Ci siamo salutati nel 2015 con Pianosequenza, dedicato al mondo del cinema: torni qualche anno dopo con questo nuovo lavoro Concerto Ostinato1. La prima cosa che balza all’occhio è che il piano ha una posizione minoritaria ed emergono clavicembalo e chitarra.

È vero, è un album estremamente diverso da Pianosequenza, sotto tanti aspetti. In Pianosequenza ero principalmente performer qui invece ho un altro ruolo, quello di autore di tutta la musica e non sono coinvolto nell’esecuzione. Pianosequenza aveva anche un concetto diverso, musica originale per pianoforte nel cinema, questo invece è una trilogia di concerti per strumenti solisti e orchestra che ho composto tra il 2014 e il 2016.

Il disco contiene tre composizioni che mostrano elementi di novità in continuità con il tuo percorso e la tua scrittura.

Il disco contiene tre miei lavori inediti, di impostazione più “classica” in quanto il concerto solistico è una forma che nasce in epoca settecentesca e che si è naturalmente evoluta mutando forma e linguaggio fermo restando l’impostazione data dallo strumento leader che dialoga con un’orchestra. Probabilmente il fatto di trovarci oggi di fronte a queste composizioni più ampie suggerisce un impulso nuovo che potrebbe aver subito la mia scrittura. Io non so se realmente sia cambiato qualcosa nella mia scrittura, possibilmente sì ma non è sicuramente un obiettivo che volevo raggiungere. Quello che posso affermare con certezza è che tutte le volte che mi accingo a scrivere una nuova composizione ci sono nuovi elementi che possono stimolare diversamente la mia creatività. Per esempio, scrivere per un preciso ensemble di strumenti ti dà l’opportunità di sperimentare degli impasti timbrici inediti, o suggerirti un utilizzo particolare dello strumento per un nuovo impatto ritmico. Anche l’uso di determinati supporti come interfacce e software possono stimolare la scrittura portandomi in una certa direzione che magari non avevo pensato di percorrere. Che ci sia continuità nel mio linguaggio non c’è dubbio ma, per esempio, quando guardo le mie composizioni di vent’anni fa mi impressiono constatando quanto sia cambiato il mio modo di scrivere la musica. È come guardare una mia vecchia foto, sono io ma sembra quasi un’altra persona. Fare autonomamente un’analisi del proprio linguaggio presuppone un’estraniazione nei confronti dalle tue stesse creazioni che a me risulta molto complicata. È un processo che lasciamo fare a chi è in grado, ai critici. A volte non ci piace quello che scrivono e siamo delusi, a volte sì e felici ci rendiamo conto che hanno compreso benissimo. A volte succede che non ci hanno compreso ma ci piace talmente tanto quello che hanno scritto che cambiamo idea anche noi autori.

Concerto Ostinato.

Concerto Ostinato è il titolo di uno dei tre concerti presenti nell’album e che poi dà il nome al disco. È scritto per clavicembalo e orchestra, scelta insolita perché il clavicembalo è uno strumento antico, che si è evoluto nel pianoforte e che adesso è utilizzato quasi esclusivamente per eseguire il repertorio rinascimentale e barocco. Quasi esclusivamente però, ci sono composizioni moderne e contemporanee per clavicembalo che amo molto e che per certi versi mi hanno anche ispirato. Penso a Ligeti, Martinu, Poulenc ma anche a Nyman e Glass. In gioventù sono stato molto preso dalla musica antica, soprattutto da quella rinascimentale e barocca. Era quasi un’ossessione, divoravo centinaia di CD in breve tempo, soprattutto se erano registrazioni con strumenti originali. I miei idoli erano l’ensemble Musica Antiqua Köln, Gustav Leonhardt, Nikolaus Harnoncourt, Christopher Hogwood. Ho pure studiato clavicembalo per un periodo. In generale in tutti i campi ogni tipo di crossover mi ha sempre attirato, Goldrake vs Mazinga, Martin Mystère e Dylan Dog, Magnum P.I. e la Signora in Giallo, sono divertenti. In musica mi appassionavano le versioni di Bach dei concerti di Vivaldi come anche le diverse rivisitazioni di autori contemporanei di opere precedenti. Ma in particolare c’è una composizione di Carl Philip Emanuel Bach la cui scoperta moltissimi anni fa mi ha entusiasmato ed emozionato: il concerto per clavicembalo, fortepiano e orchestra. L’idea di avere due strumenti solisti geneticamente imparentati, intercambiabili, l’uno genitore dell’altro, contemporaneamente protagonisti e con due parti diverse scritte esattamente per i due strumenti mi è sembrata un’idea geniale quanto assurda. Sembra un testamento, il passaggio del testimone. L’idea è anche commovente. Credo che sia l’unico esempio di composizione con una distribuzione strumentale del genere. Rientro subito in carreggiata: Concerto Ostinato è il mio crossover personale: uno strumento antico protagonista di una composizione nuova che si rifà a una forma musicale antica che ha raggiunto il suo apice in epoca barocca, l’ostinato in musica. Questo tra i tre concerti del CD è il più giovane, l’ho scritto per ultimo anche se nella successione è quello che apre l’album. Nell’arco dei suoi cinque movimenti esplora, in modo differente, una forma musicale, “ostinato”, che non è altro che un’antica tecnica basata su elementi ripetitivi come possono essere, ad esempio, un ritmo, un breve inciso, una frase, un intero periodo, un basso. I cinque movimenti hanno per giunta una distribuzione simmetrica: i movimenti dispari sono più brevi mentre quelli pari più ampi e pesanti.

