Madera Balza (Tuk Music) è semplicemente uno dei dischi più belli di quest'anno che volge al termine. 17 brani che rovistano in un repertorio che si estende con pregevole qualità dinamica al folk, al pop, la più nobile vena cantautorale,(fra le altre gemme una palpitante versione di Monti di Mola di Fabrizio De Andrè) e morbide schegge di jazz.

Lo hanno firmato Monica Demuru e Natalio Mangalavite, due outsider del circuito tradizionale, anche se il loro valore è ampiamente lodato da chiunque li abbia ammirati almeno una volta. La Demuru è conosciuta anche come attrice, ma quando canta raggiunge un equilibrio di grazia e finezza da tramortire anche il cuore più restìo. Natalio invece è un pianista duttile, che guarda alla tradizione popolare del Sudamerica (è nato in Argentina, dove ha vissuto fino alla sua tarda adolescenza), come base da cui partire per distillare una musica personale e contemporanea, cui si aggiungono altre risonanze di pregio. Assieme sul palco sono magnetici ed emozionanti: se suonano nelle vicinanze fatene una vostra priorità. Prima però riavvolgiamo il nastro di questo album destinato a chi crede nel potere taumaturgico della musica: "Portiamo avanti un progetto live da parecchi anni - esordisce Monica - ma è stato Paolo Fresu a spingerci a incidere per la sua Tuk. La nostra attenzione alla tensione dell'esule, del migrante, che noi stessi siamo, ci fa, da molto tempo, interpretare e comporre canzoni o strumentali in cui ritrovare i suoni e i temi del nostro meticciato culturale, creando, ben al di là dei nostri punti di partenza, uno stile e una creatura 'altra' in qualche modo imprevedibile perfino per noi".

“Il legno di balsa - ribadisce Natalio - è un arbusto che cresce in Ecuador, particolarmente adatto al modellismo e quindi anche a plasmare i sogni. Ci è sembrato uno spunto perfetto per l'album, anche nella sua accezione di balzo, salto in avanti. Tutti gli autori che abbiamo scelto in Madera Balza si sono ben stagionati nel nostro cuore e nelle nostre serate dal vivo con un gusto onnivoro che si è però coagulato in occasione di due edizioni del Time in Jazz di Berchidda in cui i temi erano quello del piede e quello delle ali” .

Monica, questo non è il tuo esordio assoluto in musica, alle spalle hai anche delle esperienze importanti come attrice, convivono in armonia in te o c'è una parte preponderante? L'approccio a queste due forme d'arte si modifica o resta uguale, cantare in mondo particolare che significato ha per te?

Musica e parole sono due linguaggi diversi. Uno parrebbe Eros e l'altro Logos. Ma siccome si fanno anche canzoni ecco che la cerniera si presenta in forma di miracolo di 4 minuti, più o meno, in cui l'astratto del suono si fonde con la concretezza di una narrazione, sempre più o meno. Sì, io le vivo come due discipline che convivono da millenni nelle espressioni artistiche dell'umanità e, umilmente, nella mia zucca da almeno 50 anni. Poi, sai com'è, le politiche culturali, le fasi professionali, gli incontri, le mode, le preferenze degli artisti con cui si condivide il palco determinano la possibile convivenza dei linguaggi o una severa separazione. In questi ultimi anni sperimento un rinnovato interesse dei teatranti all'uso del cantato, ma c'è molto da fare, moltissimo, per abbattere le barriere che dividono le discipline e che producono forti pregiudiziali o facilonerie imbarazzanti. Madera Balza vede Natalio complementare e determinante in questa necessità di narrare che non può soccombere sotto il peso di un virtuosismo fine a se stesso o decorativo.

Natalio, invece quando hai capito che la musica sarebbe diventata la tua vita?

La mia è una famiglia numerosa dove tutti suonano. Da piccolo utilizzavo le pentole di mia mamma per suonarci su, anche quelle di plastica che avevano un sogno straordinario, poi ho provato varie altre cose prima di approdare al piano. La Musica è uno strumento potentissimo per affinare la tua sensibilità e amplificare quello che ti è successo nella vita. Ho vissuto fino ai 22 anni in Argentina, poi sono partito con la voglia di conquistare il mondo, trascorrendo del tempo prezioso in Brasile, Africa, Canarie e poi qui in Italia. Tutto questo ha confluito in ciò che suono, una sorta di destino non lineare che continua a confluire nella gioia di fare musica.

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Monica è una cantante davvero speciale più che particolare. Unica: timbro cristallino ed eloquio fluente, bravissima anche a intuire e superare in scioltezza le trappole ritmiche che ogni tanto le faccio trovare mentre suoniamo..."

Monica, tu invece cosa ci dici di Natalio?

È un complice totale, un fratello con cui respirare allo stesso ritmo. Mi ha fatto scoprire pezzi fondamentali in cui la parola era portante, curando con molta attenzione gli aspetti ritmici e melodici della cornice a supporto. In Madera Balza ci siamo destreggiati in italiano, sardo, spagnolo, greco, francese.

Ma tu pensi che il jazz possa andare d'accordo con la lingua e la melodia italiana?

Sì, perché Il jazz è una lingua declinabile. I suoi fondamenti sono di tipo schiettamente musicale, non linguistico o dialettologico. Non dipendono in eterno da quella ventina di canzoni, spesso anche di poco spessore, che Broadway ha fornito ai musicisti dei primi anni del '900 in America e non certo perché diventassero una Bibbia. Poi c'è l'intenzionalità spiccata a utilizzare patrimoni di canzoni che si percepiscono propri, autentici, rispetto al proprio vissuto o alla propria sensibilità e arricchirli con la versatilità del Jazz o anche solo dei musicisti che si sono formati a contatto col Jazz. Non per niente in questi giorni ascolto il bel disco di Cristiano Calcagnile su Don Cherry, la chitarra di Andy Moor, ma anche le canzoni che ha scritto o utilizzato Pasolini per una nuova avventura da condividere con Daria Deflorian.

Natalio se tu potessi scegliere chi avere sul palco per un tuo festival, chi vorresti?

Mi piacerebbe avere sopratutto musicisti e artisti in generale giovani, con idee fresche e sopratutto contaminazioni. Il mondo è un po' tutto mischiato oggi, che piaccia o no, per cui il desiderio sarebbe quello di creare alleanze di valore nella diversità. La mia ambizione è quella di dirigere uno spettacolo con un tema conduttore forte, dove possano convivere musica, teatro, danza e tecnologia, coinvolgendo artisti di qualità, magari poco noti, oppure riuscire a scovare talenti nascosti. Mi ritengo fortunato, perché condivido già progetti soddisfacenti con artisti di valore. Continuerò a collaborare con loro cercando la bellezza e la profondità.

E tu Monica, cosa vorresti ancora (r)aggiungere al tuo futuro?

Ah ecco, allora aspetto l'invito di Marthaler, il grande regista svizzero che sa fare il teatro musicale come nessuno; corteggio Paolo Angeli; andare in giro con un Tuk tour che raccolga gli artisti che hanno già realizzato un catalogo importante. Ma vorrei davvero fare un teatro musicale con voci libere, di attori cantanti, con voci non impostate, un nuovo melodramma con una drammaturgia contemporanea narrativa e un ensemble di musicisti dal vivo in grado di improvvisare.