Che straordinario viaggio sentimentale è il nuovo album di Guido Maria Grillo. Senso, registrato in presa diretta, è la prova che i capolavori nascono ancora e sanno coglierci di sorpresa, destabilizzandoci. Ardendo m’innalzo sosteneva d’Annunzio a ragione. Ardere, elevarsi, compiere traiettorie lontane da sé, sono solo alcune delle esperienze che si provano ascoltando la voce unica di Grillo e l’incanto dei suoi testi. Nell’intervista concessaci, ci illustra la genesi di un album senza tempo ma indispensabile al nostro.

Senso esce ad otto anni di distanza dal precedente. In un accorato post spieghi le ragioni per la scelta del titolo e ci parli di un album senza tempo. Sembra quasi tu abbia voluto spogliarti di ogni orpello al cospetto dell’ascoltatore. Come sei giunto a un risultato finale per te soddisfacente, dopo anni di lavoro?

Senso è un album fuori dal tempo nella misura in cui non riflette il costume del suo tempo. Per “costume” intendo un ricco corredo di categorie che riguardano genere, ambiti, pubblico di riferimento, scrittura, composizione, arrangiamenti, narrazione e tanto altro.

Non ha nulla, eccettuato il suo supporto fisico, che è del tutto irrilevante, ormai, a che vedere con il tempo in cui nasce perché questo tempo non è il mio, cioè non mi rappresenta, né per gusto, né per attitudine, né per stile, né per sentimento, men che meno per finalità.

Il titolo stesso, Senso, vuole essere una denuncia del bisogno di fornire di significato l’esistente, ciò che siamo, ciò che produciamo, ciò che scegliamo, ciò a cui miriamo. Questo disco è, senza dubbio, un atto politico, nella misura in cui si configura come impegno. Ecco la parola chiave: impegno. Quella che stiamo vivendo è, tragicamente, secondo me, l’epoca del disimpegno assoluto, cioè dello svuotamento di senso, del superficiale, dell’effimero. E in un tempo sul quale non s'imprime un senso, non si scrive storia, e dove non c’è storia, non rimane memoria e se non c’è memoria, non si costruisce identità. Si galleggia nell'indeterminatezza dell'identità, dunque si è terribilmente plagiabili e dominabili.

È innegabile che questo sia il tempo in cui non esistono le identità ma L’Identità inconsapevole che obbedisce a una ragione superiore: come sempre, mercato, utilità, denaro.

Il primo singolo estratto: Nessuna Cura è caratterizzato dall’ennesimo testo ipnotico della tua carriera. Puoi dirci qualcosa in più sul processo creativo che porta a livelli lirici così alti?

Intanto ti ringrazio, apprezzo molto. Il processo creativo è un percorso affascinante, quanto impervio. Per poter produrre arte, poesia, Bellezza, le strettoie della ragione sono inadeguate. Il filosofo Galimberti dice che i poeti “smarginano”, cioè si spingono oltre i margini della ragione per poter guardare la realtà da una prospettiva differente e, soprattutto, per dare alle cose un senso diverso da quello che abitualmente, cioè nel mondo razionale, hanno.

Un’operazione delicata e pericolosa perché uscire dalla ragione significa entrare nella follia. Per produrre arte, poesia, Bellezza, quindi, bisogna essere anche folli. Da questa follia, che in fondo ci abita, e che quando siamo bambini è ben evidente, si deve poter tornare indietro ma ogni volta si torna differenti rispetto a ciò che si era prima. Quando la Bellezza è potente, ci sconvolge, ci spinge a uscire fuori di noi e diventare altro. Basti pensare alla Sindrome di Stendhal!

Al tempo stesso, però, questa follia richiede disciplina perché un’arte senza disciplina finisce per essere solo spontaneismo. Mentre si scrive una canzone, a un certo punto, bisognerebbe trovarsi a piangere a dirotto, a ridere a crepapelle, a dimenarsi come sciamani o a urlare a squarciagola. Se non accade, non si “smargina”, si sta facendo un bel lavoro ma non un’opera d’arte.

Qualche anno fa, ci hai regalato l’EP Torino Chiama per ‘ingannare l’attesa’. Come ricordi l’esperienza di collaborazione con altri interpreti e cosa pensi abbiano donato ai tuoi brani?

È stata una parentesi interessante, una finestra su una realtà che conoscevo solo marginalmente, quella “scena” torinese che produce, si muove, organizza, collabora, fa rete. L’EP contiene versioni del tutto nuove di canzoni già pubblicate nei miei album precedenti (tranne una, in versione live), ognuna di esse ripensata fianco a fianco con un artista di quella bella e viva scena: Daniele Celona, Bianco, Cecilia, Marco Notari. I brani hanno avuto una seconda vita che rivela gli stili di ognuno dei miei compagni di viaggio. È stato importante, per me, offrire una seconda chance ad alcune delle mie canzoni a cui ero più legato

Come credi si nutrano a vicenda le tue esperienze teatrali e la tua musica? Penso allo spettacolo tra musica e narrazione, ispirato al Vangelo laico de La Buona Novella di De André, ad esempio…

C’è un continuo dialogo tra la musica che produco e quella altrui che scelgo di interpretare. Il dialogo si basa sul fatto che scelgo per affinità, sentimento, coinvolgimento emotivo, mai per calcolo. E ciò a cui tendiamo è molto spesso specchio della sostanza stessa di cui siamo fatti. Mi affascinano la poesia, il lirismo, la drammaticità, la malinconia, i toni cupi, la paura, gli addii, le rivoluzioni. È lì che finisco quasi sempre, forse perché è da lì che provengo. La Buona Novella, che tu citi, è una sintesi plastica e perfetta di tutto ciò e nell’ideare quello spettacolo mi è bastato semplicemente far incontrare la passione per quel disco e il suo studio perché a quell'opera imprescindibile di De André ho dedicato anche la mia tesi di laurea in Filosofia, intitolata *Lotta politica e sentimento religioso ne La buona novella di Fabrizio De Andrè.

Concluderei col chiederti qualche anticipazione sul tour che intendi allestire per Senso. Cosa dobbiamo aspettarci?

Dopo il concerto di presentazione al Teatro al Parco di Parma il 19 aprile, la prima parte del tour, poi, sarà una piccola rivoluzione: il quintetto d’archi, pianoforte e voce suonerà in alcune delle maggiori città italiane, nelle piazze, tra i monumenti, all’interno di un teatro immaginario, il “Teatro di Gesso”, per richiamare la materia di cui sarà costituito. Sarà un incontro con quelle meraviglie artistiche e architettoniche che abbiamo dinanzi agli occhi tutti i giorni e non vediamo più, scenografie inarrivabili. Si torna alla questione della restituzione di “senso”, appunto. Una maschera accoglierà gli astanti creando platea e ordini, noi eseguiremo l’intero disco. Accadrà tutto secondo le dinamiche di un concerto in teatro ma il nostro teatro sarà la città. È un esperimento che ha anche un evidente valore culturale, la restituzione delle piazze e delle strade al loro ruolo di spazi di condivisione, di arricchimento, di arte e confronto e non soltanto contenitori vuoti di effimeri passaggi. Le prime date del 2019 saranno nel mese di maggio, l’1 a Bologna, l’11 a Reggio Emilia, il 12 a Milano e il 18 a Parma.