Chi è appassionato di operetta non può non associare questo genere teatrale alla più antica realtà italiana: la Compagnia Italiana di Operette. Nata nel 1953 si è esibita nei più prestigiosi teatri, anche oltre i confini nazionali, acquistando prestigio e consensi che durano ancora oggi. Se nel corso del tempo ha subìto delle trasformazioni legate al linguaggio che si è fatto più fruibile e ai ruoli più dinamici, oltre che avvalendosi di giovani attori, aspetto prima inusuale, è comunque rimasta fedele alle ambientazioni storiche, alle ricche scenografie e agli sfarzosi costumi di scena.

Dal 2018 la produzione degli spettacoli è affidata a Nania Spettacolo di Maria Teresa Nania che, entrata diversi anni fa nella Compagnia come ballerina, è diventata successivamente anche attrice. Il suo percorso professionale si è poi arricchito di esperienze come coreografa e coordinatrice di gruppi di artisti e di diversi spettacoli collaborando costantemente con la Compagnia fino a prenderne le redini e lavorare con il massimo impegno per mantenerne lo storico splendore e far conoscere in maniera capillare la tradizione dell’operetta italiana anche all’estero.

L’abbiamo incontrata per comprendere sia l’attuale momento che sta vivendo l’operetta in Italia sia per far conoscere con gli occhi di chi la vive ogni giorno una realtà teatrale che emoziona e diverte ma che è frutto di un lavoro impegnativo nel quale oltre a doti e capacità, esperienza e organizzazione, occorrono anima e cuore di chi ama profondamente il teatro.

Da ballerina e attrice a direttrice artistica, titolare e produttrice della Compagnia Italiana di Operette. Come vive il ruolo di imprenditrice?

Il passaggio non è stato affatto semplice. Da un lato la direzione artistica che mi compete è un ruolo di cui amo molto occuparmi perché riguarda il lato artistico dello spettacolo che mi è congeniale, dall’altro quello di imprenditrice e impresario è per me un nuovo mestiere, non è semplice far fronte alle numerose complessità burocratiche legate alla gestione di una ditta e agli aspetti che riguardano la preparazione di uno spettacolo. Mi sono messa in gioco, con il sostegno di Claudio Corucci e Maurizio Bogliolo, e ho affrontato questa sfida con molta caparbietà e grande forza di volontà.

Quando e come si è avvicinata al mondo del teatro?

Mi sono avvicinata al teatro in due fasi differenti: inizialmente come spettatrice appassionata e amante del genere sin da bambina perché il teatro è sempre stato un elemento importante in famiglia, ricordo inoltre che quando c’erano recite scolastiche ero quella che aveva ruoli importanti perché recitare mi appassionava moltissimo. Successivamente, a livello professionale, ho maturato esperienze con la scuola di danza di Città di Castello e con la scuola di ballo di Liliana Cosi a Reggio Emilia, poi con il corpo di ballo dell’Accademia Nazionale di Danza mi sono esibita in teatri importanti come l’Argentina a Roma finché sono approdata nella Compagnia Italiana di Operette per la quale ho lavorato per sette anni e ho avuto la possibilità di esibirmi in spettacoli e ruoli diversi sia come ballerina sia come attrice. Negli anni, grazie alla guida di Armando Carini, che mi ha insegnato il mestiere sul palcoscenico, ho recitato fino a diventare attrice per la Compagnia con ruoli da caratterista. È stato un percorso molto interessante e stimolante.

Da quale aspetto del teatro è più affascinata?

L’aspetto del teatro che più mi affascina è la magia che si crea nel momento in cui si abbassano le luci in sala, si alza il sipario e inizia la musica. In quell’istante, che sia spettatrice o parte attiva in scena, è come trovarsi in una nuova magica dimensione che non ha eguali, è come un passaggio dalla vita normale a qualcosa che imita la realtà e che è nel contempo anche una sorpresa.

Suo padre è scultore e pittore, possiamo dire che Lei è figlia d’arte. Quanto è importante vivere in un ambiente familiare in cui domina l’espressività artistica per sviluppare doti in tal senso?

Sono cresciuta in una famiglia in cui si respirava arte perché mio padre è scultore, pittore e insegnante di storia dell’arte e mia madre è pianista e insegnante di pianoforte, mi racconta che suonava Chopin e Debussy quando ero nella sua pancia e non potevo che crescere con l’amore per la musica classica e per la danza. L’ambiente familiare ha indubbiamente favorito lo sviluppo di quelle che erano le mie doti e passioni. La passione per l’arte credo sia qualcosa con la quale si nasce, ma avere la possibilità di svilupparla e dedicarsi ad essa in modo professionale è sicuramente una chance importante quando hai una famiglia che apprezza e capisce questa passione. Devo dire che i miei genitori in tal senso sono stati severi, trasmettendomi il senso del sacrificio e della disciplina seria e li ringrazio moltissimo per i loro insegnamenti.

