Ci sono interviste che spaziano ben aldilà delle domande di rito. Capita quando l’intervistato è così poliedrico da ritrovarsi a spaziare fra discipline diverse. È il caso di Simone Bresciani, musicista e produttore, da anni attivo sulla scena internazionale. Simone unisce una solida attività live a sessioni in studio, dedicandosi alla composizione ed all’arrangiamento di nuove canzoni per sport e film; spaziando in diversi generi: rock, pop, electronic, world/ethno music, chill out, ambient e dance. L’intervista concessaci, ci ha dato modo di scoprire più dettagli sulla genesi dei suoi brani e sulle direzioni che vorrebbe seguire nell’immediato.

Simone, vuoi dirci qualcosa in più a proposito del tuo approdo al mondo della composizione.

Diciamo che scrivo/compongo da quando ero molto piccolo, il mio primo pezzo l’ho scritto a 7 anni ed era un semplicissimo tango, quelli da musica liscio per intenderci. Durante gli anni di studio del pianoforte mi divertivo a ricreare sulla mia tastiera i brani di musica dei gruppi che amavo. Era una delle prime tastiere che aveva un semplice sequencer integrato e questo mi permetteva di registrare al massimo 4 tracce. Poi nell’adolescenza, insieme ad un mio caro amico di infanzia, scrivevamo semplici canzoni divertenti.

Ma è stato decisamente più avanti che ho iniziato a comporre e produrre con una certa costanza brani lounge e chill out per alcune compilation. Da lì è iniziato un ulteriore studio nella composizione “buttando un occhio” sulle mie passioni passate (rock, pop, ambient) implementando elementi di orchestrazione classica.

I tuoi ultimi due lavori: Across the Universe e Spectrum sembrano dettare nuove prospettive per la tua musica. È una sensazione corretta?

Direi di sì. Negli ultimi anni mi sono avvicinato molto alla produzione di musica per musicoterapia e all’utilizzo di frequenze “terapeutiche”, anche grazie all’attività della mia fidanzata che si occupa di Cromopuntura, una disciplina olistica che si basa sulle frequenze della luce e dei colori.

Across the Universe nasce dall’idea di voler creare dei brani che avessero, come base di partenza, le frequenze dei corpi celesti presenti nel nostro sistema solare. Concettualmente volevo che l’intero disco si sviluppasse come un vero e proprio viaggio nel cosmo, come un astronauta che con la sua navicella spaziale si avvicina ai vari pianeti e li osserva. A livello sonoro invece ho preso spunto dalla colonna sonora di Interstellar del grande Hans Zimmer e ho unito elementi orchestrali e sintetizzatori, ispirato dai grandi compositori di musica ambient come Kitarō, Vangelis e Jean-Michel Jarre.

L’idea dietro a Spectrum, invece, parte delle frequenze emesse dai colori dello spettro, e soprattutto il pensiero di fare qualcosa che in qualche modo potesse essere vicino alla Cromopuntura è stata determinante. La frequenza dei colori, misurata in Ångström, è stata convertita in Hertz (Hz) e questo mi ha dato un punto di partenza, o meglio, una nota dalla quale sviluppare le composizioni. In questo disco viene meno l’idea “cinematografica” e più il lato pop/chill out dei primi anni.

Da anni ti occupi anche di produzione. Hai un approccio diverso, in questo senso, rispetto ai momenti che dedichi alla composizione?

Diciamo che con il passare del tempo tutto si è sempre più “amalgamato” in maniera omogenea nel mio workflow. Man mano che aumentavano le mie esperienze in ogni campo (composizione, produzione, mixaggio) ho cercato sempre di farle convogliare tutte in un unico modo di lavorare. Sono fasi poi che spesso si intersecano. Pur essendo molto pignolo e “precisino” (sono della Vergine) non tendo a dividere il lavoro in fasi distinte. Quando apro una nuova sessione di lavoro sul mio computer, inizio con un’idea di quello che voglio scrivere, magari semplicemente con un piano. Poi da lì inizia la fase di composizione, che però comprende anche fasi di produzione… e magari con lo sviluppo del brano mixo già qualcosa “strada facendo”. Come dicevo è un processo che si espande e si evolve nel tempo, e di sicuro questa è la parte più divertente e creativa di tutto il processo.

Puoi già anticiparci qualcosa rispetto ai tuoi progetti futuri? Pensi di prendere nuove direzioni e spaziare in ambiti diversi?

Al momento sto lavorando molto nell’ambito dell’audio brand e dell’advertising con un’agenzia finlandese, la Audiodraft. Si occupano di studiare un “marchio sonoro” per le aziende che si rivolgono a loro e successivamente contattano i produttori per sviluppare, produrre e realizzare il progetto. Da qualche mese collaboro anche con una casa di produzione inglese, la Evolution Media Music, nella creazione di brani dedicati a tutto ciò che riguarda l’audiovisivo (TV, cinema) e il multimediale in generale (Videogames, presentazioni). Di sicuro mi piacerebbe molto poter affermarmi come compositore di colonne sonore, è una cosa che mi ha sempre affascinato. Per quanto riguarda lavori più “personali” in cantiere al momento non c’è nulla, anche se ho preparato una piccola compilation di brani ambient che ho composto nell’ultimo anno: si intitola In the Land of Fairies ed è disponibile in streaming sul mio Bandcamp insieme ai dischi Across the Universe e Spectrum.

Mi interesserebbe, in questo, sapere se – come musicista – ci sono territori che vorresti esplorare, magari lontani dalla tua comfort zone?

Sono un curioso per natura, quindi sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da fare. Dopo un po’ che sono sempre su uno stesso genere ho necessariamente bisogno di provare qualcos’altro, altrimenti mi annoio, la scrittura e composizione diventa routine e viene meno il divertimento e la gioia di fare questo mestiere. Anche se in passato ho composto brani di stampo World e Ethnic non ti nascondo che vorrei tornare in quell’area, magari unendo elementi dalle varie culture e dalle varie sonorità.