Edward Watson non ha bisogno di presentazioni, essendo il più longevo Principal del Royal Ballet londinese, con miriadi di ruoli da protagonista sostenuti negli ultimi anni. In questa intervista inedita, abbiamo avuto il piacere di scambiare quattro chiacchiere con Rick Guest, sul suo nuovo lavoro fotografico dedicato al danzatore, realizzato con la collaboratrice Olivia Pomp, per portare avanti la loro ricerca sull’arte effimera per eccellenza.

Qualche anno fa abbiamo parlato della tua scelta di ritrarre danzatori. Una grande scommessa vista la natura effimera della danza. Hai dovuto cambiare prospettiva per completare il tuo nuovo lavoro su Edward Watson?

La premessa è stata What Lies Beneath, da cui è nato questo nuovo portfolio, e riguardava il sacrificio che i danzatori affrontano per la propria arte e lo spirito necessario per spingersi fuori dal sacrificio stesso per raggiungere la purezza dell’espressione artistica. Abbiamo ottenuto il risultato spogliandoci di tutti gli artifici, i costumi, i personaggi e le scenografie per rivelare i danzatori stessi, vulnerabili e schivi in egual misura, e mostrare come questo processo sia stato scritto sulla loro pelle dopo anni di dedizione.

Queste nuove stampe servono a celebrare un solo danzatore Edward Watson, Principal del Royal Ballet, nel suo trentennale con la Compagnia. È stato necessario mostrare i suoi ruoli maggiori e allo stesso tempo l’artista dietro di essi, attraverso fotografie dei suoi collaboratori più stretti, immagini in costume e ritratti intimi che ne rivelassero l’indole e lo spirito.

La domanda ci porta al cuore di questa intervista: la monografia dedicata a Watson. È un principal senza precedenti, a suo agio in ogni ruolo. Puoi dirci di più a proposito della genesi di questo lavoro e com’è stato lavorare di nuovo con lui dopo i primi portfolio?

Edward è stato il primo danzatore che abbia mai fotografato ed è diventato una sorta di musa; è stato il collaboratore più generoso, dedicandomi il suo tempo e il suo temperamento, offrendomi sia la sua forza fisica sia la sua vulnerabilità emotiva. Nel trentennale della sua collaborazione con la Royal Opera House ci è sembrato giusto lasciare un segno tangibile di ciò che è stato e potrebbe ancora diventare.

Edward è il Principal più longevo del Royal Ballet e ha visto più ruoli creati ad hoc di qualsiasi altro danzatore, grazie a luminari della coreografia. Ho voluto fotografarlo con alcuni dei suoi più importanti collaboratori, quali Wayne McGregor, Arthur Pita e Christopher Wheeldon, così come il direttore della Royal Opera House Kevin O’Hare, per celebrarli insieme.

Fotografarlo in costume e immerso nel personaggio è incredibile. La trasformazione in un’altra persona è assoluta, Ed se n’è andato e c’è quest’altra persona da lui abitata in modo totale. Inoltre, la maggior parte dei suoi ruoli richiedono atti fisici estremi con una profonda risonanza emotiva, che sono davvero impressionanti quando ti ritrovi al loro cospetto. Ed è all’apice della sua carriera; al massimo della forza fisica, ma ciò che è cambiato da quando lo conosco è la gravitas emotiva che porta a questi ruoli avendo vissuto una vita piena. L’altro aspetto della sua carriera ad essere unico è la varietà di ruoli classici e contemporanei da lui interpretati. Come se non bastasse, è umile, generoso, di gran cuore e sono queste le caratteristiche che fanno di lui un collaboratore generoso ed empatico.

L’introduzione è ad opera del Principe Carlo. Come siete riusciti a convincerlo a scrivere un omaggio così sentito nei confronti Watson?

Il Principe Carlo è stato incredibilmente gentile a prestarsi e penso l’abbia appassionato soprattutto la formazione di Edward alla Royal Ballet School. La loro filosofia ha formato Edward stesso e ha permesso questo portfolio, con la loro propensione all’eccellenza, alla forza e alla grazia. Spero che Sua Altezza abbia capito quale fosse il nostro obiettivo, cioè, di creare un artefatto che potesse ispirare le generazioni di danzatori futuri.

Pensi ci sia bisogno di strategie diverse per approcciare ogni singolo danzatore?

Ogni danzatore è unico ovviamente, ma è il mio dovere di fotografo approcciare l’artista e l’arte fotografica in modo da ottenere il miglior risultato. Anche se è sempre importante avere le idee chiare, cerco di tenere gli occhi aperti su ciò che ho di fronte a me. I danzatori sono atleti e performer, così - se il performer è pronto - devi essere in grado di cogliere doni inaspettati.

Sembri sempre essere al lavoro su nuovi progetti, cosa dobbiamo aspettarci nell’immediato?

Ci sono progetti molto interessanti al momento e sto terminando un libro su Robert Binet, un incredibile coreografo canadese, un diario dell’alchimia di cui si necessita per creare un balletto. Allo stesso tempo, lavoro anche a un libro con immagini del dietro le quinte del Royal Ballet, per dare un’idea più profonda del balletto!

È un momento incredibile per la danza di tutti i tipi e forse la mia è solo una reazione naturale, ma è pur vero che, come diceva Martha Graham: “La danza è il linguaggio dell’anima”.