Matera non è solo 2019 – Matera ritorna quest’anno grazie al video Matera 2019 Open Future//live visuals, creato durante la serata finale di Matera Capitale della Cultura 2019. Commissionato dalla Fondazione Matera Basilicata 2019, il progetto è stato realizzato da Donato Sansone con le musiche di Max Casacci, la direzione artistica e produzione esecutiva di Giorgio Testi e Martina Zambeletti, ed è una produzione Pulse Films powered by Indiana Production.

Frutto della rielaborazione artistica del materiale d’archivio video della Fondazione Matera Basilicata 2019 realizzato durante la maggior parte delle iniziative di Matera Capitale della Cultura 2019, Open Future non è solo un “riassunto” di quello che fu il successo di Matera 2019, ma un vero e proprio corollario. Le iniziative rappresentate, infatti, sono molteplici: fra queste, solo per citarne alcune, la Cavalleria Rusticana e il suo Prologo nei Sassi, il Purgatorio di Dante, le quattro grandi mostre, i progetti della scena creativa lucana, le mostre del progetto sugli archivi I-Dea, la cerimonia di apertura, i grandi concerti alla Cava del Sole, gli spettacoli di circo contemporaneo, mescolati al suggestivo scenario della città di Matera e della Murgia materana. Si unisce a questo periodo storico difficile l’energia del già fatto, ritornano i colori, le pietre levigate dal vento e i loro umori, l’armonia. “La ciliegina sulla torta” lo definisce Paolo Verri, il Direttore della Fondazione Matera Basilicata 2019. *Open Future *è un’opera a sé stante, autonoma, indipendente – dove creatività e tecnica, immagine e suono, cultura e innovazione si fondono – così come, artisticamente, si abbracciano anche i due protagonisti, entrambi appartenenti, se così si può dire, alla scena torinese “underground”; Donato Sansone (videomaker esperto di animazione, che ha all’attivo collaborazioni con importanti agenzie e musicisti italiani) e Max Casacci (compositore, produttore, autore, sound engineer, sperimentatore, chitarrista, fondatore e autore della maggior parte dei testi dei Subsonica, nonché Direttore artistico per ben dieci anni del Traffic Torino Free Festival) presentano il progetto e rispondono ad alcune curiosità. Che cosa ha rappresentato e rappresenta, per loro, la città di Matera? Che cosa li accomuna artisticamente? Come vivono il periodo attuale?

Donato Sansone

Hai realizzato il progetto video della serata finale di Matera Capitale Europea della Cultura 2019. Cosa, della serata finale, ricordi, vuoi ricordare con più attenzione? C’è qualche aneddoto che ci vuoi raccontare?

Un aneddoto in particolare no, se non forse che ho incontrato dei grandi personaggi della musica e che grazie a questo lavoro ho visto per la prima volta Matera, e la notte ho dormito nei sassi. È stato bellissimo, sembrava un sogno, non pensavo che Matera fosse così bella. Ecco, forse è questa la cosa che ricordo più con affetto di quella notte, di quella serata.

Paolo Verri, il Direttore della Fondazione Matera Basilicata 2019 sostiene che “questo video è un po’ la “ciliegina sulla torta” che rilancia con forza il successo di Matera 2019”. Come?

Non so in che modo il video potrebbero rilanciare Matera 2019 dal punto di vista politico e culturale, ma il semplice fatto che inizi a girare già significa in parte recuperare quella che è stata l’esperienza di quell’anno della cultura di Matera, dal punto di vista della memoria, di quello che è successo, perché nel video vengono richiamati un po’ tutti gli eventi di quel periodo. Potrebbe essere un bel ricordo per quelli che hanno vissuto la città, che hanno vissuto questa esperienza, quell’anno molto fervido di eventi, di mostre… Il video potrebbe essere un ottimo rilancio.

Spiegavi che hai voluto “realizzare un visual con un unico piano sequenza in cui tutti gli elementi video preesistenti si intersecano e si penetrano l'uno dentro l'altro, creando un’esperienza caleidoscopica e visivamente festosa”. Ce lo puoi spiegare?

Tecnicamente, è un video dove non ci sono stacchi, non c’è un montaggio, è tutto un unico piano sequenza dall’inizio alla fine. Ho cercato di non spezzare il racconto, di creare un flusso continuo, una specie di sintesi, usando la tecnica dell’unico piano sequenza nel quale io, praticamente, sono entrato nelle figure, uscito, le ho attraversate. Attraversare le figure era un po’ come attraversare un nuovo mondo, una nuova dimensione. Questo, indirettamente, era un modo per “rivivere” tutte le esperienze che sono successe nel 2019 a Matera.

So che oggi il cortometraggio Bavure è stato candidato tra i 12 finalisti del Premio César 2020. Che cosa ti aspetti da questo Premio?

È stato candidato, sì, ma non è stato selezionato nella cinquina finalista, purtroppo. Mentre tre anni fa Journal animé era stato candidato nella cinquina finalista, questa volta con Bavure non è andata, ma un po’ me lo aspettavo. Era troppo sperimentale, non c’è una narrazione classica della storia…

Come vivi il periodo attuale?

Lo sto vivendo cercando di tenermi impegnato, facendo sia video miei, sia video su commissione. Probabilmente oggi stesso dovrebbe partire un lavoro per Ford. Mi tengo occupato, inoltre, andando avanti con un cortometraggio che avevo iniziato già mesi fa, di animazione classica, e con un video appena uscito online, un video sperimentale di un minuto di nome Concatenation. Ho scaricato dei filmati da YouTube e li ho messi insieme, creando poi una sorta di “avvenimento”, legandoli tra loro. È difficile da spiegare, preferirei farvelo vedere. Comunque direi che mi tengo impegnato lavorando, che è forse il modo migliore.