Nel Suo percorso professionale ci sono state tappe teatrali più significative di altre?

È stato significativo lavorare nell’opera, che ho sempre amato, e quando ho avuto la possibilità di lavorarci come ballerina mi è piaciuto moltissimo perché ho potuto riunire tutte le mie passioni: musica, danza, canto. È stata un’occasione importante per capire che anche il canto lirico è un’altra delle mie forti passioni. Quando lavori nel mondo della danza sei concentrata esclusivamente a raggiungere il massimo livello in quell’ambito, ma secondo me per un artista è molto importante spaziare per trovare la sua espressività. Tutte le esperienze artistiche che ho fatto mi hanno quindi lasciato qualcosa di importante e ripeterei tutto. Devo dire che è stata molto importante anche la tournée in Colombia come ballerina del repertorio classico durante la quale ho capito che la danza ha un tempo limitato e che bisogna avere il coraggio di accettare il proprio corpo che cambia lasciando spazio alle più giovani. Ma questo l’ho vissuto molto serenamente. Attualmente nella mia compagnia ho un gruppo di sei fantastiche ballerine, belle e brave che apprezzo molto non solo professionalmente ma anche per la loro personalità.

Quale ritiene che sia il passaggio più complesso nella preparazione di uno spettacolo?

Di momenti critici nella costruzione degli spettacoli ce ne sono diversi, per quanto riguarda l’operetta forse il momento più difficile è quando si compone tutto l’insieme dello spettacolo, non più le sezioni separate in cui provano solo cantanti, solo ballerine o solo attori, è il momento della regia in cui tutto deve incastrarsi alla perfezione.

Che momento sta vivendo l’operetta in Italia?

L’operetta è ancora molto amata. Personalmente l’ho scoperta con questa Compagnia anni fa e me ne sono innamorata e ho notato che tutti coloro che si avvicinano ad essa per la prima volta si appassionano moltissimo e coloro che l’apprezzano da tempo continuano a farlo. Quindi il suo ampio pubblico ce l’ha ancora perché è un genere molto amato, tuttavia è un momento critico per il teatro in generale e di conseguenza tutti i generi ne risentono.

Come manager ha la possibilità di scoprire nuovi talenti, quali sono gli aspetti che più la colpiscono?

Ho avuto il piacere e la soddisfazione di scegliere degli artisti che ho inserito nel mio cast che sono davvero bravi e sono stata felice che le mie intuizioni poi abbiano avuto un riscontro concreto. Durante un’audizione si intuisce il talento ma poi questo dev’essere confermato dai risultati durante la tournée e sono fiera di non aver mai sbagliato in questo senso. Porto come esempio Claudio Pinto che ho nominato primo attore comico perché ho sempre intravisto in lui un grande valore, un talento e un’umiltà che lo portano a migliorarsi ogni volta di più, da quando lo conosco ho notato una grande evoluzione e lo stimo molto per questo. Ciò che più mi colpisce di un artista è, oltre all’esecuzione tecnica, quel quid legato anche alla personalità dell’artista stesso che non deve essere un semplice esecutore. Tutti possono recitare bene una battuta, ma a renderla credibile è la sensazione che riesce a trasmettere, come anche nel canto o nel ballo, ci dev’essere qualcosa che cattura lo spettatore e che solo il talento riesce a trasmettere.

Che consigli darebbe a chi desidera intraprendere la Sua stessa strada?

Per chi vuole diventare un artista consiglio di andare all’estero, perché è una strada difficoltosa in Italia dove c’è poca considerazione degli artisti e del loro valore. Per chi vuole invece gestire una compagnia consiglio di prepararsi prima se non si ha la fortuna di avere delle guide al proprio fianco come ho avuto io, occorre prendere consapevolezza di cos’è la gestione di una società o ditta perché si tratta di un progetto imprenditoriale a tutti gli effetti.

Progetti futuri?

Ce ne sono tanti. Sono un vulcano di idee e con tanta voglia di fare. Mi piacerebbe molto allestire operette che sono poco rappresentate perché poco famose, ma bellissime e di autori italiani importanti. Mi piacerebbe inoltre avvicinarmi di più all’opera anche grazie al fatto che mi avvalgo di cantanti di alto livello che possono esibirsi anche in questo genere. Un mio desiderio è anche organizzare una tournée all’estero, progetto che realizzerò presto e al quale mi sto già seriamente impegnando.