È un ottimo momento per Ron, un nome importante della canzone d’autore italiana: una lunga e brillante carriera tenuta a battesimo da Lucio Dalla e Francesco De Gregori in Banana Republic, la gloriosa tournèe che attraversò l’Italia nel 1979, un contatto sempre mantenuto fino alla sua scomparsa avvenuta 5 anni fa, un recente passaggio a San Remo per chiudere il cerchio per interpretare Almeno Pensami, un bellissimo inedito che gli è valso il premio della critica e un consenso unanime da parte del pubblico.

Il suo ultimo album si chiama semplicemente “Lucio!” (Sony Music), e rappresenta il suo sincero e accorato omaggio nei confronti dell'amico e mentore, con 11 brani scelti da un canzoniere sterminato: “Mi sono preso un piccolo tempo per pensare - ribadisce - poi ho scritto una lista, ed erano quelle: si parte appunto con l’ultimo capitolo per cui devo ringraziare gli eredi di Lucio e poi Claudio Baglioni che me l’ha proposta, finendo con Com’è profondo il mare, lasciata alla voce di Dalla. La sua è una storia lunga e complessa: ho cercato di rappresentarla con semplicità e rispetto. Ho scelto solo tre canzoni che ho firmato anche io perché non volevo fare un disco a metà, in un progetto che invece riguardava lui. Mi auguro che ci sia ancora altro materiale e che gli eredi possano trovarlo: Lucio era un po’ distratto nell’organizzazione delle sue cose".

Qual è la primissima cosa che le viene in mente quando le capita di pensarlo?

I ricordi si affastellano: dal primo incontro con lui per un provino, dove andai accompagnato da mio padre. Lucio arrivò ingessato, aveva avuto un incidente, e io non lo riconobbi: “ma è proprio lei ? gli domandai”. Dovevo cantare Occhi di ragazza, poi lui ha prodotto le mie prime cose ed è stato sempre vicino. E poi a proposito di San Remo, lui ci andò l’ultima proprio un mese prima di morire, assolvendo con umiltà la direzione d’orchestra per Pierdavide Carone: ci sentimmo e me lo ricordo amareggiato, si sentiva fuori posto, fortuna che accanto a lui c’era Michele Mondella, l’amico e collaboratore di una vita che riusciva sempre a rinfrancarlo: mi è sembrato quindi doveroso dedicargli questo disco con tutta la gratitudine che si merita.

Lucio continua ad essere presente con la sua visionarietà e la grande attualità dei suoi testi, realizzare questo omaggio è stato un modo per onorarne la memoria o colmare la sua perdita?

Non ci sono superlativi capaci di contenere il suo genio istintivo e la onnivora cultura musicale che possedeva: quando parli della scomparsa di Lucio ancora adesso vedi la tristezza negli occhi della gente. Ho perso un amico straordinario, oltre che artista stratosferico: uno che per me c’era sempre. La sua morte è stata uno shock, me ne sono stato in disparte a elaborarne il lutto. Dopo sei anni è arrivato il tempo per questa dedica trasparente e diretta: in studio abbiamo fatto un lavoro semplice e in presa diretta con altri tre musicisti, concentrandoci sull’emozione degli strumenti e di queste canzoni così belle.

Colpisce la versione fiammeggiante di Com’è profondo il mare, ma Lucio amava anche il rock?

Certamente, sapeva quello che meritava anche nei circuiti indie recenti: per esempio ha sempre avuto una grande passione per gli americani Black Crowes dei fratelli Robinson, eredi del più glorioso southern rock degli Allman Brothers. Del meraviglioso pezzo in questione, al tempo ho curato io l’arrangiamento della versione originale e quindi in fase di selezione materiale, ho voluto risentire la sua voce isolata, con il primo testo che Lucio aveva scritto: nella sua voce c’era una spinta che forse nella parte musicale del primo arrangiamento non c’era. Ho pensato che poteva avere un suono più sporco, da cantina, per questo ho messo le chitarre: farne un controcanto con la mia voce avrebbe avuto davvero poco senso.

Nella trasposizione dal vivo di questo progetto invece come è andata?

Lo spettacolo sarà di circa 20 canzoni, con diversi contributi video ed un testo scritto perché non avevo voglia di improvvisarci su. Alla gente è piaciuto molto, Lucio va raccontato oltre che cantato.

E in questo disco invece c'è tutto quello che riteneva giusto, proprio nessun rammarico?

Uno solo, ma pesante: mi è preso quasi un colpo a lavoro chiuso, quando mi sono accorto che non avevo inserito Le rondini, che è una sua canzone che amo infinitamente. Ma i suoi brani sono così tanti e attuali, che ognuno può ricavarsi una sua versione approfondendo la potenza della sua ineguagliabile parola scritta.

Ron chiuderà il suo tour il 29 settembre a Rende (Cs), nell'ambito della 53esima edizione del tradizionale Settembre Rendese.