Max Casacci

La tua musica ha accompagnato il video della serata finale di Matera Capitale Europea della Cultura 2019. Ci puoi spiegare come hai concepito il brano Open Future? Come è avvenuta la scelta dei suoni?

Ho cercato di trovare una soluzione confidando in qualche modo nel fatto che io e Donato istintivamente apparteniamo allo stesso tipo di ambiente culturale. Abitiamo entrambi a Torino, ci conosciamo da tantissimi anni… Anche se prima d’ora non avevamo mai collaborato direttamente. Mi sono lasciato quindi abbastanza andare. Dal punto di vista tecnico, ho cercato di trovare un elemento che si agganciasse con l’irrequietezza di fondo che caratterizza i suoi lavori, anche se questo, tutto sommato, è tra i più colorati, variopinti e solari. L’ho individuato nel movimento del basso, che ha una scansione monocorde, costante e profonda. Su questa architettura di base, ho costruito tutta una serie di varianti. Come raccordo, ho utilizzato degli incastri un po’ matematici, Donato lavora moltissimo con la serialità: ci sono molti loop, molte immagini che si ripetono… Ho utilizzato la Marimba per disegnare una parte un po’ seriale, quindi sempre mantenendo un po’ un “double-face”: da un lato la serialità un po’ meccanica, dall’altra, contemporaneamente, uno strumento acustico. E poi ho cercato di accompagnare i diversi campi di scenario, questa documentazione degli eventi di Matera che è il video realizzato da Donato, utilizzando anche delle percussioni di carattere più etnico. Anche la città stessa di Matera, una città piena di luce, mi riportava a scelte luminose.

“La luminosità dei colori, la solarità della città di Matera, e la vitalità dei soggetti mi hanno suggerito l’innesto con percussioni acustiche, cercando di creare un progressivo “crescendo”, scrivevi. Cosa di Matera ricordi con più gioia?

La prima volta che ho visto Matera non sapevo che cosa fosse, non sospettavo minimamente fosse così bella. Non avevo mai visto nemmeno una foto. Quando è successo, invece, sono rimasto a bocca aperta, un effetto simile a quello che ho provato di fronte a Venezia, solo che di Venezia me lo aspettavo… Anche se poi, per quanto te lo aspetti, Venezia ti schiaccia ogni volta, completamente! Tanto Venezia è una città d’acqua, tanto Matera è una città di pietra. Ci sono poi tornato (a Matera, ndr), e puntualmente, ogni volta, sono rimasto a bocca aperta. Matera è pietra, è luce, ma è anche ombra, ipogeo. C’è una complessità di stimoli incredibile, positiva, energica, solare.

So che hai voluto tradurre in suono il linguaggio di Donato Sansone, artista che segui e apprezzi da molti anni. È la prima volta che lavorate insieme? Cosa vi accomuna?

Avevo sentito parlare di Donato quando lui era ancora studente di una Scuola di animazione, credo. Lui è lucano, era venuto a studiare qui a Torino, e ho subito trovato straordinari i suoi lavori. Avevo visto la sua tesi, il lavoro fatto alla fine del suo corso di studi. All’epoca avevo un’etichetta discografica, ho cominciato a collaborare con lui affidandogli il materiale audiovisivo dell’etichetta. Poi, quando dirigevo il Festival Traffic Torino Free, un festival piuttosto importante torinese, gli ho commissionato alcuni lavori, una sorta di sigla, di trailer del Festival. Di recente, invece, l’ho coinvolto negli ultimi clip dei Subsonica, relativi all’ultimo album. Direttamente però, a quattro mani, non avevamo mai collaborato, pur stimandoci moltissimo a vicenda e abitando nello stesso borgo. È stato lui a proporre l’invito questa volta, a chiedermi se potevo musicare questo lavoro. Se posso aggiungerlo, ci terrei a dire che Donato, in questi anni, è un po’ l’artista visivo che più rappresenta la città, è una figura molto amata, tanto che è stato chiamato a collaborare anche con il Museo del Cinema, e di questo sono molto contento. Se vogliamo, è un po’ in questo momento il ritrattista video immaginifico di un certo stile underground che c’è in circolazione a Torino.

Collaborerete ancora insieme?

Donato collabora sempre con musicisti che stimo e rispetto moltissimo, quindi mi piace anche essere spettatore dei suoi lavori. Quando vorrà chiamarmi, sarò felice, ma sarò altrettanto felice di continuare ad essere stupefatto dalla sua bravura. Comunque sì, è probabile che faremo altre cose insieme. Lui è rimasto molto contento, della mia ammirazione nei suoi confronti non ho mai fatto mistero, gliel’ho sempre dimostrata, quindi è possibile che ci incroceremo ancora.

Come vivi il periodo attuale?

Il periodo attuale l’ho inaugurato proprio con questo lavoro con Donato. Eravamo isolati in stanza, lavoravamo lui a casa sua, io inizialmente in uno studio, poi ho preferito rispettare in modo più stretto le norme e trasferire direttamente il computer a casa. Devo dire che, in fin dei conti, per quelli che hanno un’attività creativa che possono realizzare anche in ambiente domestico, non c’è un grandissimo cambiamento. Ho la fortuna di vivere una casa che mi trovo finalmente anche a godere per la prima volta. Nell’inquietudine generale che è scandita dal passaggio delle ambulanze e nell’assoluta consapevolezza del periodo, sono tra le persone che, tutto sommato, subiscono meno privazioni da questo punto di vista.