Il quartetto napoletano presenta il suo secondo album: otto brani strumentali, un incrocio dinamico e intrigante di jazz, rock, funk, elettronica, suoni urbani e spirito cosmopolita con un occhio all'immagine.

Quando il nome di un gruppo prende spunto dalla propria musica, è segno che c’è un’intenzione forte. Nel vostro caso poi, questa intenzione è esplicita, dichiarata: Swing + Funk = Swunk. Eppure c’è anche dell’altro nella vostra formula…

Swunk è un verbo arcaico inglese che indica il duro lavoro, il labour.
Swunk è miscellanea di energie. Energie di quattro musicisti che raccontano le loro differenti esperienze di vita e di musica.
Swunk è un enso, nsō (円相) è una parola giapponese che significa cerchio. Esso simboleggia l'illuminazione, la forza, l'universo. È ritenuto da molti che l'indole dell'artista sia completamente rivelata dal modo in cui disegna questo cerchio.
Swunk è la ricerca di una miscellanea tra i vari generi che hanno caratterizzato le nostre crescite individuali, penso a rock, grunge, metal, prog, jazz, elettronica, techno, classica napoletana, trip hop, soul, funk! Amiamo pensare di comporre sedendoci al ristorante e poter attingere a tutte le pietanze che la musica ci può offrire. Le strade della coesione e della fusione sono infinite!?

Nel 2014 il debutto Swunk Infusion, tre anni dopo il bis arriva con SoundScapes: che differenze ci sono tra questi due album?

Il termine swunk nel senso di labour mai fu più appropriato per descrivere il duro lavoro che ha portato alla nascita di questo disco. C’è da considerare che uno degli elementi del gruppo (Antonio) vive in UK, facilmente immaginabili la precisione e l’impegno dovuto avere per poter vedere/sentire prendere forma questo disco. Le differenze a nostro parere sono sostanziali, innanzitutto perché nel primo disco vi era un altro batterista, Alfonso Donadio, da tre anni è entrato a far parte della formazione Marco Fazzari. Il batterista è il motore di un gruppo, e tre anni sono tanti per poter aggiungere sfumature e colori completamente differenti se si continua a ricercare, osare , e il non porsi limitazioni di etichette di genere è un buon punto di partenza per poterlo fare. Soundscapes vede l’utilizzo di una forte componente elettronica e di ricerca sonora dedicata ad ogni singolo brano. Consapevoli di addentrarci per la prima volta in questo ambito, abbiamo continuato a provare e riprovare per un anno di gestazione e di amalgama, poiché il comporre assieme necessita di trovare il suo giusto balance, e Soundscapes lo sentiamo sicuramente più figlio delle nostre energie pazientemente mescolate piuttosto che unicamente nostre note.

L’elemento cromatico è sempre presente nella vostra musica, sin dal 2012, e in questo nuovo disco il rapporto tra colori, immagini e suoni è ancora più strutturato. Swunk è un gruppo da vedere, oltre che da ascoltare…

Siamo quattro appassionati di film e di arte visiva, chi ha fatto l’istituto d’arte, chi è amante sfrenato di Dalì, Marco è soprannominato Van Gogh, insomma sarebbe difficile non mettere queste energie nella nostra musica! Sicuramente la scelta di fare musica strumentale ti consente di lavorare con le note come se fossero colori, e quindi non affidarsi al linguaggio delle parole ma a quello delle semplici note. Questo crea inevitabilmente un forte legame con l’inconscio e la fantasia di chi ascolta. In Soundscapes, Paesaggi sonori, questa volta abbiamo deciso di affidare ad ogni brano una storia differente, basata sulle personali sensazioni di ognuno di noi; ogni brano è volutamente strutturato in sezioni facilmente riconducibili a stanze, paesaggi, camere in cui l’ascoltatore può immergersi e fare la sua personalissima esperienza visivo musicale. La scelta di collaborare con l’artista partenopeo Walton Zed per il video del brano Ore 22 ci ha permesso di essere più espliciti nel riuscire a comunicarlo al pubblico.

Una caratteristica di Swunk è l’accostamento tra il linguaggio jazz-rock e le possibilità dell’elettronica: come fate convivere queste due anime?

