente nella difese dei diritti, tanto negli eventi privati sono precipitata nei luoghi oscuri delle incomprensioni e delle percosse. Non mi sono mai perdonata e di questo dolore sono morta. Non mi sopporto e con me non sopporto tutte quelle donne che hanno buttato e buttano via le loro intelligenze, le loro energie e il loro tempo per uomini squallidi e violenti come i miei tre mariti.

Sta a me concludere questo prologo e non posso chiuderlo in questo modo. Arrivo ai vostri giorni e anche se vado in altri percorsi mi piace ricordare qui donne coraggiose, in lotta per la libertà della loro terra: le donne curde. Desidero, così, concludere con le parole della ragazza di Kobane: "Immutato è il cielo. Alto distante. I turchi sulla collina, alle mie spalle guardano. Sto andando verso la postazione dell'Is e lì, al centro del male assoluto, mi farò saltare in aria. È l'unica via che mi rimane per non subire violenza e contemporaneamente umiliare e annientare uomini 'macellai' dai miti bellicosi".

Vite esemplari è il prologo dello spettacolo Narrare il jazz, le donne, la voce delle emozioni.

Rossella Giannini, piano e percussioni
Catia Gori, vocalist
Gianluigi Tartaull, voce
Linda Magnani, Massimo Cirri, performer
Valeria Nonni, produttrice