Ho conosciuto Giorgio Costantini grazie al brano di musica pop Perdutamente tratto dall’album Universound: 432 Hz, perché i miei amici Deborah e Omar con questo pezzo si sono innamorati. Poi mi sono interessata al brano che apre l’album, Alba Mundi, un titolo connesso con la creazione e i suoni dell’Universo.

Per questo veneziano autodidatta la musica è sempre stata il mezzo per esplorare il cosmo e il fulcro per elaborare la sua articolata visione del mondo. Sebbene dotato di spiccate attitudini musicali, non ha mai voluto effettuare studi tradizionali, ma ha preferito divertirsi a comporre musica e suonare per le band locali. Ha poi assorbito l’atmosfera romantica e decadente della sua città che ancora oggi impregna profondamente le sue composizioni musicali. Ha completato, infine, la sua formazione attraverso gli studi di elettronica e informatica, senza immaginare che questo avrebbe fatto la sua fortuna in pochi anni, grazie alla diffusione su larga scala dei sintetizzatori e dei computer.

E così dagli Anni Ottanta in poi, grazie a un mix di talento e conoscenze tecniche, è stato chiamato per accompagnare alla tastiera cantanti come Fiorella Mannoia, Renato Zero, Michele Zarrillo, Peppino Di Capri, Stefano Zarfati, Tosca, Giovanni Imparato, etc. È stato poi accompagnatore tastierista in RAI, dal 1995 nella trasmissione Scommettiamo Che, nell’orchestra del Festival di Sanremo e, infine, dal 2003 al 2005 a Domenica In, dove ha affiancato artisti del calibro di Lenny Kravitz, Elvis Costello, Gloria Gaynor e Lionel Ritchie.

Ma la sua vera cifra stilistica, Giorgio la esprime nelle sue composizioni personali, attraverso gli album strumentali per piano PianoPianoForte, del 2009, e Universound: 432 Hz, del 2011, con i quali ha ottenuto un grande successo. È stato, infatti, invitato a esibirsi in concerti dal vivo per pianoforte al National Theatre & Concert Hall di Taipei (Taiwan) e poi al Chih-Deh Theatre di Kaohsiung (Taiwan). Naturalmente Giorgio Costantini è anche molto ricercato per l’arrangiamento di brani di altri artisti.

Come hai fatto da autodidatta a raggiungere le più alte vette musicali?

Negli anni Ottanta, con la diffusione delle tastiere elettroniche veniva richiesta una preparazione nell’ambito della programmazione del suono. Quello era proprio il mio punto di forza: provenivo da studi di elettronica e informatica, e alla passione che mi ha sempre guidato per la musica - già a sette anni sperimentavo i suoni nelle tastiere - si è aggiunta la ricerca sonora. Prima di approdare al Pianoforte puro come negli ultimi progetti, c’è stato tutto un passaggio con i computer e i sintetizzatori. La guida è sempre stata questa mia forte passione. Sebbene non abbia fatto studi tradizionali, quando sentivo dei brani di musica classica analizzavo lo spartito e provavo a eseguirlo, come avrebbe fatto uno studente del Conservatorio, lo facevo da me e semplicemente per il piacere della musica, senza costrizioni. Se fossi entrato in un Conservatorio, di certo mi sarei scontrato con l’autoritarismo di alcuni insegnanti, il mio carattere libero da schemi non mi avrebbe consentito di coltivare la musica come invece ho fatto. Sono stato libero di esplorare, senza l’oppressione di un obbligo che mi avrebbe ingabbiato.

Questo non ti ha impedito, infatti, di suonare con i più grandi cantanti e anche nell’Orchestra di Sanremo. Quali abilità sono richieste per essere ammessi in una Orchestra di tale livello?

Bisogna avere caratteristiche che spaziano dalla capacità di costruire il suono che viene richiesto, alla velocità, operatività, praticità, lettura che, tra l’altro, non è nemmeno il mio punto di forza; però, come si sa, anche nell’ambito della musica classica, chi legge di meno sviluppa maggior memoria, quindi, io magari devo studiare prima i pezzi, ma rispetto ai miei colleghi butto via gli spartiti molto presto [dice sorridendo].

Viene richiesto anche un background. Sanremo, infatti, non è stato il primo dei miei lavori. Ci sono state lunghe collaborazioni; in primo luogo, con tanti artisti, in secondo luogo, il fatto di aver lavorato in altre occasioni con il Maestro che forma l’Orchestra, che già mi conosceva e mi apprezzava. Ma tutto questo non basta, c’è poi un entourage che seleziona, valuta e così ho superato tutte queste prove, e c’è stata la chiamata a Sanremo.

Così prima suonavi tra gli altri musicisti, poi questo non ti bastava più, volevi comporre la tua musica, non essere obbligato a suonare le cose degli altri e come volevano loro…

È una passione che c’è sempre stata fin da quando avevo una decina d’anni, componevo e componevo, quindi insomma, paradossalmente anche nel primo album che è uscito nel 2009, ci sono dei brani composti 25 anni prima.

PianoPianoForte è il tuo primo album, in che cosa consiste questo progetto?