Ci avviamo al 2018 e la Musica è in continuo rinnovamento, sia quella “commerciale” che quella creata per una sincera esigenza “artistica”; il Meltin Pot, la fusione di generi, e la contaminazione imperano in qualsiasi genere. Con Soundscapes ci è stato difficile chiudere le orecchie di fronte a così tanto materiale al quale poter attingere. Far convivere il jazz e il rock, e anche la musica elettronica, è un accostamento e una ricetta adoperata nella storia della Musica da circa 40 anni. Questo ha permesso a grandi Artisti (Miles, Zawinul, Tangerine Dream, Ozric Tentacles, Weather Report, Mahavishnu Orchestra, Daft Punk, ecc.) di raggiungere vette artistiche, e di rispecchiare la necessità estetica della società dell’epoca, ma anche a chi è venuto dopo, come noi, di provare ad imparare il loro messaggio, che per quanto ci riguarda è stato fondamentale come lezione: “essere nel momento”, un concetto a noi caro in quanto vicino alla filosofia Zen.

La nascita di Soundscapes è stata molto più ponderata e misurata nella fase compositiva, rispetto a Swunk Infusion. Soundscapes è non solo Jazz, Rock, ed Elettronica, se si vuole avere uno sguardo onesto e olistico sul panorama musicale queste etichette oggi giorno vogliono dire tutto e niente. Il Jazz e il Rock sono forse le esplicite fondamenta sulle quali è basato il nostro primo disco. Quando ci siamo accostati a i nuovi brani abbiamo guardato anche alla realtà che ci circonda, che ci appassiona e ci emoziona, focalizzando le nostre priorità compositive non più unicamente sulle esigenze del singolo musicista, ma aprendoci a una visione corale di gruppo e di società.

In Soundscapes convivono la sfrenata passione di Antonio Cece per l’effettistica e per i computer; il desiderio di Saverio Giugliano di esprimersi come sassofonista in maniera onesta non ricalcando le orme di qualcun altro; il bagaglio musicale, che va dal rock, mainstream jazz alle percussioni classiche o afrocuban di Marco Fazzari; l’amore di Daniele De Santo per i groove R’n B fino al contrabbasso classico. Nel brano d’apertura Standing on the Shoulders of the Giant si possono incontrare le voci di Donald Trump, del Dalai Lama, o di Marcello Mastroianni,o di Alan Watts; in Savmarine (brano dedicato al Sassofonista Saverio Giugliano e a un viaggio in sottomarino) nel per così dire “ritornello”, si possono ascoltare reali canti di balene, o versi di gabbiani registrati direttamente sulle spiagge di Brighton in Inghilterra. Far convivere tutto questo in Soundscapes è stato molto semplice e a tratti impossibile, ma sicuramente siamo entusiasti dell’onestà artistica e del balance di questi tre preziosi ingredienti.

SoundScapes tra composizione e improvvisazione: quanta scrittura e quanta libertà in studio c’è nel vostro nuovo disco?

Ogni brano in Soundscapes è un paesaggio sonoro, una storia differente a sé. Nel caso di 118 abbiamo voluto disegnare musicalmente l’emergenza di un attacco cardiaco e di conseguente necessità di un ambulanza, “Chiamate il 118”; Preambolo Primaverile è l’inizio della primavera che fiorisce su di una semplice concatenazione di accordi maggiori, fino ad arrivare a situazioni di tensione, basti immaginare la pioggia, con tanto di risoluzione nel finale, che in sé nasconde anche un malinconico e passionale saluto alla primavera. Il confine che abbiamo deciso di stabilire tra composizione e improvvisazione è libero fino al punto in cui si rispettino i colori e il copione della sceneggiatura di un brano. In questo album abbiamo scelto di non usare i solisti come pretesto per l’ascolto di un disco, ma di adoperare le nostre energie in maniera corale. Quindi siamo partiti da idee, visioni e storie che condividevamo o che abbiamo costruito assieme, per arrivare solo alla fine del processo creativo a dedicare spazio all’improvvisazione. In primis sempre l’idea, il concetto, partorito da Swunk e la musica al servizio di questi. Inserire un quinto elemento nel gruppo come Ableton, è un po' come se in sala con te entrassero simultaneamente un tastierista, un trombettista, un batterista, i coristi, e via dicendo. Gestire queste possibilità ha il suo fascino perché rispetto al primo disco, siamo stati più liberi di riuscire a costruirci spazi improvvisativi anche nelle sezioni ben strutturate di un brano, avvalendoci del background elettronico. Ogni solo è chiaramente improvvisato, e le parti scritte ci sono eccome, ciò non toglie che in/per un concerto possa cambiare l’accompagnamento e il mood di una sezione di un brano, o che un nuovo effetto per chitarra provato due minuti prima di registrare il disco (es. synth flute) dia un vestito nuovo a determinati brani.

