Duplice ricordo per Arturo Benedetti Michelangeli, quest’anno, quando ne ricorre sia il centenario della nascita, sia il venticinquesimo della morte. Forse poco ricordato, Benedetti Michelangeli è stato uno dei più geniali pianisti del suo tempo, dal tocco unico e con un’interpretazione così raffinata da essere ricordata per le sue eccentricità, piuttosto che per i suoi meriti. Tuttavia, il pianista bresciano è stato alla stregua di Rubinstein e di Horowitz.

Figlio di un avvocato a sua volta pianista, e di un’appassionata di pianoforte, Arturo cresceva respirando l’amore per la musica e la sua curiosità, oltre al suo estro, ne perfezionarono le capacità, messe in atto dall’età di tre anni, allievo anche di Paolo Chimeri. Classe 1920, a soli undici anni iniziò a frequentare il Conservatorio di Milano, dove si diplomò in tre anni. Partecipò quindi al Festival Internazionale di Bruxelles, dove ebbe in giuria proprio Rubinstein che ne scrisse come di un allievo insoddisfacente, ma dalla tecnica impeccabile, tuttavia riuscendo a mettersi in luce al pubblico che lo amò subito. Solo l’anno dopo, infatti, al Concorso di Ginevra, venne citato come il nuovo Liszt. Ottenne la cattedra di pianoforte al Liceo Musicale di Bologna nel 1939; successivamente si trasferì al Conservatorio di Venezia nel 1945 e al Monteverdi di Bolzano nel 1950.

Decise di trasferirsi in Svizzera, a Pura, nei pressi di Lugano, dove ora riposa e, malgrado l’intervento di Moro, allora Presidente del Consiglio, e del Presidente della Repubblica Pertini, non tornò più ufficialmente a vivere in Italia. Decise comunque di partecipare ad un concerto per beneficienza a Brescia nel 1980, la sua città natale, dove, nel 1964, aveva fondato il Festival Pianistico Internazionale di Brescia e Bergamo, di cui fu per tre anni direttore artistico. Festival che per un periodo portò il suo nome. Celeberrime furono alcune sue interpretazioni in molte città europee, ma anche in Israele, Giappone, Stati Uniti, accanto all’attività di maestro, con allievi provenienti da tutto il mondo per frequentare i suoi corsi di perfezionamento.

Dedicò, come compositore, armonizzazioni al coro della S.A.T. di Trento, caratterizzate da un’eleganza unica. Altrettanto uniche sono le registrazioni dal vivo di Ravel e di Chopin, tra gli altri, soprattutto Debussy e Rachmaninov, il cui Concerto per pianoforte n. 4 è stato equiparato, suonato da Benedetti Michelangeli, a quello del compositore stesso. La ricerca del suono in Benedetti Michelangeli era portata a livelli estremi, composto ed armonico, non lontano dal suo estro bambino che si materializzava con la grande passione per Topolino della Disney.

Accanto alla passione per le automobili sportive, soprattutto la Ferrari che andava a provare a Maranello, in modo anche spericolato. Quelle che venivano definite stranezze, o originalità, in realtà deponevano per la sua umiltà che addirittura pensava agli applausi come indirizzati ai musicisti compositori delle musiche che suonava, non a lui, “soltanto” esecutore.

Talvolta è più comodo sintetizzare il genio attraverso ciò che lo rende più vicino alle persone comuni, che non comprenderne la grandezza, perché è tanto alta che si pensa irraggiungibile, mentre è ai fruitori che il genio viene donato, diventa appannaggio degli ascoltatori, di tutti coloro che lo ascoltano in ogni modo (per radio, per dischi), così che diventi vita per ciascuno, ricchezza, profondità.

Ultima apparizione pubblica fu ad Amburgo nel 1993. Arturo Benedetti Michelangeli morì il 12 giugno 1995.