Sono diventato indipendente, mi sono svincolato dalle Case Discografiche. La cosa che mi ha convinto è stata la nascita dei primi social network. Era giunta l’occasione per i musicisti di mettersi in luce attraverso un proprio sito, oppure, mediante i mezzi per ascoltare in Rete la propria Musica. All’inizio c’era Myspace, il primo social network a diffusione globale, uno spazio su Internet dove artisti e gruppi musicali potevano far conoscere la propria musica ancora prima di mettere effettivamente sul mercato i loro dischi. Quando sono apparso su Myspace c’era quella struttura che mi consentiva di muovermi comodamente - provenendo dalla programmazione e dall’informatica - e di proporre la mia musica, che poi alla fine era la musica più pura che avessi mai eseguito, per uno strumento come il Pianoforte, che non ha niente a che vedere con i sintetizzatori, le programmazioni e gli arrangiamenti: un salto verso la purezza del suono.

Dopo il primo album, ti sei messo a suonare con l’Accordatura in 432 Hz. Come è nato l’album Universound?

È nato dalla mia passione per l’Astronomia, dal desiderio di conciliare il suono dei Pianeti con la musica. E proprio il primo brano, Alba Mundi, è stato il punto di partenza per sviluppare tutte le produzioni a 432 Hz. Mi ero ricavato una sequenza di note legate alle frequenze di rotazione dei Pianeti intorno al Sole, Terra compresa. E così ho accordato il mio Pianoforte con la rotazione della Terra, e il “La”, (ossia il suono di riferimento per l’intonazione di base degli strumenti musicali), ha assunto un’altezza corrispondente a 432 Hz, accordata con la vibrazione del famoso Diapason a 432 Hz.

Come hai applicato tutto questo nella creazione della musica del brano Alba Mundi?

Ero riuscito a ricavare le note relative alla rotazione dei Pianeti, ma per lungo tempo non potevo creare nessuna melodia. Il risultato matematico dell’elaborazione di quelle frequenze non mi trasmetteva alcuna emozione. Ci ho riflettuto a lungo finché non mi si è accesa una lampadina e mi sono detto: “E se li utilizzassi come bassi per l’armonia?”. Ho provato a suonare in questo senso e si è scatenato il processo creativo.

Il tuo ultimo album, del 2017, è intitolato Dreamers, chi sono i sognatori, sei tu il primo sognatore?

Spero di sì. Il Sognatore sono io e i sognatori sono anche coloro che ascoltano la musica, perché la musica aiuta a sognare, a viaggiare, a distaccarsi da questa terra, aiuta a migliorare, contribuisce a ricreare lo spirito. I benefici della musica a 432 Hz - ma anche a 440 Hz -, a seconda dei generi musicali, sono tantissimi. Il mio rapporto con il sogno è molto particolare: quando sono andato a vedere Inception, un film del 2010 scritto e diretto da Christopher Nolan, che parlava del sogno dentro il sogno, io avevo già fatto dei sogni a piani comunicanti, addirittura un sogno che durava quindici giorni all’interno del sogno stesso. Quindi, sono un sognatore, il dormiveglia è sempre stato una guida per me, per aiutarmi a intuire le emozioni che da sveglio la mia razionalità in qualche modo offuscava. Solo attraverso il sogno possiamo andare verso un mondo migliore, prima si rappresenta nel sogno, poi si realizza…

Già! Questa copertina è un volo sciamanico, chi l’ha realizzata?

Io insieme alla fotografa Sara Benelli. Era tanto tempo che volevo concepire questo volo, un pianista volante: l’abbiamo realizzata, qui, in questa casa studio che si trasforma a seconda delle situazioni. Io sono stato sospeso in aria su una impalcatura, poi abbiamo fatto traslare i piani d’appoggio del Pianoforte ed ecco che in questo modo abbiamo simulato il volo…

Ma in tutto questo tuo sogno di Pianista, quanto è importante la precisione del gesto?

Molto importante. Non posso dire che sia fondamentale quanto in certi strumenti musicali in cui la costruzione del suono è data da anni e anni di esperienza. Il pianoforte spesso viene consigliato ai bambini anche per la sua semplicità. In un flauto traverso, per esempio, ci vogliono settimane per riuscire a emettere una nota, nel pianoforte basta premere un tasto con un solo gesto. Non è la precisione nel singolo gesto che conta, ma il coordinamento fra tanti gesti, quindi, la precisione intesa come questi piccoli dieci cervelli – che sono le dita – che si organizzano, si strutturano, per creare melodia, armonia, contrappunto, con una possibilità di combinare le note in tantissimi modi.

Il Pianoforte è forse lo strumento che ci connette più di tutti con l’inconscio, con il potere erotico della creazione. La passione di Giorgio per questo strumento mi fa tornare in mente i pensieri di Ada nella scena finale del film Lezioni di Piano: “Di notte penso al mio pianoforte nel profondo dell’oceano e a volte penso anche a me, sospesa sopra di esso. Là sotto è tutto così fermo, silenzioso, che mi concilia il sonno. È una strana ninna nanna. Ma è così. È mia…”. E così Giorgio è come se vivesse con un piede sempre legato al suo strumento nel profondo del suo Sé.