SoundScapes è nato in un ambiente stimolante come la neonata etichetta Italy Sound Lab di Alfonso La Verghetta, esperto e apprezzato ingegnere del suono: che tipo di contributo artistico avete trovato in questo nuovo contesto?

Alfonico o SuperAlf e il suo mitico Jack Russell Thor. Quando concludi un album e dopo un po' che lo riascolti pensi “Che Sound!”, non è unicamente merito della band. Se questo disco è presente oggi giorno negli store digitali e in distribuzione fisica è non solo merito delle nostre note, ma sopratutto grazie ad un produttore e ingegnere del suono istrionico e valente come Alfonso La Verghetta. Vuoi le distanze geografiche tra i componenti del gruppo, vuoi la bravura effettiva di Alfonso, Soundscapes ha preso forma in due giornate di registrazione in presa diretta alla Italy Sound Lab. Registrare in presa diretta brani del genere è sempre una grande banco di prova per noi come gruppo, ma l’ambiente che trovi in studio di registrazione e il fonico possono concretamente influenzare le energie di una band in fase di ripresa, e da Alfonso ci siamo immediatamente sentiti a nostro agio. Ovviamente noi avevamo fatto i nostri compiti a casa ma dopo sono giunti i giorni del missaggio, ed è qui che come gruppo abbiamo avuto un ulteriore conferma della validità professionale di Alfonso. Pochissime indicazioni sono state date ad Alf duranti i missaggi, ed era come se per la prima volta un fonico fosse divenuto un membro della band, che senza voler minimamente cambiare o snaturare il nostro sound, lo ha rispettato in pieno esaltandolo grazie alla sua maestria. Alfonso ci è stato di grande aiuto nel definire il sound del disco, grazie al suo orecchio assoluto ci ha dato una mano anche nelle armonizzazioni di alcuni brani, le microfonazioni e le riprese sono state felicemente efficaci e sonoramente quanto più fedeli al suono reale del gruppo. Thor (il Jack Russell di Alfonso) è un collaudatissimo anti stress gruppo grazie a alle sue visite in sala durante le registrazioni, che venivano annunciate da un ticchettio di unghie sul parquet!

I due video di presentazione dell’album, Solaium e Ore 22, sono fondamentali per capire la vostra proposta artistica: diteci qualcosa in più.

Partiamo dal più recente, Ore 22, poiché presto avremo in uscita un nuovo video sempre su questo filone. Ore 22 è il titolo che ci ha suggerito la voce del Mac! Può apparire folle e insensato, ma mentre provavamo in sala con il Mac che usiamo per Ableton, era attiva la voce di sistema che annuncia l’orario. Quando riuscimmo a definire l’arrangiamento musicale e a incastrarci con l’idea dei synth appena composta assieme, il Mac ci urlò dalle casse: “SONO LE ORE 22!”. Ovviamente come uomini del nostro tempo siamo perennemente in fuga, e multitasking come richiesto dagli usi e costumi di questa società post Golden Age. Ore 22 è un brano dedicato al tempo, energia di questo universo, e anche all’ansia che esso può comportare. Decidemmo di affidare la realizzazione della nostra sceneggiatura musicale a Walton Zed, artista Napoletano. Walton è considerato tra i più promettenti artisti italiani. Balza subito all’occhio l’originalità della sua ricerca, utilizza modi e tecniche variegate, creando sintesi insospettabili e fluide, a fare da sfondo i colori caratteristici del cinema fantascientifico anni ‘50 e quelli del cinema noir anni ‘20 di cui subisce il fascino delle tonalità, pensieri scritti e disegni fantastici, surreali, onirici. Le atmosfere del video e le animazioni fanno si che la collaborazione con Walton sia per noi uno dei connubi artistici più calzanti che siamo riusciti a consolidare nel nostro percorso artistico.

Il videoclip di Solaium si avvale dei Common Creative ed è stato realizzato dal videomaker partenopeo Daniele Rosselli. Poliedrico artista visivo, le sue opere nascono da un’attenta riflessione del nostro essere e su come esso si adegui al continuo cambiamento sociale. A lui decidemmo di affidare la creazione del video. Solaium è un termine nato in modo del tutto casuale da una riflessione su quanto siano stati ridotti gli investimenti pubblicitari relativi agli eventi musicali e non soltanto. Ormai ci si affida in maniera quasi totalitaria ai social network definendo tutto un evento! Da questa riflessione (e dopo tanta marijuana!) l’associazione di parole Wedding Concert, Solarium Concert... Solaium Event!