Quattro Canti.

Quattro Canti è un concerto per chitarra e orchestra. Appunto quattro canti diversi, per carattere e ispirazione, intonati dalla chitarra e sostenuti dall’orchestra. Ma non solo, questa non è l’unica chiave di lettura. Chiunque sia stato a Palermo, che è poi la mia città natale, sa che I Quattro Canti sono uno dei monumenti più rappresentativi della città. È una piazza nella quale convergono e si incrociano le due principali reti viarie di Palermo d’epoca barocca. Quindi esiste anche questo approccio diverso, in relazione a quattro immagini di Palermo osservate da un preciso angolo della città.

Tre paesaggi.

Tra le tre composizioni questa è la più anziana in ordine cronologico. È un doppio concerto, nel senso che qui i solisti sono due e non uno come nella stragrande maggioranza dei concerti solistici. Due strumenti difficili da associare per potenza di suono e affinità timbrica. Questa composizione nasce in seguito a una commissione da parte dei solisti che poi l’hanno eseguita anche in fase di registrazione. La distribuzione orchestrale è più essenziale rispetto agli altri due, orchestra d’archi in questo caso mentre negli altri due l’orchestra d’archi è completata dal quintetto di fiati (flauto, oboe, clarinetto, fagotto e corno). Qui il titolo Tre Paesaggi suggerisce inequivocabilmente l’aspirazione naturalistica della composizione, tre sono movimenti con i titoli Alba, Vette e Maestrale.

In particolare, negli ultimi due tornano suggestioni e ispirazioni provenienti da luoghi e ambienti della tua Sicilia.

È vero, i miei luoghi sono sempre presenti nella mia musica, affiorano involontariamente, con prepotenza forse, ed esigono riconoscimento. Il pretesto descrittivo dovrebbe però essere inteso come un piccolo suggerimento, non bisognerebbe ricercare in ogni accento o in ogni inciso una descrizione precisa. La maniera giusta per affrontare l’ascolto è abbandonarsi piuttosto al flusso della musica che in ognuno andrà sicuramente a stimolare sensazioni personali.

Sei un compositore sempre attento ai risvolti multimediali, a partire da Pianosequenza che nacque come video concerto. Questo nuovo album riporta a una sorta di estetica “pura”, svincolata da connessioni con altri media?

In questo caso siamo distanti da quel tipo di esperienza. I miei concerti live sono tutti dei videoconcerti, sia che si tratti del progetto Pianosequenza che dell’altro non legato al cinema, Visual Piano. I miei visuals sono creati da Valeria Di Matteo per i miei live, non sono legati indissolubilmente alla musica, fanno parte di un’esperienza unica che si realizza tutte le volte che con Valeria lavoriamo insieme. Queste composizioni, invece, hanno una genesi differente, sono più indipendenti, anche se sono mie hanno una vita propria, si muovono autonomamente. Potrebbero essere connessi a immagini, non lo escludo, anche indipendentemente dalla mia scrittura.

Prosegue la tua collaborazione con l’olandese Zefir Records: la sede ideale per la tua musica…

La collaborazione con la Zefir è consolidata, sono molto contento del lavoro che ho realizzato con loro e soprattutto c’è una grande sintonia con il CEO Jakko van der Heijden. Sono felice che la mia musica sia così apprezzata a Middelburg, abbiamo una programmazione quinquennale con delle uscite che scandiranno i prossimi anni.

1 Francesco Di Fiore, Concerto Ostinato. Steven Devine: clavicembalo (Colin Booth) Lapo Vannucci: chitarra (Masaki Sakurai) Luca Torrigiani: pianoforte (Steinway D) Robert Gutter: direttore Orchestra Filarmonica di Bacau “Mihail Jora”.