Poco dopo, iniziammo a suonare il brano e il mood che si era creato, ci fece pensare agli operai e alla loro realtà fatta di cose concrete come la costruzione di un solaio, e non di eventi social sponsorizzati in rete. Un’immagine quindi in netto contrasto con il bisogno di apparire dei social dipendenti, dove l’apparire non è limitato all’uso delle immagini di sé ma include il bisogno di manifestare la loro opinione attraverso commenti su ogni sorta di argomento. Da qui l’analogia presente all’interno del videoclip, tra la nostra società globalizzata, incasellata nei post dei social, e tra quella di un treno a vapore o di uno skater o di un semplice muratore-operaio.

Facciamo un passo indietro. Swunk nasce nel 2012, ognuno di voi ha il suo percorso di musicista e anche di ascoltatore: quali sono gli artisti e i gruppi ispiratori, quelli senza i quali la band non sarebbe mai nata?

Miles Davis, Roberto Baggio e Maradona, Bob Marley, Dalì, De Chirico, Van Gogh, Wayne Shorter, Bob Berg, Jaco Pastorius, James Senese & Napoli Centrale, Scott Henderson and Tribal Tech, Rage Against the Machine, Parliament Funkadelic, James Brown, Pino Daniele, Robert Glasper Experiment, John Coltrane, J. S. Bach, Heitor Villa Lobos, Dexter Gordon, Daft Punk, The Roots, Nirvana, Jimi Hendrix, Jeff Ballard, Led Zeppelin, Aphex Twin, Bonobo, Plaid, Pat Metheny group, Jojo Mayer and Nerve, ecc…

Swunk è un gruppo napoletano, la vostra città ha dato e sta dando ancora moltissimo alla musica nazionale: quali sono i vantaggi e quali i limiti del fare musica a Napoli?

I vantaggi del fare musica in una città versatile, caotica, poliedrica e improvvisata come Napoli sono davvero tanti. C’è così tanta arte e bellezza in una città antica e culturalmente importante come Napoli, che è inevitabile non esserne investiti. Il vantaggio di nascere in una terra vulcanica, quindi abituata eticamente al rinnovamento; il vantaggio di crescere e di confrontarsi con un ottimo livello di musicisti in città; il vantaggio di poter respirare musica in ogni vicolo della città; ed infine il vantaggio di essere nati in una metropoli che ha creato l’arte di “arrangiarsi” ovvero l’arte di creare estemporaneamente possibilità per ovviare a una condizione di disagio. Oggi giorno in città e dintorni sono presenti tante validissime proposte musicali affermate (vedi The Rivati, Maldestro, Buddha SuperOverdrive, Foja, Daniele Sepe, ecc… ), che sono solo una parte di quello che la nostra città ha da offrire.

I disagi, e o limitazioni, sono ovviamente di chi li sente. Napoli come ogni grande città ne è piena, ma la più grande limitazione che come gruppo abbiamo trovato non è unicamente imputabile alla città. Allargando la questione a un livello nazionale, la mancanza di locali e gestori che facciano una programmazione concertistica mirata e sopratutto ben retribuita. Invitiamo ad ascoltare il brano Napoli Sotterranea, presente sul nostro primo disco, con il quale abbiamo provato a dipingere una piccola parte storica della nostra città.

Da Napoli al mondo. Swunk è un gruppo strumentale e anche per questo affrancandosi dalla lingua cerca spazio all’estero: cosa vi aspettate da questo SoundScapes?

Aspettarsi qualcosa è sempre un po' porsi un limite, e questo cerchiamo di evitarlo. Sicuramente l’augurio che ci facciamo è che la nostra musica possa riuscire a raggiungere le orecchie e le giornate di quanti più ascoltatori possibili; che il concetto dietro Soundscapes sia liberamente interpretato dalle immagine di ogni ascoltatore; e di riuscire a portare la nostra musica in giro per l’Italia e l’Europa.

Swunk
Saverio Giugliano: sax & keyboards
Antonio Cece: guitars & computer programming
Daniele De Santo: bass guitar
Marco Fazzari: drums & drum machine